martedì 17 settembre 2013

Neologismi e anglicismi... Parbuckling

Parbuckling
Significato 1. A rope sling for rolling cylindrical objects up or down an inclined plane (trad.: un'imbracatura per rotolare oggetti cilindrici su o in giù lungo un piano inclinato).

Da oggi parbuckling entra a far parte della lingua italiana corrente, quella che comprende i neologismi più comuni o gli anglicismi più usati. Parbuckling assurge agli onori della cronaca e del lessico con la titanica operazione di ribaltamento della nave da crociera Costa Concordia naufragata sugli scogli dell' Isola del Giglio. Tra ieri e oggi è stata fatta rotolare su un fianco e rimessa in condizioni di galleggiamento. Per tale operazione in lingua inglese si usa, per l'appunto, il termine marinaresco "parbuckling", riferito originariamente al rotolamento di pesanti botti su un piano inclinato fino a far loro raggiungere la posizione voluta. La stessa cosa che è stata fatta con la Costa Concordia.


Cliccare per ingrandire l'immagine


E' pressoché inevitabile che la parola "parbuckling" vada in breve ad affiancare altri neologismi come "board meeting", "debriefing", "brunch", "brain storming" e centinaia di altri che sono ormai entrati di diritto nel dizionario di molti italiani che amano dare un'immagine moderna e dinamica di sé. A mio avviso il termine italiano che meglio esprime la manovra fatta con il transatlantico della Costa armatrice è "ribaltamento". La nave è stata fatta rotolare sul proprio asse fino a far emergere la parte sommersa recuperando l'originario assetto di galleggiamento. E' stata quindi ribaltata di quasi 90 gradi. Oltretutto il termine riprende il più specifico "ribalta" ossia, su un palcoscenico teatrale, il bordo del proscenio, la parte più protesa verso la platea; delimita il palcoscenico stesso ed è la sezione più in vista dal lato del pubblico. In senso lato, la nave è stata riportata alla vista nella parte fino ad allora nascosta perché sotto la superficie dell'acqua.  Da qui a mio avviso il termine ribaltamento come il più corretto per l'uso in lingua italiana.
Video accelerato (anglicismo: timelapse) del parbuckling della Costa Concordia:  http://www.linkiesta.it/costa-concordia-parbuckling-timelapse

Da qui a breve sono attesi anche utilizzi più acrobatici della parola "parbuckling" mutuandola nel linguaggio comune, giornalistico o politico (dove i ribaltamenti sono roba di tutti i giorni...), soprattutto in questa fase in cui non tutti sanno cosa vuol dire e quindi taluni potranno utilizzarla a sproposito, giusto per darsi un tono. Quindi, qualora ci si trovasse con qualcuno che disinvoltamente utilizzasse il termine parbuckling nel mezzo della conversazione...  tranquilli, non è un'offesa!

lunedì 16 settembre 2013

Film visti. Il potere dei soldi

IL POTERE DEI SOLDI
Regia di Robert Luketic. 
Con Liam Hemsworth, Harrison Ford, Gary Oldman, Amber Heard, Richard Dreyfuss.

[Voto: 2 su 5]

Un filmettino, niente di più. Con un grande cast -sprecato- di grossi nomi ( Harrison Ford, Gary Oldman, Richard Dreyfuss) e un paio di emergenti dalle facce "giuste&bellocce" (Liam Hemsworth,  Amber Heard). Risultato sbiadito e trascurabile.

Adam Cassidy (Liam Hemsworth) è un giovane ambizioso e talentuoso, che vorrebbe far carriera in una grande azienda multinazionale di telecomunicazioni e lasciarsi alle spalle i problemi economici che affliggono la sua famiglia. Una bravata, per ripicca al licenziamento subito, lo mette però in un guaio più grande di lui. Il magnate Wyatt, suo ex datore di lavoro, lo ricatta obbligandolo a farsi assumere dalla concorrenza per rubare il prototipo di un nuovo telefono che rivoluzionerà il mercato. Adam non ha scelta. Spionaggio industriale o galera per truffa, ma gli altri -veri squali- non hanno scrupoli di sorta. 

Amber Heard
Amber Heard
In mezzo ci sta il tentativo di delineare un ambiente (due grandi multinazionali ipertecnologiche) e dei personaggi (i due mega boss, il loro plaudente entourage, il vecchio padre del rampante protagonista). Il risultato è goffo e raffazzonato, sia pure in carta patinata. Il vecchio padre è impersonato da Richard Dreyfuss, che agli occhi di tutti, figlio compreso, ha la grave colpa di aver fatto per 32 anni lo stesso misero lavoro di guardia giurata, ritrovandosi alla fine pensionato, ammalato e solo, e per di più con un figlio che lo disprezza. Ed è proprio l'esempio negativo del padre a spingere il giovane ingegnere elettronico a tentare l'impossibile, spionaggio indiustriale compreso, pur di raggiungere il successo, senza del quale evidentemente non si possono avere auto di lusso e appartamenti da mille e una notte. Immancabile anche la figura della belloccia di turno un po' vacca (Amber Heard) che, finchè il giovane Hemsworth è uno sconosciuto squattrinato non lo reputa all'altezza di una relazione che vada oltre il sesso occasionale di una notte, ma quando comincia a scalare a montagna del successo improvvisamente si ritrova perdutamente innamorata di lui. E qualcuno oserebbe forse affermare che il potere dei soldi non esiste? Avercene.....!!!

Il film, forse per tardivi scrupoli di coscienza, raddrizza la mira in extremis e dopo aver in lungo e largo osannato il mito tipicamente americano della ricerca del successo come unico scopo di vita, vira di brutto finendo col dirci che tutto sommato l'onestà del vecchio e cencioso padre di Hemsworth vale di più della ricca, ma disonesta vita dei boss delle multinazionali. Bah...
Finale moralistico e stucchevole. Più happy end di così non si può. 

E naturalmente tutti vissero felici e contenti...



giovedì 12 settembre 2013

DIO senza "D" = io (uno slogan da applausi)

Polemiche roventi a Verona per questo manifesto proposto da UAAR (Unione degli Atei Agnostici Razionalisti). Link: http://www.uaar.it/news/2013/09/10/censura-verona-giunta-vieta-manifesti-uaar/

Dio senza "D" =  io

Trasmettono un messaggio “potenzialmente lesivo nei confronti di qualsiasi religione”. È quello che la giunta a guida leghista del Comune di Verona pensa dei manifesti Uaar. E quindi, nonostante questi fossero già stampati nel rispetto di tutti i regolamenti comunali, ha detto “no” alla loro affissione.
In un comunicato l'UAAR afferma:  Nessuna amministrazione pubblica era sinora arrivata a tanto. I manifesti Uaar sono già stati affissi a Roma, Milano, Bologna, Firenze, Bari, Ancona, Cagliari e persino nella stessa Verona (a cura di un privato), ma una presa di posizione istituzionale di questo tenore non si era ancora verificata, (...)
E ancora: Il messaggio non esclude affatto l’esistenza di Dio: si limita ad affermare che dieci milioni di italiani vivono — generalmente bene — senza farvi alcun riferimento.
Per informazione, va detto che la campagna è stata ideata dalla creative agency Zowart.
Perché questa campagna? “Viviamo in una società in cui i non credenti sono ritenuti pochi, sono presentati negativamente e sono spesso oggetto di disparità di trattamento”, spiega Raffaele Carcano, segretario Uaar. “Con la nostra campagna vogliamo invece ribadire che in Italia vivono (generalmente bene) circa dieci milioni di non credenti, e che c’è chi si impegna per eliminare le discriminazioni nei loro confronti”.

Polemiche roventi, come sempre succede nel nostro paese per qualunque argomento che veda opinioni opposte. A maggior ragione quando il tema è delicato come credere o non credere in Dio. Si badi bene, in questo caso la parola Dio potrebbe essere tranquillamente scritta in caratteri minuscoli perchè non fa riferimento a nessuna divinità in particolare e dunque a nessuna confessione religiosa. Dio è un termine e un concetto universale, comune a tutte le fedi e a tutte le religioni. Non un nome proprio, anche se  per i cristiani è vero il contrario. Per i fedeli di Santa Romana Chiesa Dio è l'unico riconosciuto e venerato, l'unico degno di fregiarsi di tale nome. Ma senza dimenticarsi della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Pur essendo una religione per eccellenza monoteista, quella cristiano-cattolica postula che Dio sia uno e trino, tre esseri riuniti in uno solo. Non mi addentro in disquisizioni teologiche dottrinali perchè non ne ho adeguata competenza e conoscenza. Ma fin qui ci arriviamo tutti, trattandosi di elementi basilari della nostra cultura e tradizione italiana. Poi ognuno ha o si fa le proprie convinzioni, ma queste conoscenze elementari sono comuni a tutti.
Il fatto è che l'UAAR grida alla censura e protesta vigorosamente promettendo di non desistere e di dare battaglia. Anzi dichiara che si muoverà di conseguenza laddove dovessero esserci discriminazioni nei confronti dei suoi aderenti.


Mi viene spontanea qualche considerazione. Prima di tutto sgombriamo il campo da un facile equivoco che vede sovrapporsi il concetto di religione con quello di dio. Un ateo è colui che non crede in un essere divino e pertanto l'oggetto del non-credere non può essere la religione che -per inciso-è solo un insieme di regole comportamentali che si possono anche non osservare pur essendo o dichiarandosi credenti (di non praticanti è pieno il mondo, anzi sono la stragrande maggioranza di coloro che si professano credenti). Il manifesto dell'UAAR è impeccabile sotto il profilo logico e letterale. E l'amministrazione comunale veronese sbaglia quando si lancia in affermazioni sul merito del suo contenuto. Dio non è sinonimo di cattolicesimo nè di alcuna altra religione. Vale per musulmani e cristiani, per induisti o buddhisti. Quindi lo slogan non prende di mira nessuno in particolare. Senza "D" della parola Dio rimane "io", ovvero l'uomo e non il divino al centro di tutto. Potrà non piacere, potrà sembrare presuntuoso o supponente, ma è uno slogan impeccabile, direi da applausi (per questo motivo poco sopra ho citato l'agenzia creativa che lo ha formulato).
Altra cosa è chiedersi se abbia un senso una campagna pubblicitaria per sostenere l'ateismo, ossia uno stato di non-essere, non-credere, non-partecipare. Insomma una negazione sostenuta in positivo da una pubblicità che per sua natura spinge in senso opposto, cioè a fare o a credere in qualcosa, ossia l'oggetto del messaggio pubblicitario, il prodotto da reclamizzare. Mi sembra una contraddizione in termini. Uno dovrebbe a rigor di logica essere invogliato a fare o credere in qualcosa, non a non-fare o a non-credere. Ma probabilmente la spiegazione è molto banale e utilitaristica: una quota di iscrizione e il sostegno come associati.
Questo, senza voler essere offensivo in alcun modo con nessuno, naturalmente.

lunedì 9 settembre 2013

Film visti. Riddick, un eroico criminale indomito e imbattibile

Locandina italiana RiddickRIDDICK
Regia: David Twohy
Con: Vin Diesel, Katee Sackhoff
 
[Voto: 2,5 su 5]
 
 
Terzo film della serie. Riddick/Vin Diesel è un criminale ricercato in tutta la galassia. Lo troviamo, spietatamente abbandonato colà dai suoi avversari, su un pianeta desolatamente disabitato, ma pericoloso e letale. L'Indomito combatte quotidianamente una dura battaglia di sopravvivenza contro bestiacce ferocissime e forze della natura avverse. Unico essere vivente che non lo voglia spolpare è un cucciolo addomesticato di simil-lupo locale che ha allevato amorevolmente fino a diventare inseparabili amiconi. Quando decide che non ne può più di quella vita da campeggiatore estremo (ovvero dopo circa mezz'ora di avventure da superduro-che-Rambo-non-gli-fa-un-baffo...) fa in modo che un sistema automatico di segnalazione intergalattico attiri feroci cacciatori di taglie mercenari. L'obiettivo del nostro eroe è trasformarsi da preda in cacciatore, impadronirsi della loro astronave e svignarsela in attesa di un quarto sequel della saga.
Katee Sackhoff
Katee Sackhoff
(già vista nel serial tv Battlestar Galactica)
 

 
Il film è esile e banale nella sua costruzione, quanto spettacolare e ridondante di scene di azione con grande uso di effetti speciali. Ma mantiene tutte le promesse di film di genere, con un livello di tensione costante senza cadute di ritmo, buoni interpreti caratteristi (la mercenaria con-le-palle sciupamaschi Katee Sackhoff ha quel non so che di torbido al punto giusto...), mentre Vin Diesel si esprime ai suoi massimi livelli attoriali esibendo imperterrito sempre la stessa identica espressione bovina per ben due ore di film. Non mica roba da tutti, eh....

lunedì 2 settembre 2013

Film visti. In trance, colpi di scena ipnotici...

IN TRANCE
Regia: Danny Boyle
Con: James McAvoy, Rosario Dawson, Vincent Cassel
 
[Voto 2,5 su 5]
 
 
In un intreccio poliziesco, tanto più è complicato, tanto più è necessario che sul finire della vicenda uno dei personaggi riprenda le fila della narrazione per fare chiarezza e spiegare come stiano le cose. Abbiamo illustri esempi in materia. Penso a Rex Stout con il suo Nero Wolf, che usava questo artificio narrativo per illuminare i lettori che annaspavano nelle spire della trama. Questo In trance di Danny Boyle è diabolicamente complicato (direi assurdamente...) con colpi di scena finali a ripetizione e con uno sviluppo intermedio della vicenda che si insegue e si accavalla fino a stordire letteralmente lo spettatore.
La storia sarebbe semplice a dire il vero; è il come e il perché che è complicato. Una banda di ladri di opere d'arte organizza una rapina nel corso di una battuta d'asta. Succede un contrattempo e il basista nasconde la tela trafugata perdendo però la memoria. Niente refurtiva e grande ira dei complici che sospettano che l'amnesia sia solo un trucco per fregarli. La banda decide di usare l'ipnosi per far tornare la memoria al presunto furbetto traditore. E qui le cose si complicano maledettamente perché entra in scena lei, la fatale e affascinante ipnoterapeuta interpretata da una sfolgorante Rosario Dawson. La splendida dark lady prende il comando della situazione, ben consapevole che tutto dipenda dalla sua abilità come ipnoterapista. Complicazioni a iosa: innamoramenti, gelosie, vendette, sospetti, omicidi, ricordi vecchi e sopiti che riemergono dalle nebbie del passato... Ce n'è per tutti i gusti fino al punto che lo spettatore (io di sicuro...) finisce col non capirci più niente, facendo fatica a distinguere il vero dall'onirico, la realtà dal ricordo o dall'immaginario ipnotico. E poi nel finale, una raffica di colpi di scena uno dopo l'altro, con il successivo che modifica il precedente, spostando di volta in volta da un'ipotesi all'altra, da un personaggio all'altro il bandolo della matassa.
Alla fine a risolvere parzialmente la situazione interviene la stessa ipnotista che quasi fuori campo, svela un po' di arcani narrativi. Per fortuna.
 
Presuntuoso e pretenzioso questo film di Danny Boyle. Un'aria sofisticata e patinata che mal si addice a buona parte dei personaggi. Ladri e delinquenti che dialogano con levità e sufficienza da intellettuali consumati sono francamente poco credibili. Intrecci di sceneggiatura che si reggono -forse- per miracolo e che dovrebbero mantenere tutta l'impalcatura della vicenda. Ambientazione in location da super ricchi poco credibili e sicuramente eccessive per il livello dei personaggi. Tutto sembra teso a ingigantire ed enfatizzare ciò che non merita di essere ingigantito ed enfatizzato. A parte la magnifica bellezza di miss Rosario Dawson...