martedì 8 ottobre 2013

Film visti. Gravity, naufraghi nello spazio

Gravity

Regia di Alfonso Cuarón. 
Con Sandra Bullock, George Clooney.

[Voto: 4 su 5]

Si dice fantascienza e si pensa al futuro, agli alieni, a mondi nuovi e inesplorati. Invece no. Non in questo film di Alfonso Cuaròn. Perchè, pur appartenendo formalmente al filone sci-fiction con astronavi e astronauti, si tratta di una storia dei giorni nostri, o potrebbe addirittura essere un pezzo di storia passata. Una cosa simile l'abbiamo già vista con Apollo 13, un film del 1995, diretto da Ron Howard sulla disavventura della navicella americana in procinto di arrivare sulla Luna e costretta a rientrare precipitosamente sulla Terra per dei guasti irreparabili ("Houston, abbiamo un problema..."). 
La storia è semplicissima. Gli astronauti Ryan Stone (Sandra Bullock) e Matt Kowalsky (George Clooney) lavorano ad alcune riparazioni di una stazione orbitante nello spazio quando uno sciame di detriti formatisi dalla distruzione fortuita di satelliti orbitanti intorno alla terra, distrugge la loro stazione, fa a pezzi lo Shuttle e li lascia a vagare nello spazio nel disperato tentativo di sopravvivere e trovare una maniera per tornare sulla Terra. Due personaggi, una vicenda ridotta all'osso. L'ideale per mettere i personaggi di fronte a situazioni estreme. Lo spazio, il vuoto assoluto, l'assenza di gravità, la perdita dei punti di riferimento e dei contatti con il centro di controllo a terra. Come se all'improvviso fosse venuto meno il rassicurante apporto del cordone ombelicale che lega i due astronauti alla madre Terra. Soli, abbandonati nello spazio, con l'ossigeno in esaurimento e nessuno aiuto in arrivo. Due naufraghi su una barca nell'oceano, in balia delle onde. Due disperati a piedi nella vastità di un deserto con poche gocce d'acqua a disposizione. Questo è Gravity di Cuaron. L'occasione per sfoggiare incredibili effetti visivi della messa in scena, tutta in computer grafica e realistica ai massimi livelli immaginabili. Una fotografia sfolgorante e magica, nel mio caso rovinata dalla visione obbligata in 3D con relativi occhialetti. Ma c'è anche la versione 2D, che personalmente preferisco, sempre se disponibile al cinema. Ma le qualità di Gravity stanno anche nel saper affrontare temi non solo spettacolari, ma anche umanistici e filosofici: l'uomo deve combattere contro avversità naturali o diabolicamente disseminate dal caso facendo affidamento sulle sue risorse e sul suo ingegno, senza perdersi di coraggio e scommettendo sulla propria capacità di razionalizzare i problemi e le difficoltà. Questo non senza fare i conti con il proprio passato, naturalmente doloroso e tragico, che per tutta la vita si è cercato di affrontare e combattere anche affrontando grandi imprese. Ad vedersela con tutte queste prove è lei, la dottoressa Stone, figura femminile della storia. Lui  invece, Kowalsky/Clooney, è il tipico maschio yankee un po' cowboy e un po' dandy, un po' sbruffone e un po' simpatica canaglia. Questa femminina presenza infonde fiducia e rasserena in qualche modo lo spettatore trasformando lo scoramento della dottoressa Stone di fronte alle sventure a raffica che le capitano nella sua forza. Scoramento e forza, passione e risurrezione. Paura e coraggio, disperazione e fiducia. I due estremi che si affrontano. Come nello spazio dove freddo estremo e caldo infuocato o buio profondo e luce accecante si fronteggiano e si alternano. Tutto questo è Gravity.