domenica 15 agosto 2010

La tragedia dell'uomo senza ombra

Lettera al mio giudice
di Georges Simenon


Dopo aver da poco letto "La camera azzurra", inevitabile andare a collegare questo Lettera al mio giudice. In effetti una liaison ideale della tematica che accomuna i due libri è piuttosto evidente. Entrambe le storie sono una rievocazione epistolare a posteriori di fatti che hanno avuto un tragico esito, sebbene differenziate tra loro dall'autore dell'efferato delitto che sta alla base degli avvenimenti. Ma la caratterizzazione dei personaggi è ben diversa. Tanto è lirico e coinvolgente il racconto del protagonista de "La camera azzurra", tanto è -all'opposto- irritante la rievocazione/confessione dell'omicida di "Lettera al mio giudice". Nel primo si instaura un legame di simpatia-empatia con il protagonista; nel secondo invece la sensazione è quella di rifiuto e di ostilità verso il personaggio principale. Il medico omicida della giovane Martine è privo di giustificazioni, sia pur paradossalmente valide, che possano giustificare il suo gesto estremo. Un gesto assurdo e arrogante compiuto con evidente disprezzo per la figura femminile che viene dominata, nella vita come nella morte, dall'amante-assassino. L'uomo-senza-ombra dalla vita banale, succube e senza emozioni, uccide la sua amante non riuscendo a liberarsi di un'assurda gelosia che in realtà è dominio puro, possesso del corpo e dell'anima della sua indifesa e giovane amante. Una sostanziale indeguatezza dell'uomo che finisce per eliminare la causa della propria limitatezza. Quanti sono gli uomini senza ombra che ci vivono attorno. Quanti sono gli uomini che usano la forza e la violenza verso le donne. E forse non siamo noi stessi da qualche parte del nostro cuore  o della nostra coscienza degli uomini senza ombra? E quante volte ci capita di leggere di delitti che hanno come vittime le figure femminile che hanno la sventura di venire a contatto con questi uomini senza ombra?
Al centro del libro, ovviamente, non c'è un delitto (che emerge solo nel finale, anche se largamente annunciato), ma un uomo. Debole, vile, abbastanza spregevole, ma pur sempre con i sentimenti di un uomo. Simenon come sempre non condanna, ma descrive divinamente i personaggi, le atmosfere, le sensazioni. Col risultato di condannare le istituzioni che inquadra nel suo mirino: il matrimonio, la giustizia, i media, il mondo borghese perbenista e bigotto. In fondo ed è quasi un paradosso, anche l'amore, che per lo scrittore sembra perennemente apportatore di sciagure (eccetto quello mercenario). Imperdibile.

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