Ok, siamo in novembre, quindi tecnicamente è ancora autunno. Ma il sole di questi giorni è bellissimo. La temperatura esterna si aggira tra 0° e 7-8° nelle ore più calde. Approfitto appena posso per mettermi tranquillo faccia al sole a farmi scaldare dai raggi tiepidi e carezzevoli. In pausa pranzo al lavoro mi ritaglio sempre dieci minuti inn un angolo soleggiato prima di reintarre in ufficio. Mi rigenera, mi appaga e mi riconcilia con me stesso. Inutile dire che approfitto anche per fumare un mezzo toscano.
Domenica mi sono svegliato piuttosto presto, come d'abitudine. Il mio orologio biologico non accetta il fatto che nel fine settimana potrebbe rilassarsi e lascisrmi dormire un po' più del solito. E pensare che una volta mi facevo di quelle tirate di sonno da 8-10 ore continue e anche di più. Adesso invece è raro se supero le sei ore. Invecchiare significa anche questo? Non mi piace affatto.
Dicevo di domenica. Do un'occhiata fuori dalla finestra. Un sole splendido. Il termometro segna zero gradi. Faccio le mie cose. Leggo un po', porto giù Jack a fare la sua passeggiatina del mattino. Si fanno le 8.30. Temperatura quasi 2 gradi. Va meglio. Decido al volo, senza pensarci troppo, sennò va a finire cha cambio idea. Mi vesto di tutto punto "da moto": calzamaglia e maglietta della pelle termiche in tessuto tecnico (chissà che vuol dire). Un bel pile, pantaloni da moto con rinforzi e protezioni anticadute; giacca da moto invernale con imbottitura. Casco, guanti, scarponcini alti in caviglia e via. Peccato non avere gli stivali da moto. Ma non riesco a trovare la mia misura. Mai trovato un 48 in tanti anni. Scarpe da basket a caviglia alta a volontà, ma stivale da moto niente da fare. Ma non ci sono motociclisti con il piede misura 48? Sono l'unico?
Non c'è in giro anima viva. Men che meno motociclisti. Ma sono tutti ancora sotto le coperte a dormire o in pasticceria a sbafare cappuccini e brioches? Esco dalla città e prendo la direzione del mare, verso Chioggia. Da lì imbocco la Romea e proseguo in direzione sud verso il Delta del Po. Ci sono stato anche questa estate, ma faceva un caldo torrido. Almeno trenta gradi in più di oggi. Da un estremo all'altro.
La giacca da moto tiene benissimo il freddo e l'aria. Un paio di gradi in moto sono piuttosto pesantucci da sopportare se l'abbigliamento non è adeguato. Per fortuna non è così e il freddo rimane all'esterno. Anche la carenatura della mia Aprilia Caponord fa il suo dovere e mi ripara in modo eccezionale. Unici punti dove patisco il freddo, i piedi e le mani. Ma è solo per i primi 20 minuti, poi in qualche modo il freddo passa (o sono le mani che si adeguano e reagiscono al freddo?) e tutto procede più che bene, pur trattandosi di temperature proibitive.
Arrivo sul Delta. Il panorama si apre a 360°, l'aria e tersa e trasparente. I colori sono sgargianti. Arrivo sulla spiaggia di Boccasette. Il mare è piatto come l'olio. Non un'increspatura, non un'onda. La temperatura è salita. Siamo a 7-8 gradi almeno. Al sole si sta benissimo. Più ci rimango immobile, più lasensazione di tepore cresce. Il termometro della moto segna effettivamente 8 gradi, ma la sensazione è che siano di più. Mi tolgo la giacca imbottita, il pile è più che sufficiente. Mi trovo un punto comodo per sedermi sulla sabbia, tra le capanne vuote e sprangate di un bar ristorante chiuso per la stagione invernale. Silenzio assoluto. Pace e tranquillità che sembrano quasi palpabili, da poter toccare con mano. Non si sente il rumore del mare, non essendoci onde che si frangono sulla spiaggia. Il vento soffia leggero o quasi inesistente. Neanche i gabbiani sembrano osare di rompere il silenzio e la tranquillità del posto. Fantastico.
Una piacevolezza simile l'ho trovata solo in montagna, nel silenzio delle valli e delle vette imbiancate. Ma è molto più consueto che tanto silenzio regni in montagna. Al mare lo sciabordio dell'acqua sulla riva è quasi inevitabile e fa da sottofondo costante e ineliminabile. Non oggi, non qui a Boccasette. Qui oggi c'è solo silenzio e pace assoluta. Fantastico.
Si fa ora di pranzo. Comincio ad avere fame. Prendo la statale Romea a ritroso e arrivo a Chioggia. Conosco un posticino dove fanno certe mozzarelle in carrozza da far resuscitare un morto. Parcheggio la moto in centro. Sono quasi le 14, i ciosoti sono tutti a pranzo. Il bar rosticceria è semideserto. Mi siedo ad un tavolino all'aperto. In pieno sole, si sta benissimo. C'è anche il fungo a gas che dovrebbe servire a scaldare gli avventori che si siedono all'aperto. Ma non ce n'è bisogno. Ordino due mozzarelle in carrozza calde, appena uscite dalla friggitrice e un bicchiere di cabernet. Roba da far resuscitare i morti... ovvero i motociclisti che viaggiano anche col freddo novembrino. Roba da matti, a ben pensarci. Ma si sa che i motociclisti sono un po' matti.
E poi, cosa c'è di più bello del sole d'inverno ...in moto?
Riflessioni personali, fatti e notizie, idee, pensieri, sogni, chiacchiere e opinioni. In un' Italia, purtroppo, sempre più alla deriva.
mercoledì 30 novembre 2011
domenica 20 novembre 2011
Film visti. Stai sereno!
Scialla!
Regia: Francesco Bruni
Con: Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, Filippo Scicchitano, Vinicio Marchioni
[Voto: 3,5 su 5]
Il professor Beltrame (Fabrizio Bentivoglio) è un insegnante in disarmo, fancazzista per scelta e per indole. Alternativo e fuori dagli schemi. Ha lasciato l'insegnamento attivo per dedicarsi alle ripetizioni private più agili da gestire e meno impegnative professionalmete. Arrotionda anche scrivendo "i libri degli altri", ossia biografie su commissione. Veneto (padovano?) trapiantato a Roma da una vita, non ama il calcio, ma gli piace il pallone ovale e tifa per il Cus Padova. E questo già lo rende simpatico... Un certo giorno si fa viva una sua ex, di cui aveva perso il ricordo e le tracce, che gli affida a sorpresa il figlio che lui non sapeva di avere, ma che, guarda il "caso" (?), già conosceva essendo un suo allievo di ripetizioni. Insomma per uno che ha già i suoi problemi esistenziali scoprire all'improvviso l'esistenza di un figlio è un colpo mica da poco...
Questo è il canovaccio su cui si costruisce Scialla! il film di Francesco Bruni premiato all'ultima Mostra del cinema di Venezia con un premio minore. Un premio meritatissimo, perchè il film è piacevolissimo, ben diretto, ottimamente scritto e ben recitato. Un film deve prima di tutto raccontare una storia e se Scialla! riesce bene in questo compito il merito è senz'altro della sceneggiatura che non è costruita astrattamente a tavolino, ma agganciata alla realtà. Il personaggio di Luca, il figlio un po' guascone e svogliato a scuola, ma vivo e intelligente, è "vero" e potrebbe essere il compagno di classe di uno dei nostri figli in età studentesca. Il tipo è comune e lo si trova ovunque: pantaloni portati bassi a fil di natica con mutanda firmata ben in vista. Camminata a gambe larghe, faccia da schiaffi e sguardo sprezzante. Insomma atteggiamenti da bulletti, ma imberbi. Il linguaggio è alquanto criptico, ma sicuramente per limiti del sottoscritto che non ha dimistichezza con il mondo giovanile adolescenziale contemporaneo. Le mie figlie hanno da tempo superato quell'età e certe terminologie mi sono sconosciute. A cominciare dal titolo che in gergo significherebbe "stai sereno". Sarebbe curioso risalire all'etimologia del termine. A me ricorda "Insciallah", espressione araba (Se Dio vuole) e titolo di un famoso best seller di Oriana Fallaci. Ma dubito che c'entri qualcosa. Il film è un lungo florilegio di termini in uso tra i ragazzi, mi sfugge se limitato al dialetto romanesco (Luca è romano e il film è ambientato a Roma) o se si tratti di un linguaggio generazionale che va oltre i confini della capitale.
Ma a parte questi particolari di scrittura, il film fila via piacevole e accattivante, per tutta la sua durata. Bentivoglio è sempre il solito gigione, con la sua parlata simil-veneta che sembra voglia sempre prenderti per i fondelli, il giovane attore che fa Luca è credibilissimo e, anzi, sembra preso direttamente da un liceo romano e teletrasportato sul set cinematografico. Da antologia i dialoghi surreali sulla doppia penetrazione e il pompino stereofonico tra il professor Beltrame/Fabrizio Bentivoglio che si guadagna da vivere scrivendo la biografi dell'ex pornostar Tina/Barbara Bobulova. Nessun eccesso, nessuna volgarità, ma dialoghi intelligenti e frizzanti. In una parola: veri.
Come vero e credibile è tutto il film, cosa rara e decisamente apprezzabile, pur trattandosi di una commedia. E solitamente le commedie per il cinema italiano sono tutt'altro che agganciate alla realtà e credibili.
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Regia: Francesco Bruni
Con: Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, Filippo Scicchitano, Vinicio Marchioni
[Voto: 3,5 su 5]
Il professor Beltrame (Fabrizio Bentivoglio) è un insegnante in disarmo, fancazzista per scelta e per indole. Alternativo e fuori dagli schemi. Ha lasciato l'insegnamento attivo per dedicarsi alle ripetizioni private più agili da gestire e meno impegnative professionalmete. Arrotionda anche scrivendo "i libri degli altri", ossia biografie su commissione. Veneto (padovano?) trapiantato a Roma da una vita, non ama il calcio, ma gli piace il pallone ovale e tifa per il Cus Padova. E questo già lo rende simpatico... Un certo giorno si fa viva una sua ex, di cui aveva perso il ricordo e le tracce, che gli affida a sorpresa il figlio che lui non sapeva di avere, ma che, guarda il "caso" (?), già conosceva essendo un suo allievo di ripetizioni. Insomma per uno che ha già i suoi problemi esistenziali scoprire all'improvviso l'esistenza di un figlio è un colpo mica da poco...
Questo è il canovaccio su cui si costruisce Scialla! il film di Francesco Bruni premiato all'ultima Mostra del cinema di Venezia con un premio minore. Un premio meritatissimo, perchè il film è piacevolissimo, ben diretto, ottimamente scritto e ben recitato. Un film deve prima di tutto raccontare una storia e se Scialla! riesce bene in questo compito il merito è senz'altro della sceneggiatura che non è costruita astrattamente a tavolino, ma agganciata alla realtà. Il personaggio di Luca, il figlio un po' guascone e svogliato a scuola, ma vivo e intelligente, è "vero" e potrebbe essere il compagno di classe di uno dei nostri figli in età studentesca. Il tipo è comune e lo si trova ovunque: pantaloni portati bassi a fil di natica con mutanda firmata ben in vista. Camminata a gambe larghe, faccia da schiaffi e sguardo sprezzante. Insomma atteggiamenti da bulletti, ma imberbi. Il linguaggio è alquanto criptico, ma sicuramente per limiti del sottoscritto che non ha dimistichezza con il mondo giovanile adolescenziale contemporaneo. Le mie figlie hanno da tempo superato quell'età e certe terminologie mi sono sconosciute. A cominciare dal titolo che in gergo significherebbe "stai sereno". Sarebbe curioso risalire all'etimologia del termine. A me ricorda "Insciallah", espressione araba (Se Dio vuole) e titolo di un famoso best seller di Oriana Fallaci. Ma dubito che c'entri qualcosa. Il film è un lungo florilegio di termini in uso tra i ragazzi, mi sfugge se limitato al dialetto romanesco (Luca è romano e il film è ambientato a Roma) o se si tratti di un linguaggio generazionale che va oltre i confini della capitale.
Ma a parte questi particolari di scrittura, il film fila via piacevole e accattivante, per tutta la sua durata. Bentivoglio è sempre il solito gigione, con la sua parlata simil-veneta che sembra voglia sempre prenderti per i fondelli, il giovane attore che fa Luca è credibilissimo e, anzi, sembra preso direttamente da un liceo romano e teletrasportato sul set cinematografico. Da antologia i dialoghi surreali sulla doppia penetrazione e il pompino stereofonico tra il professor Beltrame/Fabrizio Bentivoglio che si guadagna da vivere scrivendo la biografi dell'ex pornostar Tina/Barbara Bobulova. Nessun eccesso, nessuna volgarità, ma dialoghi intelligenti e frizzanti. In una parola: veri.
Come vero e credibile è tutto il film, cosa rara e decisamente apprezzabile, pur trattandosi di una commedia. E solitamente le commedie per il cinema italiano sono tutt'altro che agganciate alla realtà e credibili.
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Libri. Calma apparente a Fjällbacka
LO SCALPELLINO
Fjällbacka, località turistica estiva della Svezia sud occidentale. Affacciata sul mare, in lontananza probabilmente nelle giornate serene e limpide si possono scorgere le coste della vicina Danimarca. Più a nord il confine con la Norvegia. Un posto bellissimo, anche se desolato per 10 mesi l'anno, neanche mille gli abitanti residenziali.
Un piccolo angolo di paradiso in una terra ghiacciata nella brutta stagione dove la scrittrice Camilla Lackberg ambienta i suoi romanzi polizieschi. Lo scalpellino è il terzo libro della serie di grande successo (vedi in questo stesso blog Il predicatore e La principessa di ghiaccio) che ha portato l'autrice a porsi subito dietro Stig Larsson e la sua trilogia Millennium nella graduatoria degli scrittori svedesi più letti nel mondo. Alcuni personaggi fissi (il poliziotto Patrick e sua moglie Erica, ma non solo) e altri invece introdotti appositamente seguendo le esigenze narrative.
Essendo ormai giunti al terzo romanzo si possono individuare dei temi ricorrenti. Due sembrano essere di maggior rilievo: a) le apparenze borghesi e perbeniste dietro la cui facciata si nasconde una realtà spesso spietata e feroce; b) l'esasperazione del credo religioso visto come un'ossessione deviante e pericolosa se portata verso una rigida interpretazione e osservanza. Per il resto Camilla ci presenta un ventaglio di umanità, di abitudini e stili di vita tipicamente nordici che, al di là della trama poliziesca di fondo, costituiscono certamente gli aspetti più interessanti dei suoi romanzi. Sicuramente istruttivi anche se a volte alquanto "raccapriccianti" per noi mediterranei. Mi spiego con un piccolo esempio a proposito dei cibi e dei gusti alimentari. Il protagonista Patrick, poliziotto brillante e intelligente, suole fare colazione o uno spuntino ingurgitando una tazza di cioccolata calda, due o tre fette di pane, burro, formaggio da spalmare e crema di uova di merluzzo (!!!). Pensate che schifezza immangiabile e imbevibile deve essere un cocktail del genere con i sapori di cioccolata, formaggio e pesce mischiati insieme... Bleah, preferisco non pensarci...
Ma veniamo a Lo scalpellino. La narrazione porta avanti storie parallele, alcune in tempo presente, altre in tempo passato con l'uso di flash back che rimandano ad avvenimenti accaduti agli inizi del '900 e che in apparenza sembrano del tutto slegati con i fatti che accadono a Fjällbacka. Lo scalpellino del titolo lo ritroviamo nel filone "storico" che riporta i fatti avvenuti nel primo novecento. Tutto il resto della vicenda è contemporanea. Quindi il primo interesse per il lettore è cercare di intuire quali siano i legami tra le varie storie e i personaggi. Va detto che il titolo risulta abbastanza slegato dalla vicenda, in quanto il vero e proprio scalpellino (lavoratore della pietra nelle cave) finisce con l'avere una parte tutto sommato marginale fino a scomparire dalla storia, mentre assumono importanza e rilevanza superiore altri personaggi. Tutta questa fase che potremmo dire introduttiva e preparatoria occupa la quasi totalità del libro (circa 600 pagine). Ahimè, una parte piuttosto noiosa e sonnolenta in cui, a parte l'antefatto tragico da cui prende il via la vicenda, non succede quasi più nulla. E' il limite maggiore del libro, peraltro già riscontrabile in maniera pressoche identica nel precedente Il Predicatore. Troppi personaggi, troppi intrecci che spesso finioscono con l'ingarbugliare la narrazione invece di arricchirla. Ad un certo punto, quando prende quasi forma la voglia di abbandonare la lettura del libro, la situazione subisce un'improvvisa accelerazione, i colpi di scena si succedono fin troppo e finiscono con l'accavallarsi quasi spasmodicamente. Dalle stalle alle stelle, tutto nelle ultime 100-120 pagine. Succede di tutto, molti nodi vengono al pettine, molti dubbi vengono sciolti e rivelati. Peccato questa discontinuità così accentuata ed eccessiva. Una maggior omogeneità narrativa con una distribuzione più avveduta dei fatti più importanti avrebbe, nel complesso, certamente giovato al libro.
Come detto, il tema principale è la verità nascosta che si cela sotto la corteccia esteriore della rispettabile e perbenista società svedese. Poco o nulla è in realtà ciò che sembra in apparenza. Le indagini di Patrick sembrano essere ad un punto morto, proprio perchè l'apparenza esteriore dei personaggi e delle rispettive famiglie di appartenenza sembrano coriacee e inattaccabili. Un continuo scavare e indagare oltre tali apparenze riescono a portare qualche risultato. Ma non basta. Solo un caso fortuito e un'intuizione improvvisa riusciranno a far sì che Patrick possa trovare il bandolo della matassa per risolvere il caso della bambina annegata in acqua dolce e ritrovata cadavere in mare aperto al largo di Fjällbacka.
Anche in questo libro, come nel precedente Il Predicatore, troviamo personaggi che sguazzano nella loro religiosità apparentemente integerrima e tutta d'un pezzo. La Lackberg pennella questi personaggi come fossero ossessionati dalla religione e dalle regole di vita contenute nella Bibbia. Il che è in aperta controtendenza con l'immagine che abbiamo noi della società svedese, libera e libertina. Evidentemente si tratta di luoghi comuni e stereotipi al pari della pizza e del mandolino italici. Altro mito da sfatare sembrerebbe essere l'impostazione educativa nei confronti dei figli. Nel nostro immaginario di latini mediterranei e mammoni i popoli nordici avrebbero idee e comportamenti opposti ai nostri. Quante volte abbiamo sentito dire che in Scandinavia i bambini sono lasciati per conto loro a gattonare per terra con i loro giochi, quasi che le mamme li abbandonassero con disinvoltura per occuparsi di altro. Che possono strillare quanto vogliono per reclamare attenzioni, ma che i genitori li ignorano perchè acquistino autonomia di comportamento e indipendenza caratteriale. Il modello scandinavo, o nordico in genere, era un punto di riferimento fisso quando più di vent'anni fa vennero al mondo le mie figlie e, come tutti i bravi genitori, anche io e mia moglie ci informammo e documentammo minuziosamente sui criteri educativi e sulle scuole di pensiero pedagogiche che andavano per la maggiore. Salvo poi fare di testa nostra... naturalmente. E per fortuna.
Ebbene la protagonista Erica è l'esatto contrario di quel modello stereotipato di mamma dura e inflessibile che, sorda ai pianti del bambino, segue imperterrita i principi educativi nordici. Balle. Erica ne fa addirittura una malattia depressiva dello star dietro ai pianti della piccola Maya, dei suoi ritmi di veglia e sonno, del ritmo delle pappe. La sua vita e quella coniugale con Patrick sono cadenzati dai ritmi imposti dalla neonata che detta legge a forza di pianti e di strilli. Alla faccia dell'imperturbabile inflessibilità dei genitori nordici...
Vabbè, siamo partiti da una trama poliziesca e siamo finiti a parlare di principi educativi dei figli. Cose che capitano discorrendo di libri.... Per fortuna.
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di Camilla Läckberg
Fjällbacka, località turistica estiva della Svezia sud occidentale. Affacciata sul mare, in lontananza probabilmente nelle giornate serene e limpide si possono scorgere le coste della vicina Danimarca. Più a nord il confine con la Norvegia. Un posto bellissimo, anche se desolato per 10 mesi l'anno, neanche mille gli abitanti residenziali.
Un piccolo angolo di paradiso in una terra ghiacciata nella brutta stagione dove la scrittrice Camilla Lackberg ambienta i suoi romanzi polizieschi. Lo scalpellino è il terzo libro della serie di grande successo (vedi in questo stesso blog Il predicatore e La principessa di ghiaccio) che ha portato l'autrice a porsi subito dietro Stig Larsson e la sua trilogia Millennium nella graduatoria degli scrittori svedesi più letti nel mondo. Alcuni personaggi fissi (il poliziotto Patrick e sua moglie Erica, ma non solo) e altri invece introdotti appositamente seguendo le esigenze narrative.
Essendo ormai giunti al terzo romanzo si possono individuare dei temi ricorrenti. Due sembrano essere di maggior rilievo: a) le apparenze borghesi e perbeniste dietro la cui facciata si nasconde una realtà spesso spietata e feroce; b) l'esasperazione del credo religioso visto come un'ossessione deviante e pericolosa se portata verso una rigida interpretazione e osservanza. Per il resto Camilla ci presenta un ventaglio di umanità, di abitudini e stili di vita tipicamente nordici che, al di là della trama poliziesca di fondo, costituiscono certamente gli aspetti più interessanti dei suoi romanzi. Sicuramente istruttivi anche se a volte alquanto "raccapriccianti" per noi mediterranei. Mi spiego con un piccolo esempio a proposito dei cibi e dei gusti alimentari. Il protagonista Patrick, poliziotto brillante e intelligente, suole fare colazione o uno spuntino ingurgitando una tazza di cioccolata calda, due o tre fette di pane, burro, formaggio da spalmare e crema di uova di merluzzo (!!!). Pensate che schifezza immangiabile e imbevibile deve essere un cocktail del genere con i sapori di cioccolata, formaggio e pesce mischiati insieme... Bleah, preferisco non pensarci...
Fjällbacka |
Come detto, il tema principale è la verità nascosta che si cela sotto la corteccia esteriore della rispettabile e perbenista società svedese. Poco o nulla è in realtà ciò che sembra in apparenza. Le indagini di Patrick sembrano essere ad un punto morto, proprio perchè l'apparenza esteriore dei personaggi e delle rispettive famiglie di appartenenza sembrano coriacee e inattaccabili. Un continuo scavare e indagare oltre tali apparenze riescono a portare qualche risultato. Ma non basta. Solo un caso fortuito e un'intuizione improvvisa riusciranno a far sì che Patrick possa trovare il bandolo della matassa per risolvere il caso della bambina annegata in acqua dolce e ritrovata cadavere in mare aperto al largo di Fjällbacka.
Camilla Läckberg |
Ebbene la protagonista Erica è l'esatto contrario di quel modello stereotipato di mamma dura e inflessibile che, sorda ai pianti del bambino, segue imperterrita i principi educativi nordici. Balle. Erica ne fa addirittura una malattia depressiva dello star dietro ai pianti della piccola Maya, dei suoi ritmi di veglia e sonno, del ritmo delle pappe. La sua vita e quella coniugale con Patrick sono cadenzati dai ritmi imposti dalla neonata che detta legge a forza di pianti e di strilli. Alla faccia dell'imperturbabile inflessibilità dei genitori nordici...
Vabbè, siamo partiti da una trama poliziesca e siamo finiti a parlare di principi educativi dei figli. Cose che capitano discorrendo di libri.... Per fortuna.
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mercoledì 16 novembre 2011
"El gateo dea Morena, poareto!"
Ieri pomeriggio, verso l'imbrunire. All'orizzonte sul profilo frastagliato dei Colli Euganei splendevano i riflessi rossastri del sole al tramonto. Un'atmosfera magica. Colori accesissimi e intensi da rimpiangere di non avere con sè la macchina fotografica. Come se non bastasse, a rendere la prospettiva ancora più accattivante, una leggera bruma che sfumava i contorni dando al tutto un effetto flou naturale. Impalpabile, morbido e soffice. Uno di quegli spettacoli della natura che ti mettono in pace col mondo.
Procedo su una provinciale di campagna poco trafficata quando in mezzo alla strada scorgo una macchia scura. Quasi uno straccio buttato là. Magari, chissà, una sciarpa o dei guanti sfuggiti a qualcuno di passaggio. Mi avvicino sempre di più e mi accorgo che non si tratta di una vecchia sciarpa, ma di un gatto. Lo evito e mi fermo a lato. Mi avvicino, è un piccolo gattino a prima vista di pochi mesi. E' riverso sull'asfalto, appoggiato su un fianco. Le zampe di dietro immobili e inerti, mentre con quelle anteriori cerca di spostarsi da lì portandosi dietro un fardello che immagino dolorosissimo. Evidentemente deve essere stato travolto da una macchina o da un altro mezzo. Che non lo ha schiacciato e ucciso sul colpo, ma lo ha preso di striscio, magari cercando di evitarlo, probabilmente fratturandogli il bacino.
Deve essere successo da pochissimo. Nell'arco di questi pochi minuti il micino ha raggiunto il ciglio della strada, sull'erba verso il fosso. Proprio lì accanto c'è una casa di contadini, con il cortile, gli attrezzi agricoli, il trattore. Entro per vedere se c'è qualcuno. Magari il micino è loro, magari gli possono dare aiuto. Magari nelle vicinanze c'è un veterinario. In campagna è facile che i contadini abbiano frequenti rapporti con un veterinario. Vuoi che non ce ne sia uno nei paraggi?
Vado dentro, suono al campanello, aspetto che esca qualcuno. Dopo qualche istante si affaccia sull'uscio una signora piuttosto anziana, capelli bianchi. Faccia rubizza e incartapecorita di chi ha passato una vita al sole e all'aria aperta tutto il giorno. Spiego perchè sono lì, dico che c'è un gattino sulla strada che ha bisogno di cure. "Ah madona, el gateo de a me nevoda!" dice la vecchietta. Il gattino di mia nipote... Si fa indicare dov'è il micino, anche se il miagolio si sente da lontano nella semioscurità indicando la direzione da prendere. Nel frattempo sta calando una nebbia pesante e fredda. Densa e scura, da tagliare con il coltello. E' la prima nebbia della stagione e contrasta in maniera assurda con lo splendore del tramonto di pochi minuti prima. Lo stesso contrasto stridente del miagolio disperato del micino col silenzio assoluto e quasi pauroso della campagna. "El gateo dea Morena, poareto!", dice subito la nonna (il gattino di Morena, poverino). Morena dev'essere la nipotina.
Rientriamo in casa per prendere qualcosa per trasportare il gattino senza fargli troppo male tenendolo il più immobile possibile. Cerca e ricerca, la nonnina tira fuori un vassoio da caffè. Quelli belli di peltro che si usano per servire le tazzine di caffè o di the agli ospiti di riguardo. Lo useremo come una barella. Nel frattempo telefona a qualcuno e capisco che si tratta di un veterinario. Sarà quello che fa nascere i vitelli in stalla, andrà bene anche per un gattino. Torniamo fuori. Il silenzio è totale. Non si sente più il micino miagolare. Un silenzio che sa di morte. Ci avviciniamo al ciglio della strada. Lui è ancora lì, sull'erba, immerso nella nebbia. Ma non si muove più. Non si lamenta più. E' immobile del tutto adagiato su un fianco, ha finito di soffrire. Povero micino. Pochi mesi, neanche ha fatto in tempo a vedere cosa ci fosse oltre il fosso al di là della strada, che odori strani, che mondo misterioso..., che la sua vita era già finita. La vecchietta piange, non so se per il gattino oper come ci resterà male la sua nipotina Morena. Io saluto e me ne vado, non voglio mettermi a tirar su col naso anch'io....
Addio, piccolo gateo dea Morena, poareto.
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Procedo su una provinciale di campagna poco trafficata quando in mezzo alla strada scorgo una macchia scura. Quasi uno straccio buttato là. Magari, chissà, una sciarpa o dei guanti sfuggiti a qualcuno di passaggio. Mi avvicino sempre di più e mi accorgo che non si tratta di una vecchia sciarpa, ma di un gatto. Lo evito e mi fermo a lato. Mi avvicino, è un piccolo gattino a prima vista di pochi mesi. E' riverso sull'asfalto, appoggiato su un fianco. Le zampe di dietro immobili e inerti, mentre con quelle anteriori cerca di spostarsi da lì portandosi dietro un fardello che immagino dolorosissimo. Evidentemente deve essere stato travolto da una macchina o da un altro mezzo. Che non lo ha schiacciato e ucciso sul colpo, ma lo ha preso di striscio, magari cercando di evitarlo, probabilmente fratturandogli il bacino.
Deve essere successo da pochissimo. Nell'arco di questi pochi minuti il micino ha raggiunto il ciglio della strada, sull'erba verso il fosso. Proprio lì accanto c'è una casa di contadini, con il cortile, gli attrezzi agricoli, il trattore. Entro per vedere se c'è qualcuno. Magari il micino è loro, magari gli possono dare aiuto. Magari nelle vicinanze c'è un veterinario. In campagna è facile che i contadini abbiano frequenti rapporti con un veterinario. Vuoi che non ce ne sia uno nei paraggi?
Vado dentro, suono al campanello, aspetto che esca qualcuno. Dopo qualche istante si affaccia sull'uscio una signora piuttosto anziana, capelli bianchi. Faccia rubizza e incartapecorita di chi ha passato una vita al sole e all'aria aperta tutto il giorno. Spiego perchè sono lì, dico che c'è un gattino sulla strada che ha bisogno di cure. "Ah madona, el gateo de a me nevoda!" dice la vecchietta. Il gattino di mia nipote... Si fa indicare dov'è il micino, anche se il miagolio si sente da lontano nella semioscurità indicando la direzione da prendere. Nel frattempo sta calando una nebbia pesante e fredda. Densa e scura, da tagliare con il coltello. E' la prima nebbia della stagione e contrasta in maniera assurda con lo splendore del tramonto di pochi minuti prima. Lo stesso contrasto stridente del miagolio disperato del micino col silenzio assoluto e quasi pauroso della campagna. "El gateo dea Morena, poareto!", dice subito la nonna (il gattino di Morena, poverino). Morena dev'essere la nipotina.
Rientriamo in casa per prendere qualcosa per trasportare il gattino senza fargli troppo male tenendolo il più immobile possibile. Cerca e ricerca, la nonnina tira fuori un vassoio da caffè. Quelli belli di peltro che si usano per servire le tazzine di caffè o di the agli ospiti di riguardo. Lo useremo come una barella. Nel frattempo telefona a qualcuno e capisco che si tratta di un veterinario. Sarà quello che fa nascere i vitelli in stalla, andrà bene anche per un gattino. Torniamo fuori. Il silenzio è totale. Non si sente più il micino miagolare. Un silenzio che sa di morte. Ci avviciniamo al ciglio della strada. Lui è ancora lì, sull'erba, immerso nella nebbia. Ma non si muove più. Non si lamenta più. E' immobile del tutto adagiato su un fianco, ha finito di soffrire. Povero micino. Pochi mesi, neanche ha fatto in tempo a vedere cosa ci fosse oltre il fosso al di là della strada, che odori strani, che mondo misterioso..., che la sua vita era già finita. La vecchietta piange, non so se per il gattino oper come ci resterà male la sua nipotina Morena. Io saluto e me ne vado, non voglio mettermi a tirar su col naso anch'io....
Addio, piccolo gateo dea Morena, poareto.
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giovedì 10 novembre 2011
11/11/11
Scaramantici, superstiziosi, cabalistici, appassionati di numerologia o semplici curiosi, tutti coloro che vedono significati reconditi o simboli misteriosi da decifrare nei numeri, domani dovranno stare sul chi va là. La data di domani sarà di quelle incredibilmente particolari per le quali si potrà dire "io c'ero", per il semplice fatto che si tratta di una concatenazione di numeri tutti uguali: 11/11/11- E non basta. Per i più attenti e sofisticati osservatori assumerà un significato altrettanto particolare il momento della giornata coincidente con le ore 11, 11 minuti e 11 secondi dell'11/11/11. Una vera e propria orgia di numeri "1" e di "11".
E allora come la mettiamo? C'è o no un significato recondito dietro questa incredibile sfilza di "uni"?
Per inciso, è in uscita anche un film. Genere horror, naturalmente. E la data della prima ovviamente è 11/11/11.....!!!
E allora come la mettiamo? C'è o no un significato recondito dietro questa incredibile sfilza di "uni"?
Intanto diciamo che l'"uno" è un numero primo, anzi il primo dei numeri primi, ovvero divisibile solo per 1 (e dai...) e per se stesso. Il che in matematica è un dato tutt'altro che banale e oggettivamente rilevante. In simbologia e numerologia il tris di 11 viene abbinato al diavolo, chissà perchè. Ma secondo altre teorie l'11, venendo subito dopo il dieci, cifra tonda e positiva per eccellenza, indica anche rinascita. Come dire che dopo il 10, considerato una specie di punto di arrivo, il massimo dei voti, l'eccellenza per antonomasia, con l'11 si fa punto a capo e si ricomincia a salire, a contare, ad andare a avanti.
Mi ricordo quando andavo a scuola in prima elementare, la mia maestra, ma prima ancora mia mamma, con lo stesso metodo intuitivo, mi insegnavano a contare da 1 a 10. Dopodichè si passava all'11 anche con un tono di voce e una mimica diversi, segno proprio che questo benedetto 11 ha proprio qualcosa di particolare. Se sia anche misterioso o ancestrale o addirittura diabolico non saprei proprio, anzi... Ma, come diceva Benedetto Croce, "vale sempre la pena ricordare che tali congetture non esistono, ma è bene tenerne conto". Chiaro, no?
lunedì 7 novembre 2011
Follie da collezionisti dementi
Venduto all'asta un molare cariato di John Lennon. Cifra sborsata dal collezionista per l'aggiudicazione: 23.000 euro.
Il molare di John Lennon venduto per 23.000 € |
Eh sì, l'augusto molare di John Lennon, per giunta cariato, è stato battuto all'asta in Inghilterra per 20.000 sterline (23.000 euro circa): l'acquirente è curiosamente un seguace canadese, tale Michael Zuk che di mestiere fa proprio il dentista. L'autenticità non è stata comprovata dal test del Dna, il molare era fin troppo fragile e si sarebbe rotto, ma ci si deve fidare di Dorothy Jarrett, arzilla novantenne che faceva la cameriera a casa Lennon negli anni'60. (Corriere della Sera, 7/11/2011)
Ehm..., io avrei dei calzetti con un buco proprio in corrispondenza di entrambi gli alluci. Sarei disponibile a venderli con dichiarazione firmata che comprova la mia proprietà. Posso prima lavarli, naturalmente. Se poi invece il collezionista li volesse in versione originale profumata (parfum de pieds) posso anche accontentarlo. N.B.: misura 48.
Ci mettiamo d'accordo sul prezzo naturalmente... Con piacere reciproco, mi auguro.
giovedì 3 novembre 2011
Film visti. La Luisona non perdona (ma non fa ridere)
Bar Sport
Regia: Massimo Martelli
Con: Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro, Antonio Catania, Antonio Cornacchione, Lunetta Savino, Teo Teocoli
Voto: 1 su 5
Vita da bar negli anni '70. Un'altra epoca, un'altra storia. Un'altra Italia, tremendamente diversa da quella di oggi. Quasi naif da far tenerezza. Slot machines? No, scopa e tressette e per i più tecnologici il flipper. Spritz e long drink? No, Crodino e lambrusco. Sky tv e pay per view? No, Rai in bianco e nero. E sullo sfondo il ciclismo epico e cavalleresco o le trasferte per vedere la propria squadra del cuore dal sapore di pane e frittata. Roba d'altri tempi, quando ancora al bar c'erano i vecchi tuttologi che raccontavano e pontificavano intorno al tavolino della briscola.
E' la fauna da bar indimenticabile di quando eravamo ragazzi... Per quelli della mia età, naturalmente.
Insomma in questo quasi romantico quadretto storico-sociale da leccarsi i baffi aggiungiamo un libro di successo, che è un cult consacrato (di Stefano Benni), come fonte letteraria di ispirazione e un cast con attori di prim'ordine. Il successo è assicurato?!? O no?
E invece no, sia pure con queste promesse appetitose, il film è una ciofeca incredibile. Una commedia brillante in cui non si ride neanche un po'. Come definirla? Deprimente? Patetica? Prevedibile? Scontata? Tutto questo e anche di più.
E quello che doveva essere il tormentone di tutto il film, il pezzo forte da far scompisciare dalle risate le folle di spettatori...? E' la Luisona, un incrocio tra un mega bignè e un monumento al diabete prossimo venturo. Un simulacro portafortuna dell'intero Bar Sport, con farcitura alla crema, ma vecchio di anni. Un cimelio del giorno dell'inaugurazione del bar ormai rancido, ma che fa ancora bella mostra di sè nella vetrinetta del bancone, accanto ai cannoli e alle brioches fresche di giornata. Nessuno oserebbe mai sognarsi di addentarla, la Luisona, ben sapendo a cosa andrebbe incontro. Ma per qualche motivo un cliente di passaggio la sceglie e se la mangia con gusto. Una bocca foderata d'amianto di sicuro. Dovrebbe essere la scena clou dell'intero film, l'apoteosi finale. Come la classica scena della signora cicciona e antipatica che scivola sulla buccia di banana nelle comiche dell'epopea del cinema muto. Invece allo spettatore quello sfigato del cliente fa solo pena e non suscita alcuna risata. Anzi, se potesse, vorrebbe addirittura avvisarlo per risparmiargli il castigo divino che lo attende entro qualche minuto. Cosa che puntualmente avviene in un bagno pubblico di un autogrill in autostrada. Ma il poveraccio non fa ridere, al massimo ispira compassione.
Ecco, il film è tutto così. Personaggi, situazioni, racconti che letti sulle pagine del libro di Benni fanno ridere e divertono perchè interpretabili dalla fantasia del lettore, ma che trasferiti sullo schermo sono ingabbiate in clichè polverosi, visti e rivisti, patetici e tristi, nonostante i buoni attori chiamati ad intepretare la fauna del Bar Sport. Come dire che nonostante gli ingredienti di prima qualità, non sempre la torta Luisona riesce buona e appetitosa da leccarsi i baffi... Che sia colpa del pasticcere?
Un film da dimenticare. Al più presto.
Regia: Massimo Martelli
Con: Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro, Antonio Catania, Antonio Cornacchione, Lunetta Savino, Teo Teocoli
Voto: 1 su 5
Vita da bar negli anni '70. Un'altra epoca, un'altra storia. Un'altra Italia, tremendamente diversa da quella di oggi. Quasi naif da far tenerezza. Slot machines? No, scopa e tressette e per i più tecnologici il flipper. Spritz e long drink? No, Crodino e lambrusco. Sky tv e pay per view? No, Rai in bianco e nero. E sullo sfondo il ciclismo epico e cavalleresco o le trasferte per vedere la propria squadra del cuore dal sapore di pane e frittata. Roba d'altri tempi, quando ancora al bar c'erano i vecchi tuttologi che raccontavano e pontificavano intorno al tavolino della briscola.
E' la fauna da bar indimenticabile di quando eravamo ragazzi... Per quelli della mia età, naturalmente.
Insomma in questo quasi romantico quadretto storico-sociale da leccarsi i baffi aggiungiamo un libro di successo, che è un cult consacrato (di Stefano Benni), come fonte letteraria di ispirazione e un cast con attori di prim'ordine. Il successo è assicurato?!? O no?
E invece no, sia pure con queste promesse appetitose, il film è una ciofeca incredibile. Una commedia brillante in cui non si ride neanche un po'. Come definirla? Deprimente? Patetica? Prevedibile? Scontata? Tutto questo e anche di più.
E quello che doveva essere il tormentone di tutto il film, il pezzo forte da far scompisciare dalle risate le folle di spettatori...? E' la Luisona, un incrocio tra un mega bignè e un monumento al diabete prossimo venturo. Un simulacro portafortuna dell'intero Bar Sport, con farcitura alla crema, ma vecchio di anni. Un cimelio del giorno dell'inaugurazione del bar ormai rancido, ma che fa ancora bella mostra di sè nella vetrinetta del bancone, accanto ai cannoli e alle brioches fresche di giornata. Nessuno oserebbe mai sognarsi di addentarla, la Luisona, ben sapendo a cosa andrebbe incontro. Ma per qualche motivo un cliente di passaggio la sceglie e se la mangia con gusto. Una bocca foderata d'amianto di sicuro. Dovrebbe essere la scena clou dell'intero film, l'apoteosi finale. Come la classica scena della signora cicciona e antipatica che scivola sulla buccia di banana nelle comiche dell'epopea del cinema muto. Invece allo spettatore quello sfigato del cliente fa solo pena e non suscita alcuna risata. Anzi, se potesse, vorrebbe addirittura avvisarlo per risparmiargli il castigo divino che lo attende entro qualche minuto. Cosa che puntualmente avviene in un bagno pubblico di un autogrill in autostrada. Ma il poveraccio non fa ridere, al massimo ispira compassione.
Ecco, il film è tutto così. Personaggi, situazioni, racconti che letti sulle pagine del libro di Benni fanno ridere e divertono perchè interpretabili dalla fantasia del lettore, ma che trasferiti sullo schermo sono ingabbiate in clichè polverosi, visti e rivisti, patetici e tristi, nonostante i buoni attori chiamati ad intepretare la fauna del Bar Sport. Come dire che nonostante gli ingredienti di prima qualità, non sempre la torta Luisona riesce buona e appetitosa da leccarsi i baffi... Che sia colpa del pasticcere?
Un film da dimenticare. Al più presto.
lunedì 31 ottobre 2011
Film visti. Cow boys, indiani e alieni, gran fritto misto à la carte
Cowboys & Aliens
Se volete provare a indovinare fatelo pure, ma non sforzate troppo il cervello. Il finale è un capolavoro di prevedibilità...
Un film di Jon Favreau. Con Olivia Wilde, Harrison Ford, Daniel Craig.
Voto: 1 su 5
Un filmetto e niente più. Un western con l'innesto di una vena di fantascienza. Un guazzabuglio indecente spiattellato al cinema con dovizia di nomi importanti senza vergogna alcuna.
Nel tipico villaggio del Far West i personaggi ci sono tutti: lo sceriffo, il saloon con pianista, il figlio di papà piantagrane e viziato, il boss del paese che spadroneggia indisturbato e la ciurma di poco di buono che lo spalleggiano... Finchè non arriva uno straniero, naturalmente misterioso e silenzioso. Una specie di faccia-di-pietra brutta copia di Clint Eastwood di leoniana memoria, interpretato da Daniel Craig, attuale titolare fisso del ruolo di 007/James Bond. Succede che il cow boy misterioso sia stato colpito da amnesia e non ricordi nulla. Ma questo non gli impedisce di cacciarsi nei guai appena arrivato in paese andando a pestare i piedi al figlio di papà. Il paparino (un patetico Harrison Ford) arriva a spron battuto per mettere al sicuro il pargolo, quando all'improvviso dal cielo arrivano delle macchine volanti paurose e seminatrici di morte. Noi smaliziati spettatori avvezzi a qualunque cosa ci passi uno schermo cinematografico ci mettiamo due secondi per inquadrare la situazione, ma per quei rustici cow boy di metà '800 la cosa non è affatto facile, nè intuitiva. In aggiunta, chi guida quelle macchine volanti ha anche il brutto vizio di rapire gli umani prendendoli al lazo proprio come dei cow boy. Cosa manca al menu? Ma la bellona del villaggio e gli indiani pellirosse, naturalmente. Tutti insieme, in stile armata brancaleone versione far west, si lanciano in una lotta senza quartiere con gli alieni malvagi e razziatori. Pistole, archi e frecce contro raggi della morte e astronavi... Come andrà a finire?
Olivia Wilde |
Il film meriterebbe più o meno uno zero, ma con molta generosità elargisco un "1" in virtù della fulgida bellezza di Olivia Wilde, assurdamente fuori ruolo nei panni della aliena "buona". Con uno sguardo torbido e ambiguo come il suo, il ruolo perfetto per lei è quello di sensualissima dark lady a vita. Una delle più belle attrici in circolazione. Quanto a bravura, mi riserverei il diritto di non rispondere per valutarla in film e ruoli più credibili.
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domenica 30 ottobre 2011
Film visti. Cheyenne, il bambino che c'è in noi
This must be the place
Regia di Paolo Sorrentino, con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton
[Voto: 4 su 5]
Regia di Paolo Sorrentino, con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton
[Voto: 4 su 5]
Cheyenne (uno splendido Sean Penn), di famiglia ebrea, è una ex rockstar ormai in disarmo da oltre trent'anni. Una vita agiata regalatagli dai successi ottenuti sul palco in compagnia di mostri sacri come Mick Jagger (era lui che voleva cantare con me...); una personalità indecifrabile a metà tra la noia e la depressione. Un uomo-bambino con una maschera che lo mette al sicuro dal confronto con la realtà adulta fatta di ombretto, rossetto e unghie laccate. Un freakkettone, si sarebbe detto un tempo. Quel tempo erano gli anni '80, quelli di David Byrne e dei grandi Talking Heads che fanno da colonna sonora portante a tutto il film, ma ai quali Cheyenne sembra essere saldamente aggrappato. Un bozzolo al cui interno il protagonista passa, proprio come un bambino, dalla ingenuità disarmante e infantile alla voglia inesauribile di conoscere, di capire. In una parola: curiosità. Come se ad un certo punto mettendo il naso fuori dal suo bozzolo protettivo si fosse reso conto di essersi perso qualcosa per strada. Ma quel qualcosa è la sua vita, la vita degli altri, di suo padre, del mondo. Cito a memoria: "C'è un momento nella vita in cui si giunge all'età in cui non si pensa più a quello che si farà, ma si fanno i conti con quello che si è fatto". Forse il personaggio Cheyenne si potrebbe riassumere in queste poche battute: semplicemente fulminante.
L'elemento scatenante che da la svolta a tutta la vicenda è la morte di suo padre, dopo una vita trascorsa nell'indifferenza reciproca. Salvo poi convincersi che un padre non può non amare suo figlio e rimpiangere lui stesso di non avere avuto figli da poter amare. Ed è il bisogno di recuperare quel rapporto mai avuto e il suo ricordo che lo spingono a tornare in America per completare l'opera di suo padre alla ricerca di un ex gerarca nazista.
L'elemento scatenante che da la svolta a tutta la vicenda è la morte di suo padre, dopo una vita trascorsa nell'indifferenza reciproca. Salvo poi convincersi che un padre non può non amare suo figlio e rimpiangere lui stesso di non avere avuto figli da poter amare. Ed è il bisogno di recuperare quel rapporto mai avuto e il suo ricordo che lo spingono a tornare in America per completare l'opera di suo padre alla ricerca di un ex gerarca nazista.
Sentendo in giro i giudizi di chi lo aveva visto, mi ero fatto l'idea del solito film lento e inconcludente. La solita pizza intellettualoide. Tutt'altro. Le due ore passano in un lampo e sono assolutamente coinvolgenti. Cheyenne riesce a calamitare l'attenzione di tutti coloro che gli vengono a tiro. Il suo modo di fare è sincero e fa breccia con tutti. Perchè nessuno dopo la prima dubbiosa occhiata riesce a diffidare di lui nonostante il suo aspetto esteriore fuori dall'ordinario. La narrazione è assolutamente coinvolgente, i personaggi sono deliziosi e tratteggiati con mano felicissima. Sorrentino mi ha letteralmemnte ammaliato, stupito e affascinato. Eppure il suo Divo (film biografico del 2008 su Giulio Andreotti) non mi aveva per niente convinto nonostante le lodi sperticate ricevute. Qui rivela invece un tratto registico geniale e coraggioso nel raccontare una storia non facile che si dipana tra Europa (Dublino) e America (quella rurale, delle pianure sterminate). Decisamente luoghi molto distanti e diversissimi tra loro, ma distanti anche dal napoletano purosangue Sorrentino. Invece il film è un gran film. Che merita di essere visto, magari avendo l'accortezza di portarsi un blocchetto notes per prendere appunti. Non sono impazzito. La sceneggiatura è ricca di battute e dialoghi/riflessioni che vale la pena annotarsi e ricordare. Sarebbe un peccato dimenticarle dopo averle gustate e apprezzate durante il film.
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giovedì 27 ottobre 2011
Belen o non Belen. This is the problem...
Tema leggero, giusto per sdrammatizzare un po' l'atmosfera tetra di questi giorni di crisi economica e di stallo politico (si è sfiorata la blasfemia arrivando a parlare di possibile crisi di governo...!) sempre più incombente. E per di più con le risatine di Sarkozy e la Merkel a rincarare la dose.
Il tema è Belen Rodriguez, nota frequentatrice di riviste di gossip dalle scarse doti artistiche, ma dalla grande avvenenza. In sintesi, una gran bella "figliola". Notare il termine volutamente arcaico per sottolineare il suo aspetto. Bella e dunque desiderata, ambita e sognata. In tutti i modi e in tutte le posizioni da una decina di giorni a questa parte...
Sono giorni e giorni che in ufficio, davanti alla macchinetta del caffè, a qualunque ora, che sia mattino o dopopranzo, l'argomento principale dei caffeinomani di sesso maschile è il porno video di Belen. E' in rete da circa una settimana ed ha letteralmente spopolato. A patto di trovarlo sul web. Perchè è tuttaltro che facile. Si viene sbattuti da un sito all'altro senza mai arrivare al "sodo". In alternativa non resta che farselo raccontare dai pochi che sono riusciti a scovarlo in rete.
Il tema è Belen Rodriguez, nota frequentatrice di riviste di gossip dalle scarse doti artistiche, ma dalla grande avvenenza. In sintesi, una gran bella "figliola". Notare il termine volutamente arcaico per sottolineare il suo aspetto. Bella e dunque desiderata, ambita e sognata. In tutti i modi e in tutte le posizioni da una decina di giorni a questa parte...
Sono giorni e giorni che in ufficio, davanti alla macchinetta del caffè, a qualunque ora, che sia mattino o dopopranzo, l'argomento principale dei caffeinomani di sesso maschile è il porno video di Belen. E' in rete da circa una settimana ed ha letteralmente spopolato. A patto di trovarlo sul web. Perchè è tuttaltro che facile. Si viene sbattuti da un sito all'altro senza mai arrivare al "sodo". In alternativa non resta che farselo raccontare dai pochi che sono riusciti a scovarlo in rete.
sabato 22 ottobre 2011
Fotografata la Madonna di Medjugorje!
Domenica scorsa, 16 ottobre. Jesolo, famosa e frequentatissima località turistica sul litorale veneto. Stagione estiva ormai passata e dimenticata, ma parecchia gente in giro approfittando del clima piacevolmente mite del periodo. Riunione pubblica di fedeli della Madonna di Medjugorje (Boznia Erzegovina, ex Jugoslavia). Gli organizzatori e promotori dell'incontro sono tutti cittadini jesolani che, reduci dal pellegrinaggio a Medjugorje, hanno voluto ricreare la stessa atmosfera in un palaturismo divenuto una grande chiesa per l'occasione straordinaria.
Un sacco di gente che partecipa a messe, preghiere, canti, omelie. Finchè qualcuno non alza gli occhi al cielo e vede o crede di vedere una figura femminile in preghiera che si staglia sullo sfondo azzurro.
Tutti, nel giro di pochi minuti, vedono la stessa cosa (o si convincono di vederla?) e qualcuno tira fuori l'immancabile macchina fotografica e immortala l'evento. Lo vedete nella foto qui accanto. Un'immagine un po' sottoesposta nella parte bassa, molto luminosa nella parte alta. E in mezzo al cielo una macchia biancastra, allungata e dai bordi frastagliati. Quella, secondo i seguaci/fedeli che credono nelle apparizioni di Medjugorje, non è una nuvola di passaggio o un riflesso di qualche tipo. No. Non è neanche un UFO di passaggio. E' l'immagine della Madonna in preghiera. Tutti d'accordo, ovviamente.Senza incertezze. A nessuno è venuto il dubbio che potesse essere una nuvoletta dalla forma strana. Non esiste proprio. No, tutte certezze granitiche: è la Madonna. A posteriori nemmeno qualche piccolo dubbio che la foto possa essere stata sottoposta a qualche fotoritocco, giusto per sgrezzarla un pochino? No, assolutamente. Quella macchia bianca nella foto è la Madonna. Se lo dicono loro che a Medjugorje ci sono stati di recente chi oserebbe mai metterlo in dubbio? Comunque, sia ben chiaro, niente a che vedere con le apparizioni sul sito originale oltre frontiera. Da quelle parti si assiste ad apparizioni coi fiocchi, con effetti speciali straordinari. Pare che di sovente il sole, se fissato a lungo, cominci a roteare come una trottola. Straordinario. Segno divino senza alcun dubbio. Il tutto davanti a migliaia di testimoni sicurissimi di ciò che hanno visto. Lo dice anche il "famoso" giornalista Paolo Brosio (quello martirizzato da Emilio Fede al Tg4 al tempo di Mani Pulite davanti al Palazzo di Giustizia di Milano), che di recente è diventato un convinto sostenitore delle apparizioni di Medjugorje. Ha anche scritto un libro sull'argomento. Molto venduto, ovviamente. Tutti fedelissimi della Madonna con naso all'insù, plaudenti e credenti. Ovviamente.
Che dire, che pensare di fronte a fatti del genere? Certo, ognuno è libero di credere in ciò che vuole. Credere aiuta a convivere con la propria umanità che anela giustamente a nutrirsi di spiritualità, credere aiuta ad avere fiducia nel futuro e a vivere meglio il presente. Avere fede è importante. Poi, in coscienza, ognuno potrà avere fede in ciò che più gli piace o lo convince a seconda della religione abbracciata. Forse anche chi si professa ateo ha fede. Ha fede che davvero un dio non esista. E' fede anche questa versione negazionista, ancorchè comunque indimostrabile, come il suo esatto contrario. Ma di certo ci vuole misura, ragionevolezza, buon senso e prudenza anche nel credere. Criteri che hanno qualcosa a che spartire con la fede, che in quanto tale non ha categorie logiche a governarla? Difficile dare una rispoosta per chi non abbia importanti frequentazioni con l'alta filosofia. Ma è la Chiesa stessa che prende le distanze da questi fenomeni miracolistici di massa. Saggiamente, aggiungerei. Va bene credere; va bene ritenere che possa esserci un filo diretto tra la divinità e gli esseri umani; va bene tutto o quasi tutto. Ma se ogni nuvoletta in cielo o macchia su una fotografia dovesse essere interpretata come manifestazione divina, non sarebbe più finita. In fin dei conti viviamo nell'era di Photoshop...
La presunta apparizione della Madonna |
Tutti, nel giro di pochi minuti, vedono la stessa cosa (o si convincono di vederla?) e qualcuno tira fuori l'immancabile macchina fotografica e immortala l'evento. Lo vedete nella foto qui accanto. Un'immagine un po' sottoesposta nella parte bassa, molto luminosa nella parte alta. E in mezzo al cielo una macchia biancastra, allungata e dai bordi frastagliati. Quella, secondo i seguaci/fedeli che credono nelle apparizioni di Medjugorje, non è una nuvola di passaggio o un riflesso di qualche tipo. No. Non è neanche un UFO di passaggio. E' l'immagine della Madonna in preghiera. Tutti d'accordo, ovviamente.Senza incertezze. A nessuno è venuto il dubbio che potesse essere una nuvoletta dalla forma strana. Non esiste proprio. No, tutte certezze granitiche: è la Madonna. A posteriori nemmeno qualche piccolo dubbio che la foto possa essere stata sottoposta a qualche fotoritocco, giusto per sgrezzarla un pochino? No, assolutamente. Quella macchia bianca nella foto è la Madonna. Se lo dicono loro che a Medjugorje ci sono stati di recente chi oserebbe mai metterlo in dubbio? Comunque, sia ben chiaro, niente a che vedere con le apparizioni sul sito originale oltre frontiera. Da quelle parti si assiste ad apparizioni coi fiocchi, con effetti speciali straordinari. Pare che di sovente il sole, se fissato a lungo, cominci a roteare come una trottola. Straordinario. Segno divino senza alcun dubbio. Il tutto davanti a migliaia di testimoni sicurissimi di ciò che hanno visto. Lo dice anche il "famoso" giornalista Paolo Brosio (quello martirizzato da Emilio Fede al Tg4 al tempo di Mani Pulite davanti al Palazzo di Giustizia di Milano), che di recente è diventato un convinto sostenitore delle apparizioni di Medjugorje. Ha anche scritto un libro sull'argomento. Molto venduto, ovviamente. Tutti fedelissimi della Madonna con naso all'insù, plaudenti e credenti. Ovviamente.
Che dire, che pensare di fronte a fatti del genere? Certo, ognuno è libero di credere in ciò che vuole. Credere aiuta a convivere con la propria umanità che anela giustamente a nutrirsi di spiritualità, credere aiuta ad avere fiducia nel futuro e a vivere meglio il presente. Avere fede è importante. Poi, in coscienza, ognuno potrà avere fede in ciò che più gli piace o lo convince a seconda della religione abbracciata. Forse anche chi si professa ateo ha fede. Ha fede che davvero un dio non esista. E' fede anche questa versione negazionista, ancorchè comunque indimostrabile, come il suo esatto contrario. Ma di certo ci vuole misura, ragionevolezza, buon senso e prudenza anche nel credere. Criteri che hanno qualcosa a che spartire con la fede, che in quanto tale non ha categorie logiche a governarla? Difficile dare una rispoosta per chi non abbia importanti frequentazioni con l'alta filosofia. Ma è la Chiesa stessa che prende le distanze da questi fenomeni miracolistici di massa. Saggiamente, aggiungerei. Va bene credere; va bene ritenere che possa esserci un filo diretto tra la divinità e gli esseri umani; va bene tutto o quasi tutto. Ma se ogni nuvoletta in cielo o macchia su una fotografia dovesse essere interpretata come manifestazione divina, non sarebbe più finita. In fin dei conti viviamo nell'era di Photoshop...
domenica 16 ottobre 2011
Libri. Y O U A R E T H E E V I L (Tu sei il male)
Tu sei il male
di Roberto Costantini
Roma, 11 luglio 1982. La sera della vittoria italiana al Mundial spagnolo Elisa Sordi, giovane impiegata di una società immobiliare del Vaticano, scompare nel nulla. L'inchiesta viene affidata a Michele Balistreri, giovane commissario di Polizia dal passato oscuro. Arrogante e svogliato, Balistreri prende sottogamba il caso, e solo quando il corpo di Elisa viene ritrovato sul greto del Tevere si butta a capofitto nelle indagini. Qualcosa però va storto e il delitto rimarrà insoluto.
Roma, 6 luglio 2006. Ancora una volta finale dei Mondiali di calcio, 24 anni dopo. Mentre gli azzurri battono la Francia in Germania, Giovanna Sordi, madre di Elisa, si uccide gettandosi dal balcone.
Una vicenda che si racchiude nell'arco di 24 anni, durante i quali l'Italia si traforma. Dagli anni di piombo del terrorismo si passa agli anni del berlusconismo, dell'immigrazione, dei clandestini, del malessere di un'intera società che diventa insofferente e intollerante nei confronti della massa di stranieri che si riversano nel paese. Un'Italia non più alle prese con organizzazioini armate di terroristi sovversivi, ma con bande di delinquenti e di disperati disposti a tutto.
In breve si scopre che tra le due morti c'è una storia sommersa che il commissario Balistreri porta progressivamente alla luce, attraverso indagini non facili e spesso ostacolate da forze segrete e ostili. Indizi e testimonianze che gli permettono di riallacciare i fili della memoria e ricondurre le vicende del 1982 a quelle del 2006.
sabato 15 ottobre 2011
Criminali in piazza tra gli Indignados
Indignados in piazza oggi a Roma. Una manifestazione che voleva essere di legittima protesta non violenta è stata trasformata in guerriglia. La prima domanda che sorge spontanea è come sia possibile che le forze dell'ordine non siano state in grado di arginare subito e con la dovuta durezza i black bloc la cui presenza era annunciata da giorni e giorni? La conseguenza è che, non adeguatamente contrastati, questi delinquenti infiltrati hanno fatto ciò che hanno voluto per tutto il pomeriggio scatenando una vera e propria guerriglia in piazza San Giovanni, luogo storico delle manifestazioni sindacali e democratiche, e in altre zone della Capitale. Altra conseguenza è che la legittima protesta di tanti giovani (i nostri figli) sulla cui pelle si sta scaricando la crisi economica e politica attuale è stata oscurata dalla violenza criminale di alcune centinaia di delinquenti.
lunedì 10 ottobre 2011
Steve Jobs o Stefano Lavori, non è la stessa cosa
Hai voglia ad essere nato genio... Se non si nasce nel posto giusto e al momento giusto, non basta avere delle idee più che brillanti e innovative per sfondare. Ci vuole anche la fortuna di trovare le condizioni giuste per mettere in pratica il genio che cova sotto la cenere.
E' questa la tesi di un giovane blogger napoletano che riscrive provocatoriamente la vita di Steve Jobs immaginando che invece della California la sua terra di nascita sia Napoli, Italia. Il suo blog, dopo la pubblicazione del post, ha registrato punte di decine e decine di migliaia di accessi. Un successo travolgente non senza polemiche. Le accuse dei suoi detrattori sono di calcare la mano sul solito piagnisteo depressivo e autoassolutivo dei bamboccioni italiani che non riescono a sganciarsi dalla famiglia. Ma siamo sicuri che sia proprio così e che invece il blogger Menna non abbia visto giusto?
Ecco il suo racconto.
E' questa la tesi di un giovane blogger napoletano che riscrive provocatoriamente la vita di Steve Jobs immaginando che invece della California la sua terra di nascita sia Napoli, Italia. Il suo blog, dopo la pubblicazione del post, ha registrato punte di decine e decine di migliaia di accessi. Un successo travolgente non senza polemiche. Le accuse dei suoi detrattori sono di calcare la mano sul solito piagnisteo depressivo e autoassolutivo dei bamboccioni italiani che non riescono a sganciarsi dalla famiglia. Ma siamo sicuri che sia proprio così e che invece il blogger Menna non abbia visto giusto?
Ecco il suo racconto.
martedì 4 ottobre 2011
Film visti. Driver, il duro dal cuore tenero
Regia: Nicolas Winding Refn (Miglior Regista Cannes 2011)
Cast: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston
Cast: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston
[Voto 4 su 5]
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"Dammi ora e luogo e ti do cinque minuti: qualunque cosa accada in quei cinque minuti sono con te, ma ti avverto, qualunque cosa accada un minuto dopo sei da solo. Io guido e basta!" La filosofia di Driver è questa. E la esprime in maniera chiara e inequivocabile al momento di accettare un nuovo lavoro: guidare un'auto dopo una rapina per assicurare la fuga ai malfattori. Insomma, ti do il massimo ma non voglio impicci di nessun tipo. Uno che di certo non si fa coinvolgere dagli altri, che ci tiene a delimitare ruoli e compiti, con fredda professionalità. I primi dieci minuti del film mostrano in maniera splendida il concetto di impermeabilità del personaggio. Poche parole da parte di Driver, ma molta efficienza. Quindi obiettivo raggiunto. Ma Driver (non viene mai chiamato per nome) ha anche una attività pulita da svolgere alla luce del sole, meccanico d'auto e stuntman cinematografico. Una simbiosi a tutto tondo fra lui e le auto. Succede che il suo freddo distacco dagli altri e la sua impermeabilità vengono meno nel momento in cui fa conoscenza con la giovane vicina di casa (Irene), mamma di un bimbo in tenera età. Un affetto o addirittura un amore manifestato con lunghi silenzi, gite in campagna e serate passate davanti alla tv con quell'embrione di famiglia della porta accanto. Senonchè spunta fuori il marito di Irene appena uscito di prigione e naturalmente Driver si fa da parte. La frequentazione continua, sia pure con modalità diverse. Ed è così che si apprende che l'ex carcerato è ricattato da una banda di malviventi per la restituzione di una ingente somma, pena ritorsioni sulla moglie e il figlioletto. A questo punto entra in azione Driver. |
domenica 2 ottobre 2011
Film visti. Cinesi a "Ciosa"
Io sono Li
Regia di Andrea Segre. Con Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston.
Voto 4 su 5
Ohibò. All'improvviso il cinema italiano scopre i migranti. Se n'è accorto un tantino in ritardo, ma se n'è accorto. Può essere solo un caso che in questo periodo ben tre film in programmazione nelle sale italiane trattino del tema migranti? Certo, con varie sfaccettature e sfumature, con diverse angolazioni e sensibilità artistiche, ma pur sempre lo stesso tema: l'accettazione e l'integrazione degli immigrati in Italia. Terraferma di Crialese (candidato ufficiale italiano all'Oscar), Cose dell'altro mondo di Patierno e questo splendido Io sono Li di Andrea Segre sono i tre film a tema. Terraferma purtroppo mi è per ora sfuggito, essendo già quasi scomparso dalla circolazione sebbene Premio speciale della giuria a Venezia. Uno dei misteri dolorosi della distribuzione cinematografica italiana. Film di qualità, con importanti riconoscimenti che letteralmente spariscono o quasi dalle sale dopo pochi giorni di programmazione. Quando riescono ad arrivarci, nelle sale.... E comunque relegati a cinema di nicchia, non certo alle grandi multisala del circuito. Vabbè, questo è un altro discorso, che comunque va fatto.
sabato 1 ottobre 2011
Libri. L'arte della briscola come maestra di vita (al Bar Lume)
La briscola in cinque
di Marco Malvaldi
Un piccolo libro di genere noir con risvolti divertenti nonostante si parli di omicidi. Lo stile è fresco e vivace, come si addice ad un giovane autore (Malvaldi è del 1974).
La vicenda si svolge in un paese immaginario della costa toscana, Pineta. Località turistica e molto frequentata durante la stagione, decisamente più sonnacchiosa e tranquilla nel resto dell'anno. Ambientazione prevalente, il bar di Massimo, il protagonista. Un personaggio arguto e con un'indole da provocatore che fa il "barrista" (con due erre) perchè baciato dalla fortuna che gli ha fatto vincere una grossa somma al Totocalcio con cui ha acquistato il locale. Ma è un barrista-filosofo a cui piace dire di no alle comande dei clienti se non gli garbano, magari facendo contemporaneamente un pediluvio per alleviare l'afa estiva.
di Marco Malvaldi
Un piccolo libro di genere noir con risvolti divertenti nonostante si parli di omicidi. Lo stile è fresco e vivace, come si addice ad un giovane autore (Malvaldi è del 1974).
La vicenda si svolge in un paese immaginario della costa toscana, Pineta. Località turistica e molto frequentata durante la stagione, decisamente più sonnacchiosa e tranquilla nel resto dell'anno. Ambientazione prevalente, il bar di Massimo, il protagonista. Un personaggio arguto e con un'indole da provocatore che fa il "barrista" (con due erre) perchè baciato dalla fortuna che gli ha fatto vincere una grossa somma al Totocalcio con cui ha acquistato il locale. Ma è un barrista-filosofo a cui piace dire di no alle comande dei clienti se non gli garbano, magari facendo contemporaneamente un pediluvio per alleviare l'afa estiva.
mercoledì 28 settembre 2011
Film visti. Due film "domenicali"
Contagion
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Marion Cotillard, Kate Winslet, Laurence Fishburne
Voto: 2.5 su 5
L'alba del pianeta delle scimmie
Regia: Rupert Wyatt
Cast: James Franco, Freida Pinto, John Lithgow, Andy Serkis, Brian Cox
Voto: 2.5 su 5
Ecco due film "domenicali", ossia da vedere la domenica pomeriggio, non impegnativi, facili, che aiutano a passare una mezza giornata in mancanza di una gita fuori città o di appuntamenti sportivi.
In comune hanno parecchie cose. Appartengono entrambi al genere fantasy, un filone molto prolifico e piacevole da vedere, specie se ben confezionato come solo gli americani sanno fare con grande professionalità, dal primo attore protagonista all'ultima delle comparse. Tuttavia, pur essendo facilmente classificabili sulla sottile linea di confine tra la pura fantascienza e il reale "possibile", hanno la capacità di stuzzicare la fantasia dello spettatore proprio in virtù degli argomenti toccati.
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Marion Cotillard, Kate Winslet, Laurence Fishburne
Voto: 2.5 su 5
L'alba del pianeta delle scimmie
Regia: Rupert Wyatt
Cast: James Franco, Freida Pinto, John Lithgow, Andy Serkis, Brian Cox
Voto: 2.5 su 5
Ecco due film "domenicali", ossia da vedere la domenica pomeriggio, non impegnativi, facili, che aiutano a passare una mezza giornata in mancanza di una gita fuori città o di appuntamenti sportivi.
In comune hanno parecchie cose. Appartengono entrambi al genere fantasy, un filone molto prolifico e piacevole da vedere, specie se ben confezionato come solo gli americani sanno fare con grande professionalità, dal primo attore protagonista all'ultima delle comparse. Tuttavia, pur essendo facilmente classificabili sulla sottile linea di confine tra la pura fantascienza e il reale "possibile", hanno la capacità di stuzzicare la fantasia dello spettatore proprio in virtù degli argomenti toccati.
domenica 25 settembre 2011
In moto. Il comprensorio del Civetta
Sabato 24 settembre, ore 8.30, sole splendente, temperatura 16°. Giornata fresca e frizzante, ideale per viaggiare in moto senza patire il caldo. Ho voglia di moto e di bellezze naturali con cui riempirmi gli occhi e rigenerarmi dopo una settimana di lavoro. La Caponord è già pronta con i bauletti laterali e la solita dotazione da viaggio. Si parte.
La mattina appena sveglio, mentre ancora poltrivo a letto, ho costruito mentalmente il percorso della giornata. Ho deciso che sarei tornato in moto in alcuni di quei posti visti tante volte d'inverno, innevati, quando andavo a sciare tutti i fine settimana. In passato ho sciato un po' dappertutto sulle Dolomiti e non solo. Qualche puntatina l'ho fatta anche in Austria e in Val d'Aosta. Ma a mio insindacabile giudizio le Dolomiti sono sempre un gradino sopra a tutte le altre montagne.
La mattina appena sveglio, mentre ancora poltrivo a letto, ho costruito mentalmente il percorso della giornata. Ho deciso che sarei tornato in moto in alcuni di quei posti visti tante volte d'inverno, innevati, quando andavo a sciare tutti i fine settimana. In passato ho sciato un po' dappertutto sulle Dolomiti e non solo. Qualche puntatina l'ho fatta anche in Austria e in Val d'Aosta. Ma a mio insindacabile giudizio le Dolomiti sono sempre un gradino sopra a tutte le altre montagne.
Libri. La solitudine secondo Simenon
TRE CAMERE A MANHATTAN
di Georges Simenon
Tre camere ammobiliate a Manhattan, New York. Ovvero un simbolo di solitudine e di squallore quotidiano. Non un luogo che trasmetta calore e appartenenza. Solo un posto dove dormire e magari ubriacarsi in santa pace. Due persone sole, François (Frank) e Catherine (Kay), che si incontrano casualmente in una caffetteria. Si guardano e le loro solitudini li avvicinano. Una sorta di affinità elettiva che li porterà, dopo un percorso sia fisico che metaforico, ad avvicinarsi l'uno all'altra. Una vicinanza fatta principalmente di uno stanco girovagare a caso per la città, non avendo un posto dove andare che sia "casa" e di interminabili serie di drink buttati giù uno dopo l'altro, più per noia che per altro. Il bisogno di avere di riferimenti comuni li porta ad ascoltare quasi senza sosta la stessa canzone da un juke box, come fosse una prova della loro esistenza e vicinanza. L'avere qualcosa in comune fa di loro un embrione di coppia e crea un'illusione di vita.
di Georges Simenon
Tre camere ammobiliate a Manhattan, New York. Ovvero un simbolo di solitudine e di squallore quotidiano. Non un luogo che trasmetta calore e appartenenza. Solo un posto dove dormire e magari ubriacarsi in santa pace. Due persone sole, François (Frank) e Catherine (Kay), che si incontrano casualmente in una caffetteria. Si guardano e le loro solitudini li avvicinano. Una sorta di affinità elettiva che li porterà, dopo un percorso sia fisico che metaforico, ad avvicinarsi l'uno all'altra. Una vicinanza fatta principalmente di uno stanco girovagare a caso per la città, non avendo un posto dove andare che sia "casa" e di interminabili serie di drink buttati giù uno dopo l'altro, più per noia che per altro. Il bisogno di avere di riferimenti comuni li porta ad ascoltare quasi senza sosta la stessa canzone da un juke box, come fosse una prova della loro esistenza e vicinanza. L'avere qualcosa in comune fa di loro un embrione di coppia e crea un'illusione di vita.
mercoledì 21 settembre 2011
Film visti. Una dannata spy story d'annata
Il debito
Regia: John Madden
Cast: Helen Mirren, Ciarán Hinds, Jessica Chastain, Marton Csokas, Sam Worthington, Tom Wilkinson
Voto: 3 su 5
Spie, guerra fredda, cortina di ferro, servizi segreti, mossad, nazismo, olocausto, torture, esperimenti su esseri umani, lager. C'è di tutto in questo film che sembra d'altri tempi, che è d'altri tempi. Non perchè al giorno d'oggi le spie non esistano più o la fissazione di far fuori il maggior numero di esseri umani non graditi sia stata spazzata dalla faccia della terra. Tutt'altro. Ma sono cambiati gli scenari e i nuovi nemici, i cattivi per eccellenza con cui infoltire le trame dei film, sono attualmente i vari gruppi terroristici che insanguinano il pianeta. Insomma, alla fine nulla di nuovo sotto il sole. Mutata mutandis, direbbero i latini.
Regia: John Madden
Cast: Helen Mirren, Ciarán Hinds, Jessica Chastain, Marton Csokas, Sam Worthington, Tom Wilkinson
Voto: 3 su 5
Spie, guerra fredda, cortina di ferro, servizi segreti, mossad, nazismo, olocausto, torture, esperimenti su esseri umani, lager. C'è di tutto in questo film che sembra d'altri tempi, che è d'altri tempi. Non perchè al giorno d'oggi le spie non esistano più o la fissazione di far fuori il maggior numero di esseri umani non graditi sia stata spazzata dalla faccia della terra. Tutt'altro. Ma sono cambiati gli scenari e i nuovi nemici, i cattivi per eccellenza con cui infoltire le trame dei film, sono attualmente i vari gruppi terroristici che insanguinano il pianeta. Insomma, alla fine nulla di nuovo sotto il sole. Mutata mutandis, direbbero i latini.
domenica 18 settembre 2011
Film visti. Carnage ovvero "Scanniamoci pure, ma con classe, please"
Regia: Roman Polanski
Cast: Kate Winslet, Christoph Waltz, Jodie Foster, John C. Reilly
Cast: Kate Winslet, Christoph Waltz, Jodie Foster, John C. Reilly
Voto: 2,5 su 5
Lo dico subito: non mi ha entusiasmato. Per carità, ben girato e soprattutto ben recitato da attori formidabili e credibilissimi, ma nel complesso la prima domanda che mi sono posto è stata: ma è cinema, questo? E se uscendo dalla sala mi trovo a pormi quesiti così "tragici", c'è evidentemente qualcosa che non va.
Carnage è claustrofobico, ristretto in un salotto con -al massimo- qualche puntata in bagno. Un ambiente ristretto come altrettanto ristretta è la storia da raccontare, pressochè inesistente. Due bambini, al parco, litigano e si menano; uno dei due ha la peggio e si porta a casa due denti rotti. Questo è l'antefatto, da qui in poi comincia il film. I genitori si incontrano per mettersi d'accordo sul risarcimento e su un'eventuale punizione dei bambini. Comincia tutto con un fare caramelloso e perbenista, falso quanto irritante, giocato in punta di fioretto e toni forzatamente troppo educati. Pare che tutti parlino dell'accaduto e del da farsi citando un manuale di psicologia spicciola imparato a memoria (io l'ho sempre detto che l'uso esasperato della psicologia nella vita quotidiana rovina le persone...). Il film racconta di atteggiamenti che cambiano e si modificano man mano che i personaggi interagiscono tra loro.
sabato 17 settembre 2011
Manuela Arcuri, il coraggio di dire no
Titoloni sui giornali:
Il faccendiere e procacciatore di donne di Berlusconi, Tarantini, chiese all'attrice Manuela Arcuri di prostituirsi con il premier promettendole che questi in cambio l'avrebbe favorita nella conduzione del Festival di Sanremo. Ma lei rifiutò.
Una donna che dice NO alla svendita del suo corpo dovrebbe essere la normalità in tempi e luoghi normali. Ma l'Italia non è un paese normale e men che meno lo sono i tempi che viviamo. Dove invece normale è attendersi un sì entusiastico in cambio di una contropartita allettante e convincente in grado di spazzar via ogni remora etica e morale.
Per questo motivo bisogna levarsi tanto di cappello davanti a Manuela Arcuri, attrice di non evidente talento, ma di grande e indiscussa avvenenza. Ha saputo dire di NO al laido mercimonio offertole su un piatto d'argento.
Brava, complimenti. Questo non farà di lei una grande attrice, ma una donna consapevole che sa farsi rispettare certamente sì.
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Film visti. L'alieno viaggia in treno
Regia: J.J. Abrams
Con: Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler, Riley Griffiths, Gabriel Basso, Ryan Lee
Voto: 3,5 su 5
Dischi volanti, astronavi, mezzi fantascientifici per viaggiare nello spazio? No, questa volta l'alieno viaggia in treno. Ci sono tanti spunti in questo bel film di J.J. Abrams (già autore del serial televisivo Lost...) e prodotto da Steven Spielberg. Cominciamo col dire che è un film su adolescenti che crescono. Il che ci rimanda ad un capolavoro del calibro di Stand by me di Rob Reiner (metà anni '80). In quel film i ragazzi si mettono in viaggio per scoprire qualcosa di misterioso (una persona scomparsa), qui J.J. Abrams ce li mostra alle prese con i tipici problemi adolescenziali, ma accomunati dal sacro fuoco dell'arte cinematografica.
Con: Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler, Riley Griffiths, Gabriel Basso, Ryan Lee
Voto: 3,5 su 5
Dischi volanti, astronavi, mezzi fantascientifici per viaggiare nello spazio? No, questa volta l'alieno viaggia in treno. Ci sono tanti spunti in questo bel film di J.J. Abrams (già autore del serial televisivo Lost...) e prodotto da Steven Spielberg. Cominciamo col dire che è un film su adolescenti che crescono. Il che ci rimanda ad un capolavoro del calibro di Stand by me di Rob Reiner (metà anni '80). In quel film i ragazzi si mettono in viaggio per scoprire qualcosa di misterioso (una persona scomparsa), qui J.J. Abrams ce li mostra alle prese con i tipici problemi adolescenziali, ma accomunati dal sacro fuoco dell'arte cinematografica.
lunedì 12 settembre 2011
Che ti sia lieve la terra... amico Toni
Non ce la faceva più ad andare avanti così. Questa notte Toni l'ha fatta finita e si è buttato dal terrazzo di casa. Toni non era più lui da quasi un anno e mezzo. Faceva dentro e fuori dalle cliniche psichiatriche per tentare di recuperare il suo equilibrio mentale che non c'era più. Un uomo alla deriva, l'ombra dell'uomo brillante e pieno di verve irrefrenabile di un tempo e che tutti abbiamo conosciuto. Toni se ne è andato in una frazione di secondo, il tempo di precipitare dal terrazzo di casa. Se ne è andato volando, lui che ha sempre avuto un fisico pesante e corpulento che lo teneva attaccato a terra. Una stazza pesante e massiccia che aveva da sempre il vezzo di minimizzare dichiarando sempre qualche chilo in meno del suo peso o vestendosi in maniera eccentrica. Era un rugbysta, un pilone.
domenica 11 settembre 2011
In moto. In Austria e ritorno attraverso le Dolomiti
Ci sono certi giorni in cui niente e nessuno potrebbe tenermi a casa. E' tanta e tale la voglia di salire in moto e partire che al mattino mi sveglio prestissimo in preda ad un'eccitazione febbrile. Ho notato che mi succede soprattutto dopo una settimana di lavoro molto intensa. Evidentemente ho bisogno di scaricare tensione e tossine andando libero in giro con il vento addosso. Ancora una volta torno a dire che considero una vera fortuna vivere a ridosso delle Dolomiti che sono una vera perla della natura, da ammirare, gustare e godere. Dunque anche questa volta la meta sono le Dolomiti, ma puntando ben più a nord, in Austria. La regione è il Tirolo, al confine con quello che in Italia chiamiamo Alto Adige, ma che è un'invenzione politico/diplomatica. Più esattamente si tratta geograficamente del Sud Tirolo come giustamente lo chiamano sia gli altoatesini che gli austriaci.
Partenza alle ore 8, temperatura 23°, cielo sereno. Perfetto. Il tour prevede una tappa di trasferimento in autostrada fino a Belluno/Longarone, poi Cadore e statale Alemagna fino a Cortina d'Ampezzo, lago di Misurina, Passo Tre Croci, Dobbiaco, San Candido, confine di stato, Sillian, strada regionale 111 per Sankt Jakob im Lesachtal, Kötschach, Passo di Monte Croce Carnico, confine di stato, Paluzza, Palmanova, autostrada per il rientro a Padova. Percorso quindi molto articolato di circa 550 km.
Partenza alle ore 8, temperatura 23°, cielo sereno. Perfetto. Il tour prevede una tappa di trasferimento in autostrada fino a Belluno/Longarone, poi Cadore e statale Alemagna fino a Cortina d'Ampezzo, lago di Misurina, Passo Tre Croci, Dobbiaco, San Candido, confine di stato, Sillian, strada regionale 111 per Sankt Jakob im Lesachtal, Kötschach, Passo di Monte Croce Carnico, confine di stato, Paluzza, Palmanova, autostrada per il rientro a Padova. Percorso quindi molto articolato di circa 550 km.
lunedì 5 settembre 2011
Film visti. Cose dell'altro mondo
Cose dell'altro mondo
Regia: Francesco Patierno
Cast: Valerio Mastandrea, Diego Abatantuono, Valentina Lodovini
Voto: 3 su 5
Regia: Francesco Patierno
Cast: Valerio Mastandrea, Diego Abatantuono, Valentina Lodovini
Voto: 3 su 5
"Cari extracomunitari, prendete il cammello e tornate a casa vostra nel deserto...! Fora da i ball, negri, marocchini, albanesi, romeni, zingari e tutti gli altri. Via dall'Italia!" .
Quante volte abbiamo sentito ripetere frasi come queste? Quante volte al bar, per strada, sulle tv locali e non solo locali, ma anche nei talk show delle grandi reti nazionali? Sui giornali, alla radio, nelle interviste ad esponenti del governo fino all'ultimo passante per strada. E' lo stile dei Borghezio, dei Bossi, dei Calderoli. In una parola: stile Lega. Quelli del celodurismo e dei luoghi comuni che fanno leva sugli istinti più bassamente xenofobi degli italiani.
E alla fine, a forza di insulti e imprecazioni, in Cose dell'altro mondo succede. Il sogno di questa gente che vuole liberarsi degli immigrati si avvera. Un certo giorno gli immigrati spariscono, tutti insieme.
domenica 4 settembre 2011
Film visti. Toh, la Lanterna verde...
Lanterna Verde
Regia: Martin Campbell
Cast: Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Tim Robbins, Angela Bassett
[Voto: 2 su 5]
« Nel giorno più splendente, nella notte più profonda
Regia: Martin Campbell
Cast: Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Tim Robbins, Angela Bassett
[Voto: 2 su 5]
« Nel giorno più splendente, nella notte più profonda
nessun malvagio sfugga alla mia ronda;
colui che nel male si perde
colui che nel male si perde
si guardi dal mio potere, la luce di Lanterna Verde!. »
Formula del giuramento di Lanterna Verde
Avrò avuto 14-15 anni, anche meno, leggevo fumetti a quintali. Di ogni genere, da Tex Willer a Batman, da Superman (inizialmente chiamato in Italia Nembo Kid) a Uomo ragno. Ma anche Topolino, Braccio di ferro, Black Macigno e Capitan Miki con i suoi amici Dottor Salasso e Doppio Rhum.....
martedì 30 agosto 2011
Libri. Intrighi a Bellano
Nozze andate a monte all'ultimo istante, idrovolanti che si inabissano, sostituzioni di persona, il comune verso la bancarotta... Questa volta a Bellano ne succedono di tutti i colori e la vita solitamente tranquilla in riva al lago di Como viene movimentata da una serie di eventi in grado di cambiare le sorti del paese. Il podestà si è messo in testa di lanciare un servizio aereo di idrovolanti per collegare Como, Bellano e Lugano, nell'intento di dare lustro alla sua amministrazione e attirare frotte di turisti, facendo schiattare d'invidia i colleghi dei comuni limitrofi. La molla che lo spinge al passo è essenzialmente una vanitosa ambizione a discapito dei suoi colleghi viciniori. Per perseguire il suo scopo non esita a mettere a repentaglio le magre casse comunali. Nel frattempo sua figlia Renata si invaghisce di un umile fornaio appartenente ad una famiglia macchiata di un gran rifiuto nel giorno delle nozze perpetrato vent'anni prima e di cui in paese quasi non si ricorda più nessuno. Ma gli occhi del Podestà tutto ciò non è tollerabile; per fortuna dei giovani fidanzatini il destino e l'arzilla zia Rosina sono in agguato e tramano nell'ombra schierandosi apertamente dalla parte dei due rampolli. Come andrà a finire....? E cosa c'entra l'idrovolante con tutto questo?
lunedì 29 agosto 2011
Film visti. Detective Dee... una ciofeca in salsa cinese
Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma
Regia di Tsui Hark con Tony Leung Ka Fai.
[Voto: 1 su 5]
Film cinese in costume, ambientato nel 690 d.C. Cosa ci si deve aspettare da una premessa siffatta? Un bel film con una bella storia, bei costumi, belle ricostruzioni scenografiche, grande dispiego di mezzi e di risorse, centinaia o migliaia di figuranti? No, niente di tutto questo. Questo Detective Dee puzza di ciofeca sin dalle prime scene e dalla voce fuori campo che introduce la vicenda. Per non parlare del ridicolo ambasciatore romano che parla latino (sottotitolato)... Tutto molto raffazzonato, molto approssimativo e molto impreciso. La classica imitazione alla cinese, nè più nè meno come le borse Vuitton o gli occhiali Ray-Ban che si trovano in vendita per strada dagli ambulanti extracomunitari.
Regia di Tsui Hark con Tony Leung Ka Fai.
[Voto: 1 su 5]
Film cinese in costume, ambientato nel 690 d.C. Cosa ci si deve aspettare da una premessa siffatta? Un bel film con una bella storia, bei costumi, belle ricostruzioni scenografiche, grande dispiego di mezzi e di risorse, centinaia o migliaia di figuranti? No, niente di tutto questo. Questo Detective Dee puzza di ciofeca sin dalle prime scene e dalla voce fuori campo che introduce la vicenda. Per non parlare del ridicolo ambasciatore romano che parla latino (sottotitolato)... Tutto molto raffazzonato, molto approssimativo e molto impreciso. La classica imitazione alla cinese, nè più nè meno come le borse Vuitton o gli occhiali Ray-Ban che si trovano in vendita per strada dagli ambulanti extracomunitari.
venerdì 19 agosto 2011
In moto. Sul Passo della Cisa verso il mar Tirreno
Un’occhiata al meteo che annuncia una serie di giorni di sole e caldo. Ultimi giorni di ferie residui. Meteo buono e ferie = le condizioni per inforcare la Poderosa e partire per un viaggetto ci sono tutte. Come al solito la borsa contiene il necessario per un’eventuale prolungamento a più giorni nel caso di stanchezza o imprevisti che impedissero il rientro a casa in giornata. Preparato tutto per benino, si parte di buona mattina per godere il fresco, finchè possibile.
La meta è impegnativa: attraversare l’italico stivale e puntare diametralmente sul versante tirrenico, da est verso ovest. Un sacco di km, ma è anche vero che non mi corre dietro nessuno e all’occorrenza mi posso fermare dove capita per fare una tappa riposante. L’anno scorso con questo sistema mi sono fatto alcuni giorni a zonzo per la Toscana. Una gran bella vacanza.
martedì 16 agosto 2011
Film visti. Fascino spagnolo al sesto piano
Le donne del 6° piano
Regia: Philippe Le Guay
Con: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura.
Voto: 3,5 su 5
Benedetto sia il cinema francese e le sue commedie, le sue storie così semplici ma così vere, i suoi personaggi così vivi, immediati e credibili. Proprio nel post precedente dedicato al cinema estivo si diceva della cronica mancanza di bei film al cinema. Ecco fortunatamente una pronta smentita con questo film che resiste in programmazione dal lontano mese di giugno, un record di longevità assoluta che si spiega proprio con la qualità della pellicola.
Regia: Philippe Le Guay
Con: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura.
Voto: 3,5 su 5
Benedetto sia il cinema francese e le sue commedie, le sue storie così semplici ma così vere, i suoi personaggi così vivi, immediati e credibili. Proprio nel post precedente dedicato al cinema estivo si diceva della cronica mancanza di bei film al cinema. Ecco fortunatamente una pronta smentita con questo film che resiste in programmazione dal lontano mese di giugno, un record di longevità assoluta che si spiega proprio con la qualità della pellicola.
lunedì 15 agosto 2011
Film visti. ...in crisi di astinenza estiva
Captain America: Il primo vendicatore
Hanna
Siamo alle solite. Come in ogni estate bisogna sopportare il vuoto di programmazione cinematografica che affligge il circuito italiano. Discorsi già fatti, ma pare che non sia possibile cambiare lo statu quo. Eppure sono sicuro che con una programmazione almeno decente le sale sarebbero ben frequentate con tutta la gente che rimane a casa non potendosi permettere vacanze significativamente lunghe.
Quindi bisogna adattarsi a vedere quel che passa il convento delle lobby di distribuzione scegliendo quello che, a naso, può sembrare il "meno peggio" della programmazione? Non ci sono alternative. In attesa della ripresa settembrina con le uscite dei film della Mostra del cinema di Venezia.
I due titoli visti sono accomunati dall'avere un buon cast di attori, sebbene nel complesso il risultato lasci molto a desiderare. Ma, tant'è.
Regia: Joe Johnston
Cast: Chris Evans, Hugo Weaving, Tommy Lee Jones, Stanley Tucci
Voto: 2 su 5Cast: Chris Evans, Hugo Weaving, Tommy Lee Jones, Stanley Tucci
Hanna
Regia: Joe Wright
Cast: Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett, Niels Arestrup, Jason Flemyng, Tom Hollander, Olivia Williams
Voto: 2,5 su 5
Cast: Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett, Niels Arestrup, Jason Flemyng, Tom Hollander, Olivia Williams
Voto: 2,5 su 5
Siamo alle solite. Come in ogni estate bisogna sopportare il vuoto di programmazione cinematografica che affligge il circuito italiano. Discorsi già fatti, ma pare che non sia possibile cambiare lo statu quo. Eppure sono sicuro che con una programmazione almeno decente le sale sarebbero ben frequentate con tutta la gente che rimane a casa non potendosi permettere vacanze significativamente lunghe.
Quindi bisogna adattarsi a vedere quel che passa il convento delle lobby di distribuzione scegliendo quello che, a naso, può sembrare il "meno peggio" della programmazione? Non ci sono alternative. In attesa della ripresa settembrina con le uscite dei film della Mostra del cinema di Venezia.
I due titoli visti sono accomunati dall'avere un buon cast di attori, sebbene nel complesso il risultato lasci molto a desiderare. Ma, tant'è.
giovedì 11 agosto 2011
In moto a zonzo per laghi alpini
Partenza alle 8.30 in una splendida mattina di sole di inizio agosto con la "Poderosa" Aprilia Caponord vogliosa di sgranchirsi le ruote dopo un lungo periodo di permanenza in garage, causa ferie con la macchina (c'era la famiglia, era una scelta obbligata). Che si senta tradita dall'uso delle quattroruote...? Temperatura ideale di 24 gradi e un cielo blu, che più blu non si può. Oggi ho voglia di andare a zonzo facendo tappa ai laghi alpini del Trentino. Che sono tanti e disseminati tra le splendide montagne dolomitiche, ma non potendoli visitare tutti ne ho scelti cinque. Un giro motociclistico di circa 350 km. Si comincia con il lago di Lavarone sull'omonimo altopiano a quota 1100 metri, a nord ovest dell'altopiano di Asiago. Primo tratto di trasferimento in autostrada A22 Valdastico fino alla uscita obbligatoria (l'autostrada è incompiuta da decenni), poi si prende a sinistra in direzione Trento.
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