Giustizia privata
regia di F. Gary Gray, con Gerard Butler, Jamie Foxx.
Voto: 2,5 su 5
Film di genere, della serie "e adesso mi faccio giustizia da solo", del brav'uomo che subisce un'atroce ingiustizia senza ricevere giustizia, che s'incazza di brutto e si scatena in una vendetta spietata. Quanti ne abbiamo visti di film così? Decine, a cominciare dal mitico Charles Bronson degli anni 70. Il film è tutto qui, i trailers annunciano già tutto quello che c'è da vedere. Per gli amanti del genere è senz'altro da consigliare, sebbene la vicenda assuma risvolti poco credibili e assolutamente irreali. Non manca comunque di essere un film avvincente e spettacolare.
Ma è l'argomento trattato che merita qualche considerazione, perchè va a toccare qualche nervo scoperto soprattutto nella nostra Italia di questi anni.
Succede che i cattivi di turno, una volta presi dalla polizia vengono processati e per via di particolari meccanismi processuali vigenti in America, uno dei due patteggi la pena scaricando colpe e responsabilità sul complice, cavandosela con soli tre anni di carcere. Mentre l'altro, quello meno trucido, si becca la condanna a morte. Insomma con una condanna a morte -eseguita- di mezzo, tutto si può dire tranne che si tratti di giustizia che non funziona o che sia troppo indulgente con i colpevoli. Invece il filo conduttore del film è proprio questo. Con il bravo corollario di accuse ai giudici che sono troppo buonisti, troppo rispettosi dei diritti civili degli imputati, di leggi e di regolamenti e via dicendo.
Cosa vi ricordano questi discorsi? E' esattamente quello che si sente dire in Italia da anni, da troppo tempo, da quando una certa mentalità forcaiola e giustizialista si è fatta strada nell'opinione pubblica. Da quando l'amministrazione della giustizia è sempre più in affanno, da quando indulti e condoni si succedono più per mascherare manchevolezze o inadeguatezze del sistema che per spirito di indulgenza. Col risultato che basta ascoltare i discorsi che si fanno in giro o che si leggono su certi giornali o sono strombazzati da certi politici abili a cavalcare il malcontento popolare, per scoprire che gli italiani sono o sarebbero inclini a farsi giustizia da soli invece di affidarsi alla legge. Salvo poi constatare che quegli stessi politici si guardano bene dal mettere mano alle leggi come sarebbe loro compito di legislatori parlamentari. Molto più comodo scaricare responsabilità su giudici e magistrati che assumersele in prima persona, le responsabilità....
Dunque il desiderio di forca e di grossolana giustizia sommaria, senza andare troppo per il sottile, è comune sia nei paesi come l'America dove le condanne a morte già fioccano quasi quotidianamente, come pure nei paesi come l'Italia che sono decisamente più "morbidi" verso i delinquenti e dove soprattutto esiste la convinzione che esista una specie di impunità per chi delinque. Ergo: non è la pena di morte tanto spesso invocata dai "duri e puri" a cambiare lo stato delle cose e il comune sentire dell'opinione pubblica, bensì la certezza delle pene. Ovvero un delitto non può rimanere impunito o non adeguatamente punito per cavilli legali o alchimie processuali. E non si tratta certamente di buonismo, vero o presunto. Non è ammissibile che vi siano scorciatoie da imboccare per evitare una giusta pena che sia commisurata alla gravità del delitto. Occorre fare esempi? Basti pensare alle stragi compiute da ubriachi e drogati al volante, i cui colpevoli sono al massimo perseguibili per omicidio colposo e se la cavano con pochi anni di galera (e neanche sempre). Una vita presa e spezzata merita rispetto prima di tutto verso la stessa vittima e poi anche verso i suoi familiari, che con una giustizia giusta e che funziona non riavranno in vita il loro caro, ma certamente non si troveranno di fronte per strada il colpevole dopo solo una paio di anni di galera, se non addirittura prima. Pronto a ricominciare.
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