domenica 29 agosto 2010

Film visti. Giustizia privata

Giustizia privata

regia di F. Gary Gray, con Gerard Butler, Jamie Foxx.
Voto: 2,5 su 5

Film di genere, della serie "e adesso mi faccio giustizia da solo", del brav'uomo che subisce un'atroce ingiustizia senza ricevere giustizia, che s'incazza di brutto e si scatena in una vendetta spietata. Quanti ne abbiamo visti di film così? Decine, a cominciare dal mitico Charles Bronson degli anni 70. Il film è tutto qui, i trailers annunciano già tutto quello che c'è da vedere. Per gli amanti del genere è senz'altro da consigliare, sebbene la vicenda assuma risvolti poco credibili e assolutamente irreali. Non manca comunque di essere un film avvincente e spettacolare.
Ma è l'argomento trattato che merita qualche considerazione, perchè va a toccare qualche nervo scoperto soprattutto nella nostra Italia di questi anni.
Succede che i cattivi di turno, una volta presi dalla polizia vengono processati e per via di particolari meccanismi processuali vigenti in America, uno dei due patteggi la pena scaricando colpe e responsabilità sul complice, cavandosela con soli tre anni di carcere. Mentre l'altro, quello meno trucido, si becca la condanna a morte. Insomma con una condanna a morte -eseguita- di mezzo, tutto si può dire tranne che si tratti di giustizia che non funziona o che sia troppo indulgente con i colpevoli. Invece il filo conduttore del film è proprio questo. Con il bravo corollario di accuse ai giudici che sono troppo buonisti, troppo rispettosi dei diritti civili degli imputati, di leggi e di regolamenti e via dicendo.

Cosa vi ricordano questi discorsi? E' esattamente quello che si sente dire in Italia da anni, da troppo tempo, da quando una certa mentalità forcaiola e giustizialista si è fatta strada nell'opinione pubblica. Da quando l'amministrazione della giustizia è sempre più in affanno, da quando indulti e condoni si succedono più per mascherare manchevolezze o inadeguatezze del sistema che per spirito di indulgenza. Col risultato che basta ascoltare i discorsi che si fanno in giro o che si leggono su certi giornali o sono strombazzati da certi politici abili a cavalcare il malcontento popolare, per scoprire che gli italiani sono o sarebbero inclini a farsi giustizia da soli invece di affidarsi alla legge. Salvo poi constatare che quegli stessi politici si guardano bene dal mettere mano alle leggi come sarebbe loro compito di legislatori parlamentari. Molto più comodo scaricare responsabilità su giudici e magistrati che assumersele in prima persona, le responsabilità....
Dunque il desiderio di forca e di grossolana giustizia sommaria, senza andare troppo per il sottile, è comune sia nei paesi come l'America dove le condanne a morte già fioccano quasi quotidianamente, come pure nei paesi come l'Italia che sono decisamente più "morbidi" verso i delinquenti e dove soprattutto esiste la convinzione che esista una specie di impunità per chi delinque. Ergo: non è la pena di morte tanto spesso invocata dai "duri e puri" a cambiare lo stato delle cose e il comune sentire dell'opinione pubblica, bensì la certezza delle pene. Ovvero un delitto non può rimanere impunito o non adeguatamente punito per cavilli legali o alchimie processuali. E non si tratta certamente di buonismo, vero o presunto. Non è ammissibile che vi siano scorciatoie da imboccare per evitare una giusta pena che sia commisurata alla gravità del delitto. Occorre fare esempi? Basti pensare alle stragi compiute da ubriachi e drogati al volante, i  cui colpevoli sono al massimo perseguibili per omicidio colposo e se la cavano con pochi anni di galera (e neanche sempre). Una vita presa e spezzata merita rispetto prima di tutto verso la stessa vittima e poi anche verso i suoi familiari, che con una giustizia giusta e che funziona non riavranno in vita il loro caro, ma certamente non si troveranno di fronte per strada il colpevole dopo solo una paio di anni di galera, se non addirittura prima. Pronto a ricominciare.
.

La Notte della Taranta

Ieri, 28 agosto, era la Notte della Taranta. Trasmessa in diretta integralmente via internet dal sito del Corriere della sera (corriere.it). Cos'è la taranta? In breve, la taranta è un ballo popolare salentino al ritmo di pizzica che affonda le sue radici nelle antiche superstizioni, tra il sacro e il profano, secondo le quali le donne erano soggette ad essere impossessate e indemoniate in seguito al morso della tarantola. Conseguenza era una specie di delirio irrefrenabile delle poverette dovuto al veleno del ragno. Da qui il ballo sfrenato in stato di trance che durava anche per ore fino allo sfinimento mentale e fisico.
La Notte della Taranta è un festival di musica popolare salentina, la cosiddetta pizzica, che si svolge in vari comuni della provincia di Lecce e della Grecia Salentina che vede il suo clou nel mese di agosto. Il tour per i paesi del Salento si conclude con il grande concerto finale di Melpignano, che dura fino a tarda notte alla presenza di decine di migliaia di spettatori. Un vero e proprio evento che col passare degli anni ha assunto una portata sempre maggiore e una fama anche internazionale con la partecipazione di importanti ospiti stranieri. Il concertone finale di Melpignano è coordinato artisticamente da una personalità di grande fama che cambia quasi ad ogni edizione. Finora nel ruolo di maestro concertatore si sono succeduti grandi artisti, tra i quali  Joe Zawinul (ex Weather Report), Ambrogio Sparagna, Stewart Copeland (ex Police), Mauro Pagani e per ultimo Ludovico Einaudi. Non c'è male...
Il Salento è una regione molto bella; ci sono stato parecchie volte in vacanza, oltre ad aver abitato a Lecce da piccolo quando mio padre, essendo militare, cambiava sede molto spesso e nei trasferimenti si portava dietro la famiglia. Cioè anche il sottoscritto che ha fatto le scuole elementari un po' qua e un po' là. Uno stress dover cambiare ambiente, amici e compagni di scuola, ma che ha contribuito a rendermi consapevole fin da bambino che esistono diverse realtà al di fuori del nucleo famigliare e della propria città. Ma questo non c'entra molto con la Taranta...
La prima volta che ho sentito il ritmo della pizzica e l'ho vista ballare ero al mare in Puglia e sulla spiaggia verso sera, quando la temperatura si addolcisce e il sole si avvia al tramonto, qualcuno mise su una cassetta su un portatile (all'epoca non esistevano ancora i CD nè tantomeno gli mp3 e diavolerie simili) e una ragazza della compagnia si mise a ballare. Bella e brava la ragazza, accattivante la musica ritmata da tamburelli e fisarmonica, et voilà... innamorarsi della pizzica è stato quasi obbligatorio. Un ritmo che entra nel sangue e invita a danzare anche un ippopotamo come il sottoscritto, sebbene con esiti al limite dell'osceno. Tentativo per fortuna isolato e mai più ripetuto per il bene della comunità. Ma rimane la passione per la taranta, con il rimpianto di non aver mai avuto la possibilità di andare al concertone di Melpignano. Per cui mi devo accontentare di CD e qualche video reperibile in internet. Ma ne vale la pena. Vedere e ascoltare per credere:
(feste in piazza)
http://www.youtube.com/watch?v=jtX9wXjAA14&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=V2dpYB-SDHQ&feature=related
[la classicissima Ballati tutti quanti (lu core meu)]
http://www.youtube.com/watch?v=mEVB_QAtgwI&feature=related

lunedì 23 agosto 2010

Mondadori? No grazie

Non bastava il conflitto di interessi e le leggi ad personam. Adesso in Italia si devono subire anche le leggi ad aziendam. Lo scandalo di questi giorni va infatti sotto questo nome fantasioso ma efficace. Si tratta del risparmio fiscale di oltre 350 milioni di euro di cui beneficia la Mondadori, casa editrice di proprietà berlusconiana. La quale deve al fisco una cifra iperbolica con un arretrato di circa venti anni, con un contenzioso enorme e due sentenze del tribunale. In attesa del terzo grado di giudizio e del rischio di un possibile pagamento del mostruoso debito in caso di condanna, interviene provvidenzialmente una leggina che salva la situazione e considera estinto il debito con un obolo pari solo al 5% della cifra complessiva debitoria. Si tratta di circa otto milioni contro i 350 e senza un centesimo di interessi. Un bel risparmio! Alla faccia di chi paga la sua brava mora per il tardato pagamento di una bolletta o del bollo della macchina. Ma queste sono quisquiglie riservate ai cittadini comuni, non a chi il potere di legiferare ce l'ha e lo usa per i propri comodi.

Succede a questo punto che uno scrittore in forza alla Mondadori si ponga la domanda e faccia affiorare il dubbio se sia giusto tutto questo. Ovvero se sia tollerabile per uno scrittore continuare a pubblicare per questo editore così palesemente e sfacciatamente favorito da questa legge ad aziendam, creando oltretutto un danno per la collettività di centinaia di milioni di euro. Questo autore in forza alla squadra Mondadori è il teologo Vito Mancuso. Ho sul comodino il suo libro a quattro mani scritto con Corrado Augias "Disputa su Dio e dintorni" e mi riprometto di leggerlo quanto prima. Uno scrittore di successo, oltre che un teologo affermato e riconosciuto. Un intellettuale che si pone dei dubbi attraverso le pagine del quotidiano Repubblica, riprese poi da tutti gli altri giornali.
Per saperne di più:
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/21/news/io_autore_mondadori_e_lo_scandalo_ad_aziendam-6407472/index.html?ref=search
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/23/news/mondadori_mancuso-6442732/index.html?ref=search
http://genova.repubblica.it/cronaca/2010/08/23/news/don_gallo-6444638/index.html?ref=search
http://www.corriere.it/politica/10_agosto_23/il-teologo-e-segrate-risposta-insufficiente-a-un-passo-dall-addio-cristina-taglietti_af1ef4f2-ae79-11df-92e9-00144f02aabe.shtml?fr=box_primopiano

Raccolgo la questione da lui posta e da ora in poi non acquisterò più libri della Mondadori. Intendo boicottare questa casa editrice che gode di favoritismi così scandalosamente iniqui. Nel mio piccolo non credo di poter avere significativa influenza sul caso, compro circa una ventina di libri all'anno e solo una parte di questi è di Mondadori, ma spero che come me facciano in tanti appassionati di libri. E più saremo meglio sarà. E' ora di dare un segnale forte per far sapere che gli italiani sono stufi di questo stato di cose e dei favoritismi a forzaq di leggi e leggine.
Intanto c'è già una serie di autori che sta cambiando editore per non avere nulla a che fare con Mondadori. Mi auguro che sia solo l'inizio di un esodo in massa.
.

domenica 22 agosto 2010

Film visti. Quando l'uomo gioca a fare Dio...

SPLICE Regia di Vincenzo Natali.
Con Adrien Brody, Sarah Polley, Delphine Chanéac.

[Voto: 2,5 su 5]

Premessa: per fortuna che l'estate sta finendo e, con il cambio di stagione, al cinema torneranno film degni di questo nome....

Cominciamo con l'inquadrare il film. Una coppia di scienziati biochimici e geniali ricercatori nel campo della genetica. Coppia anche nella vita, oltre che nel lavoro. Delle creature animali o quasi, create artificialmente per estrane principi attivi da utilizzare nell'industria farmaceutica da una grande multinazionale. Tra alti e bassi il loro lavoro li abitua ad avere dimestichezza con la vita, crearla e modificarla a piacimento. Ma ad un certo punto si presenta l'occasione di fare un salto di qualità: sperimentare sul DNA umano e non più soltanto su quello animale.  Questo l'inizio della storia che si preannuncia abbastanza interessante e convincente. Non si fa fatica ad immaginare che la realtà nei laboratori segreti di qualche industria farmaceutica sia esattamente così, se non di più o peggio. Il film affronta la tematica ponendo dei dubbi sulla liceità della ricerca se di mezzo ci sono degli esseri umani. E lo fa in modo curioso. I due sono una coppia che in qualche modo generano una vita, sia pure in provetta. E' proibito dalle leggi e dalla morale, ma lei convince lui ad infrangere le regole. Vi dice nulla? Non ricorda la storia di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, con Eva nel ruolo di subdola tentatrice? E alla nascita della creatura i due si trovano ad affrontare gli imprevisti più banali, così come farebbe una giovane coppia di sposi: i pianti del bebè, le pappe, i capricci, l'apprendimento. Con la differenza che la creatura (Dren il suo nome, che è Nerd letto al contrario) fa tutto alla velocità della luce, merito dei suoi super cromosomi. Il regista Vincenzo Natali (canadese, a dispetto del nome italiano, e già autore di un claustrofobico film di successo di qualche anno fa, "The cube") e i suoi sceneggiatori affrontano con grande attenzione sul piano psicologico il rapporto che si instaura con una creatura ‘diversa' alla quale entrambi i protagonisti, ognuno con la propria sensibilità, sentono di dover dare cure e attenzioni. E forse questa è la parte più interessante del film, salvo poi sbarellare alquanto e perdersi in un ridicolo finale quasi-horror. Un peccato perchè per gli amanti del genere fantascientifico certamente Splice (in inglese: innestare) avrebbe potuto occupare un posto di riguardo tra le loro preferenze.

Nota a margine. In questa piatta estate cinematografica 2010 il protagonista Adrien Brody (quello del Pianista di Polanski) è al suo secondo o terzo film nelle sale. Uno peggiore dell'altro. Che sia un caso che lo abbiano relegato rigorosamente in bassissima stagione?

Veneto: cattolici e baciabanchi ma gran bestemmiatori

Dal Gazzettino on line (ed. di Padova):
Padova. In campo si bestemmia troppo:
il parroco "sfratta" la squadra di calcio

http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=115617

Ecco uno squarcio di Veneto per capire di che pasta siamo fatti da queste parti. Da sempre una roccaforte cattolica conservatrice e tenutaria di valori e tradizioni, feudo della Democrazia cristiana dei tempi d'oro, ora votata ai nuovi dei del centro destra, dominio per anni dell'enfant prodige Giancarlo Galan ex Forza Italia, poi PdL, ora ministro della Repubblica. Culla e ambiente di crescita e sviluppo dell'ideologia celodurista più intransigente attraverso la Liga Veneta agli inizi, poi confluita e assorbita dalla potente e dilagante Lega Nord di Bossi.
Ma la realtà quotidiana e popolare è quella che si legge nell'articolo del Gazzettino. I giocatori e l'entourage della squadretta di calcio locale di S. Elena nella Bassa padovana sono dei gran bestemmiatori, per di più sfacciati e recidivi. Il padrone del campetto dove si allenano e giocano è il parroco, che alla lunga si deve essere stufato di sentire questi incalliti bestemmiatori esercitare la loro blasfemia in casa sua. Un vero e proprio oltraggio, stupido e sprezzante, oltre che maleducato e irriguardoso nei confronti dei credenti. E così alla fine ha perso la pazienza ed ha cacciato via tutti. Che la squadra di calcio si vada a trovare un altro campo da gioco per sfogarsi a calcio & bestemmie. Sciò, via di qua! Proprio come si farebbe in un pollaio con delle galline vocianti e rissose.
Questo è il Veneto, cari amici. Dove tutti si dicono morigerati, ferventi cattolici e brave persone, ma quando possono si sciacquano la bocca con Dio, i santi e i sacramenti. Un perbenismo di facciata, da sbandierare pubblicamente per puro conformismo. Ma è anche il Veneto delle crociate per il mantenimento del crocefisso nelle scuole e nei luoghi pubblici, delle petizioni contro chi osa mettere in discussione la presenza di un simbolo sacro appeso al muro. Naturalmente a discapito di altre fedi e religioni, perchè quella cattolica è la sola, vera e unica religione. Salvo poi bestemmiare alla grande il proprio Dio, sotto gli occhi e le orecchie del signor parroco.
Sottolineo, e dovrebbe essere implicito, che non si tratta di generalizzare indistintamente. Non tutti bestemmiano ovviamente, ma il fenomeno è molto rilevante e diffuso e per di più in continua crescita sia tra giovani e anziani che tra uomini e donne. Personalmente (lo dico per chiarire la mia posizione), mi professo credente, pessimo cattolico, non bestemmio e ritengo che il crocefisso stia bene sul muro alla vista di tutti, come anche -però- qualsiasi altra icona religiosa, non essendoci graduatorie di merito o preferenze tra religioni e credenti.
Si noti bene che sarebbe sbagliato e riduttivo pensare che il fenomeno sia limitato alle fasce più popolari e ignoranti. Niente affatto. La bestemmia in Veneto abbonda democraticamente sulle bocche di tutti indistintamente, a tutti i livelli e gradi di istruzione. Dall'operaio al professionista, dal commerciante al dirigente d'azienda. La bestemmia è ormai un intercalare quasi onomatopeico, un rafforzativo di concetti che rischierebbero di rimanere nel vago se non conditi da una bestemmia. Ci sono le bestemmie pleonastiche e riempitive, quelle cattive e gonfie di rabbia, quelle comiche e satiriche, quelle esclamative, quelle definitive, ossia dette per chiudere la bocca all'interlocutore timido.
La bestemmia una volta era un reato. Adesso credo che non lo sia più, poichè la religione cattolica non è più la religione di stato e dunque il reato di vilipendio non esiste più. Ma rimangono pur sempre (rimarrebbero...) il rispetto per gli altri e la buona educazione. Ahimè, due categorie morali ed etiche che al giorno d'oggi possono solo far sorridere come si trattasse di reperti storici, essendo principi ormai obsoleti per una gran fetta di italiani. L'aggressività e l'insofferenza sono i nuovi paradigmi del vivere comune. E la bestemmia rispecchia e ricalca esattamente sia l'aggressività verso gli altri che l'insofferenza per il credo altrui.

Discorso a parte merita quello sulla squadra di calcio che ha denunciato lo sfratto dal campo ad opera del parroco come un affronto ingiustificato. Sì, perchè a leggere i commenti dei lettori del Gazzettino presenti sul sito, si viene a sapere che dal punto di vista sportivo la società di calcio del S. Elena non brilla per correttezza, nè in campo nè sugli spalti a bordo campo. Il che ha poco di sportivo, inteso come spirito comportamentale. Insomma, tale padre tale figlio. Tale la società di calcio, tali i suoi giocatori bestemmiatori..... Nulla di nuovo sotto il sole.
.

venerdì 20 agosto 2010

Piccolo tour della Toscana (in moto)

Finalmente sono riuscito a levarmi una "fissa" che avevo da tanto tempo. Invece del classico giro in  moto di una giornata, un viaggio più lungo e con varie tappe. Un tour in moto in Toscana. Breve (tre giorni, circa 800 km complessivi), ma gustato fino in fondo, deciso all'improvviso, praticamente senza alcuna programmazione, nessun persorso prestabilito, nessun programma di viaggio. Ma semplicemente partire e andare dove ti porta l'estro o il caso. Una sola regola: evitare per quanto possibile i percorsi affollati e privilegiare le strade secondarie, magari più lente, ma belle e panoramiche. Nessuna corsa contro il tempo, andatura turistica, paesaggi da vedere e gustare in tutto riposo. Non mi corre dietro nessuno, voglio godermi l'andare in moto con il vento addosso.

Partenza martedi 17 agosto verso le 9, mettendo nelle borse solo l'essenziale e niente più. Prua a sud, verso Bologna. Trasferimento rapido per superare la noiosa pianura padana e uscita dall'autostrada a Sasso Marconi per imboccare la Statale Porrettana. Attraversamento dell'Appennino con destinazione Pisa. Strada bella, tortuosa, per nulla trafficata. Il bello delle strade alternative e secondarie è che ci si può fermare ad ammirare il panorama ogni volta che si vuole o ne vale la pena. Verso le due del pomeriggio al valico del passo il tempo si guasta, rinfresca e scende un po' di pioggia. Pazienza. Ridiscendendo verso valle dal versante ovest; va molto meglio e punto verso Pisa. Dove arrivo verso le quattro del pomeriggio anche in questo caso con soste intermedie. Ho un po' di fortuna nel trovare un albergo libero al primo colpo e a due passi dal centro storico, vicino al Duomo, al Battistero e alla famosissima Torre pendente. (prendere nota: Hotel Athena, buona camera con aria condizionata, televisione ma senza frigo bar, a 65 euro, senza prima colazione). Mai stato prima d'ora a Pisa, quindi il piacere è stato doppio. Mi sarebbe piaciuto sal;re in cima alla Torre, ma sono 296 scalini (se non ricordo male). Troppi per il mio cuore malandato, devo limitarmi a vederla dal basso e basta. Tra l'altro gli anelli superiori sono in restauro (come da foto più sopra); forse per questo appare nuova di zecca, linda e pulita dallo smog. In compenso tutto intorno è un brulicare di gente e di turisti. Impossibile trovare due persone di seguito che parlino la stessa lingua. I pisani sono decisamente minoritari e quello che sento parlare con maggior frequenza è lo spagnolo. Un sacco di giapponesi e altrettanti olandesi. Approfitto per assaggiare la focaccia farcita, la cecìna (una specie di focaccia di farina di ceci passata al forno) e farmi una birretta. Buono anche il gelato artigianale, ma prezzi assurdi. Ben 2,80 euro per una bottiglietta di minerale da mezzo litro. Francamente mi sembra eccessivo, sia pur considerando che si trattava di un locale centralissimo a cento metri dalla Torre.
Proseguo il mio giro attraverso il centro storico e constato che appena si abbandona la zona intorno ai monumenti, cambia radicalmente il panorama. Una sequenza di negozi vuoti, non chiusi per ferie, ma senza attività. Un certo stato di trascuratezza complessiva nei palazzi piuttosto deludente. Effetto della crisi?
Cena in una trattoria tipica con cucina casalinga. Menù: bruschetta aglio e pomodoro, tortelloni ripieni al pecorino di fossa, filetto alla griglia, patate al forno, cantucci col vin santo. Tutto ottimo. Conto di 35 euro: adeguato e onesto.
Secondo giorno. Partenza di buon mattino con tempo incerto. Comunque non piove e fa piuttosto fresco. Direzione Volterra, per poi puntare su Massa marittima, dopo aver attraversato la zona delle colline metallifere. Anche in questo caso strade provinciali, tortuose e panoramiche. Praticamente deserte. Ma dove sono i presunti milioni di turisti in vacanza che a sentire i vari telegiornali dovrebbero aver invaso l'Italia? Tutti ammassati in spiaggia gli uni sugli altri oppure sono rimasti a casa? Si vedono invece in percentuale un sacco di auto straniere, specialmente olandesi e tedeschi. Ci si accorge di loro da come mantengono la distanza di sicurezza. Gli italiani si incollano a venti centimetri dalla targa posteriore di chi li precede per cercare di spingerti avanti, sempre stressati dalla fretta e dal bisogno di esibire le proprie abilità motoristiche. Mi da sui nervi avere qualcuno che ti alita sul collo per metterti fretta, che palle. Non essendo lì per fare a gara con nessuno, accosto e faccio passare, cominciando a pensare di andare troppo lento. Ma poi considero che i miei 60/70 km orari su una strada tortuosa di collina, tutta curve, sono più che adeguati e che quindi sono loro ad essere fuori di testa. Bah.
Volterra è arroccata in cima ad una collina con un panorama mozzafiato. A perdita d'occhio tuttintorno il dolce saliscendi delle colline. Nel centro storico il palazzo comunale, la cattedrale e il battistero (foto a lato). Atmosfera magica, nonostante i tanti turisti vocianti e fotografanti. Un ambulante con un carrettino che si autodefinisce "armaiolo dei bimbi" vende spade di legno, vestito con abiti simil-medievali. Capello lungo, movimenti studiati e voce impostata, fa la sua bella figura nella piazza principale, circondato dai curiosi.
Proseguo scendendo sul versante sud. Il percorso è fantastico, Per km e km non si incontra anima viva, solo verde e boschi. Pur essendo abituato a paesaggi da favola (le valli dolomitiche percorse in lungo e in largo allenano piacevolmente l'occhio...), le colline toscane mantengono un fascino unico, riuscendo ad assumere un che di  sensuale con il loro andamento morbido e sinuoso.
Ad un certo punto, verso mezzogiorno, avendo un certo languorino allo stomaco, esco dalla provinciale e prendo una stradina piccina picciò che si inoltra nel bosco. Un cartello indica la presenza di un agriturismo. La stradina si inerpica per parecchi km in salita per un lungo tratto. Incontro solo una macchina di olandesi, per il resto nulla e nessuno. Arrivo all'agriturismo dove mi sparo un paninazzo con la cara, vecchia e onesta mortadella. Birretta, ovviamente.
C'è anche un'area attrezzata per pic nic con un bel prato sullo spiazzo. Tiro fuori dalle borse la mia stuoia, uso la giacca da moto come cuscino e mi metto disteso sull'erba a guardare gli squarci di blu nel cielo. Mitico.
Proseguo per Massa passando da Larderello, la zona famosa per i soffioni boraciferi, almeno secondo i miei ricordi scuola. In realtà di soffioni o di eruzioni di vapore dal terreno non ne ho vista neppure una. Forse non sono lungo la provinciale. Oppure la spiegazione è un'altra. Lungo il percorso transitando da Larderello si inconra una centrale Enel denominata Green Power con gigantesche ciminiere del tipo di quelle delle centrali nucleari. Fanno un po' (tanta) impressione sia per l'enormità delle dimensioni, che per il collegamento estetico con il nucleare, ma conforta che si tratti di energia naturale. Ecco che fine hanno fatto i soffioni del terreno: sono sfruttati dall'Enel per produrre enegia "verde".
Pausa pranzo in un'osteria lungo la strada. Il paninazzo con la mortazza è un pallido ricordo e mi è venuta fame. L'osteria è di quelle dove si fermano i camionisti, dunque c'è da fidarsi. Infatti le tagliatelle fatte in casa con ragù di cinghiale sono spettacolari. Immancabile anche la bruschetta con il solito aglio e pomodoro. Particolare succulento: i fiori di zucca fritti. Deliziosi.
Arrivo a Massa marittima presso l'albergo Il Sole in pieno centro (zona pedonale). Prenotazione fatta al mattino utilizzando il volume Dormire low cost che avevo casualmente trovato in uno dei miei giretti in libreria. Prezioso, comodo e dettagliato, lo tengo sempre nella borsa da moto. Può tornare sempre utile.. Anche qui ottima sistemazione: camera con vista mozzafiato sulle colline lato ovest, aria condizionata; 65 euro con prima colazione. Massa ha un centro storico delizioso.Nel  fazzoletto di spazio della piazza principale sono raccolti il palazzo comunale, la cattedrale e il campanile. Con una cornice di palazzetti d'epoca veramente belli. Vale la pena visitarla. Ci sono anche due o tre musei di varie tematiche. Cena tranquilla in un locale della piazza a ridosso della cattedrale, con la classica fiorentina alla griglia. Siamo in provincia di Grosseto, ma la fiorentina è comunque buona. Nel pomeriggio appuntamento con Ernesto, il mio amico rugbysta conosciuto tramite internet. L'esempio che in ternet non sempre divide, ma al contrario può essere uno strumento di conoscenza e di amicizia. Ci siamo conosciuti nel 2000 accomunati dalla passione per il rugby, abbiamo fondato un club virtuale di rugby con appassionati reclutati rigorosamente via internet (All Bluff Rugby) che tuttora disputa incontri amichevoli ad invito con giocatori provenienti da tutta Italia. E quando è possibile una bella rimpatriata con Ernesto mi fa sempre piacere. Tra l'altro tiene anche un interessante blog (vedi link a lato della pagina).















Terzo giorno, quello del rientro. Sono tanti i km da fare perchè il percorso delle tappe precedenti mi ha portato piuttosto lontano. Decido di fare il tratto di strada fino a Siena sulle strade secondarie per poi proseguire e predere l'autostrada a Firenze. Passo, su consiglio di Ernesto, da San Galgano che è una cattedrale senza tetto (foto a lato). Bella cattedrale, elegante e slanciata, ma mancante del tetto. Secondo la tradizione sarebbe crollato, ma in realtà la mancanza della copertura è dovuta ai monaci dell'abbazia che se la sono venduta essendo di rame. La mancanza di denaro li spinse all'insano gesto già in tempi medievali mitigando la decisione con la storiella del crollo. La storia si ripete, si può modernamente chiamare crisi economica o crisi dei mercati, ma la sostanza è la stessa. Quando la barca fa acqua si tira la cinghia e si corre ai ripari in qualunque modo, anche vendendosi il tetto in rame della chiesa....
Ahimè, il rientro in autostrada verso Padova è noioso quanto triste perchè il mini tour della Toscana è finito. Ma non è detto che non mi rimetta in viaggio alla prima occasione. La volpe perde il pelo, ma non il vizio...
.


Montalbano e la vecchiaglia

La caccia al tesoro
di Andrea Camilleri

Calma piatta a Vigata. Non succede nulla e la noia la fa da padrona. E insieme alla noia prendono vita e si rinforzano anche li brutti pinsieri, ossia la sensazione forte e chiara per il commissario Montalbano di stare invecchiando. Ma sono soltanto 57 gli anni, non è possibile, le sue sono solo fissazioni. E infatti, messo alla prova, alla fine della storia narrata in questo ultimo lavoro di Andrea Camilleri, ne esce brillantemente vittorioso. Una vicenda sui generis, poichè non nasce con la solita ammazzatina su cui indagare, non c'è nessun picciotto da acchiappare. La noia, per l'appunto. A dare una smossa alle acque ci pensa un anonimo sfidante che invita Montalbano a cimentarsi in una caccia al tesoro disseminata di indizi in versi, apparentemente banali e innocui, ma che poi si riveleranno tragici.
La vicenda: due vecchi fanatici religiosi, due bambole gonfiabili, lettere anonime che in giochi enigmistici invitano il commissario ad una strana e poco credibile caccia al tesoro, la scomparsa di una giovane e bella ragazza e l'entrata in scena di un giovane aspirante epistemologo. Elementi sparsi e apparentemente slegati tra loro, ma che alla fine trovano la giusta collocazione. Montalbano rimette a posto con la sottile arguzia che lo contraddistingue tutti i pezzi del puzzle, quando piccoli particolari e labili indizi gli illuminano la mente e la risoluzione del caso prende forma anche senza uno straccio di prova, ma “la mancanza di prove non è prova della mancanza”, (citazione di Rumsfield, ex sottosegretario alla difesa di George W. Bush).
Da un paio di episodi a questa parte, Montalbano sembra accusare e soffrire gli anni che passano. Già in “L’età del dubbio” e poi ne “La danza del gabbiano” il commissario di Vigàta, ora 57enne, s’interroga, si analizza sempre più nel profondo dialogando con Montalbano secondo, la voce della sua coscienza: sì, ripete i suoi rituali legati alla cucina, la pasta 'ncasciata di Adelina o le squisitezze di pesce di Enzo, la passiata al molo fino sutta al faro, l’assittatina supra allo scoglio con relativa sicaretta, le parole che lo fanno arraggiari, il guasto della natura, della politica, dell’animo umano che lo feriscono, l’offendono, ma ad una certa età s’addiventa insofferenti su tutto. Conferme per lui che sta diventando vecchio?  Sullo sfondo i soliti personaggi che ormai ben conosciamo: l'efficiente Fazio, la litigiosa Livia, il pasticcione Catarella, lo svampito Augello, la fresca e brillante Ingrid. Ormai sono icone inamovibili del firmamento che illumina Vigata e a cui ci siamo affezionati irreparabilmente.
Insomma gli elementi per una buona e appassionante lettura ci sono tutti. Il libro si divora in un attimo, senza soste. Buon divertimento.

domenica 15 agosto 2010

La tragedia dell'uomo senza ombra

Lettera al mio giudice
di Georges Simenon


Dopo aver da poco letto "La camera azzurra", inevitabile andare a collegare questo Lettera al mio giudice. In effetti una liaison ideale della tematica che accomuna i due libri è piuttosto evidente. Entrambe le storie sono una rievocazione epistolare a posteriori di fatti che hanno avuto un tragico esito, sebbene differenziate tra loro dall'autore dell'efferato delitto che sta alla base degli avvenimenti. Ma la caratterizzazione dei personaggi è ben diversa. Tanto è lirico e coinvolgente il racconto del protagonista de "La camera azzurra", tanto è -all'opposto- irritante la rievocazione/confessione dell'omicida di "Lettera al mio giudice". Nel primo si instaura un legame di simpatia-empatia con il protagonista; nel secondo invece la sensazione è quella di rifiuto e di ostilità verso il personaggio principale. Il medico omicida della giovane Martine è privo di giustificazioni, sia pur paradossalmente valide, che possano giustificare il suo gesto estremo. Un gesto assurdo e arrogante compiuto con evidente disprezzo per la figura femminile che viene dominata, nella vita come nella morte, dall'amante-assassino. L'uomo-senza-ombra dalla vita banale, succube e senza emozioni, uccide la sua amante non riuscendo a liberarsi di un'assurda gelosia che in realtà è dominio puro, possesso del corpo e dell'anima della sua indifesa e giovane amante. Una sostanziale indeguatezza dell'uomo che finisce per eliminare la causa della propria limitatezza. Quanti sono gli uomini senza ombra che ci vivono attorno. Quanti sono gli uomini che usano la forza e la violenza verso le donne. E forse non siamo noi stessi da qualche parte del nostro cuore  o della nostra coscienza degli uomini senza ombra? E quante volte ci capita di leggere di delitti che hanno come vittime le figure femminile che hanno la sventura di venire a contatto con questi uomini senza ombra?
Al centro del libro, ovviamente, non c'è un delitto (che emerge solo nel finale, anche se largamente annunciato), ma un uomo. Debole, vile, abbastanza spregevole, ma pur sempre con i sentimenti di un uomo. Simenon come sempre non condanna, ma descrive divinamente i personaggi, le atmosfere, le sensazioni. Col risultato di condannare le istituzioni che inquadra nel suo mirino: il matrimonio, la giustizia, i media, il mondo borghese perbenista e bigotto. In fondo ed è quasi un paradosso, anche l'amore, che per lo scrittore sembra perennemente apportatore di sciagure (eccetto quello mercenario). Imperdibile.

sabato 14 agosto 2010

Povera lingua italiana

In questi giorni sul quotidiano Repubblica, tra i resoconti di una rissa politica e l'altra, trova spazio un argomento che trovo interessante e illuminante sullo stato attuale della lingua italiana e di come venga modificata e plasmata ai tempi di oggi. La lingua, si sa, è un qualcosa in continua trasformazione. E' un sistema dinamico che si modifica e si adatta seguendo l'evolversi dell'ambiente culturale in cui si sviluppa e che l'alimenta. Dunque è il concetto stesso di lingua e di linguaggio che impone una trasformazione. Ma quello cui stiamo assistendo, più che una evoluzione, appare una involuzione. Mi riferisco al linguaggio criptico degli sms telefonici, tanto in voga tra i giovani.
Per l'articolo di Repubblica: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/08/13/news/manoscritto_commenti-6268882/?ref=HREC1-4

Adesso vorrei fare un gioco. Offro una birra (virtuale) a chi mi sa dire cosa sia il testo che segue e ne dia la traduzione.

INF



Smpr cr mfù qst erm cll e qst spe ke da tnt prt d lultim oriznt il guard escld

Ma sdnd e mirnd, intermnt spz a dila dqll e sovrmn slz e prfondxma qite

io nl pnser mi fng ove pr poc l cor nn s spaur...
...

[Pvr Lprd, si strà rivltnd nll tmb!]

martedì 10 agosto 2010

Quella notte di San Lorenzo in Puglia

Oggi è' il 10 agosto, San Lorenzo. Da questa sera potremo scrutare l’orizzonte verso nord-est per cominciare a vedere le stelle cadenti , dette anche le “lacrime” di San Lorenzo, che gli astronomi hanno soprannominato Perseidi e che, disintegrandosi contro la nostra atmosfera, formano dei bellissimi fasci di luce. C'è una spiegazione astronomica che ha a che fare con la costellazione di Perseo dietro questa tradizione popolare. Pare infatti che proprio da lì provengano gli sciami di micro meteoriti che penetrano l'atmosfera terrestre e bruciano lasciando la famosa scia. Sempre secondo la tradizione, avvistare una stella cadente porterebbe fortuna, ma intanto, superstizioni a parte, tutti con il naso all'insù, soprattutto nella notte del 12. Sì perchè l'apice degli avvistamenti è atteso con un po' di ritardo sulla data canonica. Accetto scommesse che nella notte di giovedi (il 12) in cielo ci saranno un sacco di nuvole e magari anche qualche temporale, giusto per gradire e rapinarci del piacere di vedere le stelle cadenti.
Non fu così in quella notte di parecchi anni fa, in Puglia, tra Brindisi e Lecce. Ero in vacanza con la mia famiglia. Le mie bambine erano piccoline, quindi parlo di una quindicina almeno di anni fa, forse venti. Le piccole furono affidate ad una baby sitter, mentre io e mia moglie andammo a trovare dei nostri amici, anch'essi in vacanza da quelle parti. Noi stavamo in Salento, loro più a nord nel brindisino e quindi ci demmo appuntamento a Oria, uno splendido paesino medievale con una bella cinta muraria. Ad Oria si tiene ogni anno una rievocazione storica in costume piuttosto bella e ben curata. Ricordo che allora per reperire i figuranti che dovevano impersonare personaggi arabi o di colore, le comparse venivano reclutate presso la base militare americana che c'è da quelle parti. Suppongo che adesso con la massiccia immigrazione per gli organizzatopri ci sia solo l'imbarazzo della scelta fra i vari lavoratori stranieri della zona. Cambiano i tempi...
Ebbene, quella sera andammo a cena con i nostri amici in un agriturismo; da quelle parti sono molto diffuse le masserie ovvero vecchie case di campagna padronali poi rimodernate e restaurate per scopi turistici, dove mangiammo le prelibatezze tipiche della zona. Ricordo ancora una fantastica caponata di melanzane, patate e peperoni che mi fa tuttora venire l'acquolina in bocca.... Dopo cena, era notte ormai avanzata, uscimmo a fare una passeggiata per le stradine di campagna. Tutto intorno non c'era anima viva, lì la campagna è molto poco abitata a differenza delle mie parti, dove ogni poche centinaia di metri c'è una casa di contadini. Insomma illuminazione zero e rumori ancora meno. Una quiete quasi sovrumana e innaturale per dei cittadini come noi, sempre assillati dai rumori e dalle luci della città. Quando parlando si usa il paradosso del rumore del silenzio non si dice una sciocchezza. E' proprio così: più si è abituati ad un costante rumore di sottofondo, più il silenzio ci coglie di sorpresa e ci stupisce.
Era proprio la notte di San Lorenzo e ci distendemmo tutti a terra in un campo, pancia all'aria, guardando il cielo stellato. L'aria era limpidissima e appena scossa da una leggera brezza di vento caldo ad addolcire l'aria, nonostante l'ora nottura. Le stelle erano lì, sembrava quasi di poterle toccare allungando una mano.  Anzi la forma allungata e fittamente costellata di luci sullo sfondo nerissimo con cui erano disposte, a sciame, faceva proprio venire in mente la Via Lattea. Come se qualcuno avesse erroneamente versato del latte su un pavimento nero. Fantastico.
Rimanemmo là ad ammirar le stelle per una buona mezz'ora, con quella leggera brezza a farci compagnia. Una notte magica e indimenticabile con un intrecciarsi di discorsi non sempre lucidissimi (il vino rosso pugliese non perdona...) Ci mancava solo qualche canna... e poi saremmo stati pronti ad avvistare anche un Ufo in ricognizione sulla Puglia.... 
Ma se la memoria non mi inganna, di stelle cadenti ne abbiamo viste ben poche in quella magica notte di San Lorenzo.

Siamo tutti dei vigliacchi?

Adriano Sofri, in un articolo pubblicato da Repubblica domenica 8 agosto, pone un problema molto interessante prendendo lo spunto da un triste fatto di cronaca dei giorni scorsi verificatosi a Milano. Quello del pugile ucraino fuori di testa lasciato dalla fidanzata che per sfogare la propria rabbia si è scagliato sulla prima donna che passava fino ad ammazzarla a pugni. Una storiaccia tremenda su cui ho anche scritto qualcosa qui sul blog. La domanda che si poneva Sofri era questa: "cosa avrei fatto io se mi fossi trovato ad essere testimone dell'aggressione"? Ovvero, quando si legge sui giornali che i testimoni di qualche episodio delittuoso sono rimasti impassibili o non sono intervenuti in difesa della vittima, sono da condannare tout court oppure hanno delle attenuanti legittime a giustificazione della loro passività? Articolo completo:
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/08/08/news/noi_uomini_vigliacchi_rileggiamo_cuore-6147135/index.html?ref=search

Bel problema. Di coscienza e non solo di coscienza. Mettersi in mezzo per dividere due che se le danno di santa ragione è sempre un rischio. Di beccarsi qualche pugno per lo meno. Ancora peggio nel caso in questione dove a picchiarsi reciprocamente con inaudita violenza non erano due o più , ma uno solo e, per giunta, l'energumeno/pugile era letteralmente fuori di testa al punto che sarebbe stato un vero suicidio tentare di intervenire. Mi pare che siano occorsi sette otto poliziotti per immobilizzare il pugile. Ma il problema posto è chiaro: in genere, che fare, come comportarsi? Un dilemma che può essere lacerante se affrontato con profondità e magari mettendosi nei panni della vittima o pensando che essa potrebbe essere un proprio famigliare.
A me è successo due volte di trovarmi in situazioni del genere. In entrambi i casi sono intervenuto senza pensarci un attimo, d'impulso. Ma erano altri tempi, quando ero più giovane, ero in forma, allenato (giocavo a rugby o avevo da poco appeso le scarpe al chiodo) e non avevo paura di nulla e di nessuno. Si trattò di uno scippo in motorino di due tossici ai danni di una signora per le vie del centro. Mi piazzai in mezzo alla strada e placcai i due sul motorino facendoli finire a terra. Dopodichè intervennero due poliziotti in borghese che passavano casualmente da quelle parti. Un'altra volta intervenni per difendere un anziano che erano finito sotto le grinfie di un mezzo matto ubriaco che lo stava malmenando sbattendolo contro la vetrina di un negozio per chissà quale motivo. Lo presi e lo immobilizzai, anche con una certa facilità. Ma a ripensarci dopo, sia allora che adesso a distanza di anni, mi chiedo se abbia fatto la cosa giusta o la più saggia. In altre parole se non mi sia comportato da incoscente. Se i due in motorino, una volta placcati si fossero fatti male cadendo, di chi sarebbe stata la colpa? Mia? Che tipo di responsabilità ci si assume in quei casi? Se il bruto che stava malmenando l'anziano fosse stato armato di un coltello come sarebbe finita? Ma anche, di riflesso: come sarebbe finita per l'anziano se non lo avessi difeso io?
Comunque la si guardi, la faccenda presenta angolature contraddittorie e variamente pericolose. Ma con un denominatore comune: per chi interviene c'è il rischio di mettersi nei guai legalmente oltre che farsi del male fisicamente.
Se situazioni simili dovessero ripresentarsi adesso che non sono più quello di una volta, francamente non so davvero come reagirei. Credo che la prudenza e l'istinto di autoconservazione finirebbero per prevalere. E come nel mio caso, così per tante altre persone. Tutti vigliacchi che non accorrono in difesa di chi ne ha bisogno? Che al massimo afferrano il telefonino per chiamare la polizia o i carabinieri? Tutti colpevoli di viltà e insensibilità civile? Il buon senso suggerirebbe di no. Eppure provate a leggere gli articoli dei giornali o ad ascoltare attentamente i servizi dei telegiornali. Ricorre sempre con puntualità la scontata osservazione del cronista che denuncia l'indifferenza dei passanti di fronte all'evento delittuoso. Indifferenza o si dovrebbe piuttosto parlare di impotenza e incapacità di intervenire? Incapacità oggettiva di mettersi in mezzo e usare la forza. Non è che uno sia naturalmente avvezzo a usare la forza in determinati frangenti. Questione di pura forza fisica, ma anche di mentalità, di coraggio, di educazione e di cultura. Come diceva Don Abbondio alle prese con i Bravi dell'Innominato: uno il coraggio se non ce l'ha mica se lo può inventare. E se il coraggio non si improvvisa, figuriamoci la capacità di usare la forza. Ma questo fa di tutti noi dei vigliacchi agli occhi del benpensate politically correct o del ligio giornalista di turno?
.

domenica 8 agosto 2010

Traffico? Viva la moto!

Ieri giro in moto in barba al traffico, all'esodo di ferragosto e alle code in autostrada. Percorsi alternativi, strade semideserte (ma sono tutti in autostrada??), paesaggi fantastici in una splendida giornata di sole e di caldo non opprimente.
Percorso: Padova-Castelfranco Veneto-Agordo-Passo Duran (Dolomiti bellunesi, quota 1.600 metri)-Forno di Zoldo-Longarone-Vittorio Veneto-Mestre-Padova. Totale: poco più di 300 km con soste per uno spuntino in rifugio a Passo Duran, un buon toscano e un po' di relax per sgranchirsi le gambe (nella foto, sullo sfondo, il Monte Pelmo visto dal versante sud). Altra sosta a Longarone per un gelato (la zona è famosa per i maestri gelatai, con rinomata fiera internazionale) e rientro alla base.
Ho avuto anche il tempo di passare a salutare la mia amica M. che lavora anche di sabato e che ho beccato al volo cercando di portarle via meno tempo possibile (un salutone se mi stai leggendo sul blog).
Nota simpatica, un episodio che mi è successo durante un rifornimento di benzina a Conegliano. Si ferma una golf con una persona straniera alla guida. Italiano stentato, con accento francese. Mi dice che che deve andare a Corvara, ma si è perso e non ha neppure una carta stradale perchè si affidava al navigatore satellitare. Ma allora dov'è il problema?, gli chiedo. Il navigatore si è guastato... Peccato che stesse andando nella direzione sbagliata, a sud verso Treviso. Ho rispolverato le mie risicate conoscenze di francese studiato a scuola "qualche" anno fa e gli ho spiegato che Corvara in Badia era dalla parte opposta e che gli sarebbero occorse non meno di 3 ore di strade di montagna, forse più, per arrivarci. Traffico dei vacanzieri permettendo. Ha sgranato gli occhi ed ho dovuto mostrargli la cartina per spiegargli bene la situazione. Alla fine la cartina gliel'ho regalata, poveraccio. A buon rendere. Vive la France. Anzi no, mi ha spiegato che era del Cameroun, dove giustamente si parla francese. E allora, Vive le Cameroun!

Storie di ordinaria follia 2

Sono giorni di fuoco per il traffico. Tutti partono, tutti vanno in vacanza: è l'esodo di Ferragosto. Tutti? A dire il vero le statistiche dicono che la crisi economica frena gli italiani e li spinge a limitare le ferie o a restare a casa. Comprensibile che solo il 40% lasci le città e vada al mare o in montagna. Se si fa fatica ad arrivare alla fine del mese, come si può pensare di andare in vacanza? O si fanno debiti o non si fanno le vacanze e basta. Oppure si fa la gita da pendolari. In un modo o nell'altro in questi fine settimana le autostrade sono un inferno. Con eccessi allucinanti. L'altro giorno in A4 all'altezza di San Donà (direzione Trieste) gli automobilisti incolonnati hanno insultato e preso a sputi gli operai che stavano lavorando per rifare l'asfalto che il giorno prima si era squagliato in seguito al rogo causato da un incidente fra tir (con morti carbonizzati). Interventi urgentissimi per ripristinare il manto stradale, non rimandabili ed effettuati a tempo di record proprio per permettere un transito regolare nel tratto danneggiato. http://www.regione.veneto.it/Notizie/Primo+Piano/Sputi+e+insulti+agli+operai+in+autostrada.htm
Ciononostante gli automobilisti incazzati per gli incolonnamenti se la sono presa con gli operai, colpevoli chissà di che cosa. E giù sputi e insulti. Oltretutto dimostrando una bella dose di vigliaccheria, perchè naturalmente lo sputo parte nel momento in cui la colonna di auto riparte e si allontana dalle vittime a scanso di eventuali e legittime reazioni. Incredibile ma vero, qualcuno ha tentato anche una giustificazione del gesto incivile: "è la solita storia dei cantieri infiniti e dei lavori che si dovrebbero fare di notte, quando c'è meno traffico". Giusto, verissimo. Ma in questo caso era un'emergenza e soprattutto che colpa ne hanno gli operai? Caso mai le responsabilità saranno di chi gestisce i cantieri. O no?
Ma chiedere di ragionare a una strana tipologia di essere umano come è l'automobilista "ncazzato nero" e per di più in coda (Gioele Dix insegna...) è pura utopia, se di base non c'è un diffuso e naturale senso civico e di rispetto per gli altri. L'importante è sfogarsi sul primo malcapitato a portata di sputo. Il vero macho al volante si incazza e reagisce! A prescindere.
.

venerdì 6 agosto 2010

Storia di ordinaria follia

La fidanzata lo lascia: lui scende in strada e massacra la prima donna che incontra

Un giovane ucraino, che per hobby fa il pugile, picchia una passante filippina. La donna è in fin di vita
Notizia completa: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_agosto_6/pugile-passante-aggressione-milano-1703532590251.shtml?fr=box_primopiano
 
Ma esiste una situazione più diabolicamente predestinata di questa in cui "il primo che passa", cioè per definizione il concetto di casualità più assoluta, viene coinvolto in una vicenda che non lo riguarda affatto e ne rimane vittima? Sembra un concatenarsi di eventi studiati a tavolino appositamente per dimostrare quanto poco ci voglia per cambiare la propria vita senza poterci fare nulla. Allucinante.
Ma non basta. Come non ripercorrere la lunga serie di notizie degli ultimi mesi in cui un marito, un fidanzato, un amante tradito o solo abbandonato si vendicano dando la morte alla donna che li ha lasciati? Nel caso di Milano addirittura si tratta di una donna qualsiasi,la cui unica colpa era di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma pur sempre donna e in quanto tale da punire per sfogare la propria rabbia di maschio abbandonato. Da dove nasce questa perversa e allucinante arroganza che porta questi uomini a pensare di poter decidere della vita e della morte delle proprie ex compagne di vita? Qual è la molla che porta a distribuire la morte in questo modo?
Non lo so, ma in questi casi mi vergogno di essere un uomo.
.
[Nota. Purtroppo nel corso della giornata le cronache riferiscono che la povera donna è morta]

domenica 1 agosto 2010

Jack

La prima volta che ho incontrato Jack è stato un impatto mica da poco. Quella volta rientrai a casa poco prima di cena aprendo con le chiavi, senza suonare il campanello. Ho aperto la porta all'improvviso e Jack rimase un po' spiazzato per la sorpresa di vedersi comparire qualcuno alle spalle. Si voltò di scatto con una faccia niente affatto rassicurante. Grande e grosso e per lo più nero come il carbone è un tipaccio che incute un po' di timore reverenziale. Anche se poi, conoscendolo, si rivela un pezzo di pane. Succede sempre così per noi grandi e grossi, incutiamo un certo timore, ma poi ci riveliamo per quello che siamo in realtà: dei bravi ragazzi. Guai se non fosse così. Metti il carattere di un piccoletto in uno grande e grosso e il più delle volte bisognerebbe rinchiuderlo sotto chiave. Il fatto è che noi grandi e grossi non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, mentre i piccoletti sono sempre lì a rincorrere una reputazione e un'attenzione che pochi danno loro per scontate e spontaneamente. E' il destino dei piccoletti, ad ogni livello. Certo è che io e Jack facciamo una bella coppia (modestia a parte).

Insomma, Jack doveva rimanere ospite a casa solo per qualche giorno, poichè dove stava prima, da Gianluca (il moroso di mia figlia), non era più gradito e gli avevano posto l'aut aut. Anzi no: fuori di casa, punto e basta. Come il pesce, al terzo giorno l'ospite puzza, recita il proverbio. Ormai era a casa. Come si fa a dire di no? Mica si può lasciarlo in mezzo a una strada, povero Jack. Un po' di umanità. Da allora sono passati due anni (era agosto del 2008) e Jack è ancora qua a casa mia. Ormai è uno di famiglia, un posto che si è conquistato con la forza della sua simpatia e della sua indole pacifica. A dispetto del suo aspetto, come detto. I primi tempi chi lo incontrava in ascensore aveva visibilmente delle reazioni poco simpatiche. Grande e grosso e nero. Non tutti hanno la capacità e la sensibilità di entrare in sintonia con un tipo così e molto spesso non fanno nulla per non farlo vedere. E francamente è abbastanza imbarazzante. Il discorso sui pregiudizi e la paura del "nero" sarebbe lungo e ci porterebbe lontano... ma mi ha sempre dato fastidio che il fatto che sia nero crei una barriera emotiva. Con Jack si sta bene insieme, non ti dice mai di no ed è sempre disponibile. Non si tira mai indietro e sa come dimostrare il suo affetto e riconoscenza. Certo a volte ci vuole una buona dose di pazienza. Non è esente da difetti come del resto chiunque altro. Per esempio puzza un po', ma non perchè non ci tenga all'igiene personale e non si lavi mai, anzi passa ore a pulirsi e sistemarsi, ma semplicemente perchè è il suo odore naturale. Prendere o lasciare. Certo è che dopo un bel bagno è tutt'altra cosa. Ma dura poco, il suo odore prende facilmente il sopravvento.
Dicevo che Jack avrebbe dovuto rimanere con noi solo per qualche giorno, ma poi è finita che si è stabilito a casa ed è ormai uno di famiglia. Credo che nessuno di noi potrebbe ormai pensare di mandarlo via. Anche perchè dove potrebbe andare? Non è mica facile trovare un'altra sistemazione. Dove? In un istituto? In un ricovero per senza-casa? No, impossibile. Mi ci sono affezionato e per quanto mi riguarda a casa mia avrà sempre un tozzo di pane e un po' d'acqua fresca a sua disposizione. Anche se a dire il vero l'alimentazione è sempre stato il suo problema. Grande e grosso, ma tanto delicato dal punto di vista salute. Pare che abbia delle intolleranze alimentari. Le proteine della carne e quindi anche dei derivati gli fanno malissimo. Finisce che la pelle si irrita e si infiamma, si creano delle bolle che si infettano e si riempiono di pus. Specie nelle orecchie. Cosa che ovviamente fa male, molto male. Inutile il giro di svariati medici e tutta una serie di analisi specifiche. Le indicazioni ricevute sono sempre le stesse: niente carne e derivati. L'alternativa è il pesce. Con tutto quello che mangia il signorino, trattarlo a pesce è anche una bella spesa. Ma l'ospite è sacro e non potrei mai obbligarlo ammangiare qualcosa che gli facesse male, non sono così venbale. A me oltretutto il pesce fa schifo e il solo odore mi fa quasi venire la nausea. Quando preparo la cena mi tocca tapparmi il naso. Sì perchè, Jack ha tanti pregi, ma sulle piccole cose quotidiane è un disastro. Mi tocca preparargli da mangiare, lui non muove un dito. E' a mangiare, però non lo batte nessuno. Anzi è proprio un mangione (anche in questo siamo molto simili...). Non so come faccia a divorare tutto quello che ha davanti in un battibaleno. A volte butta giù tutto quasi senza masticare. Finisce prima di tutti gli altri e poi si mette a guardarti mangiare con insistenza. Imbarazzante. Da piccolo non devono avergli insegnato nulla. Inutile dirgli di andar piano e masticare lentamente. Non ascolta neanche un po' e continua a fare di testa sua. Ma Jack è così, prendere o lasciare. Salvo poi vomitare tutto, quando esagera veramente. Uno schifo. Qualche volta proprio esagera e allora gli urlo dietro che la deve smettere di mangiare in quel modo. Ma mi dicono che tutti quelli della sua razza usano mangiare allo stesso modo. Non voglio fare discriminazioni razziali ma c'è un limite a tutto. E' come sbattere contro un muro, non c'è niente da fare. La sua ostinazione caratteriale emerge prepotente anche quando si va a fare una passeggiata al mare o in campagna. Inutile sperare che non si butti in acqua senza badare alla temperatura, che sia estate o inverno, se sia acqua pulita o stagnante. Mare, lago o fosso per lui non fa differenza. Come faccia non lo so, francamente. A me fa schifo solo a vederla l'acqua stagnante dei fossi in campagna, ma a lui non sembra fare alcun effetto. E' visibilmente felice a sguazzare nell'acqua e bisogna dire che nuota con un certo stile, istintivo, ma efficace. Una volta, eravamo al mare in inverno, decide di buttarsi dal molo, nonostante la temperatura proibitiva.Inutile dire che gli avevo raccomandato di non farlo. Era febbraio, in una giornbata cupa e gelida. Ma lui fa lo spaccone e si butta ugualmente. I problemi cominciano quando tenta di risalire perchè il molo è protetto dai massi frangiflutti che sono resi viscidi dalle alghe. Non riesce a fare presa e scivola cadendo nuovamente in acqua ad ogni tentativo. Stavo già pensando di dovermi tuffare anch'io per dargli una mano quando a forza di urlargli di spostarsi e scegliere un diverso approdo, vedo che faticosamente riesce a tirarsi su. Che spavento. Un'altro po' e sarebbe morto assiderato, quell'incosciente. A volte credo che faccia finta di non capire per continuare a fare i suoi comodi. Che faccia tosta.
Ma Jack sa farsi voler bene nonostante il suo carattere spavaldo e testardo, la sua fame atavica e l'assoluta mancanza di buone maniere. Quando usciamo iunsieme e andiamo a fare due passi è da ammirare. E' proprio bello e attira gli sguardi di tutti e io me lo tengo vicino con orgoglio. Certo, qualcuno continua a guardarlo male per via che è nero e imponente, ma chi ha imparato a conoscerlo ormai non ci fa più caso. La gente è diffidente per preconcetto, ma poi spesso cambia atteggiamento quando si accorge che il colore e l'aspetto sono particolari secondari e ciò che conta è l'individuo e la sua bontà.
.

Questo è Jack Labrador, il mio amico cane (uno dei rari casi di cane con un nome e cognome).