sabato 4 agosto 2012

Dei delitti e delle pene

Federica Squarise
Forse è una storia come ce ne sono tante. Forse acquista risalto perchè l'ambiente è quello di provincia e non quello delle grandi metropoli. Ma del caso Squarise, qui dalle mie parti, se ne parla e con toni accesi e molto convulsi. Basta dare una letta ai commenti dei lettori sulle pagine web della stampa locale.
Non si placano infatti le polemiche dopo la sentenza che ha punito con 17 anni e 9 mesi di reclusione l’assassino di Federica Squarise. Una polemica che vede protagonista, in primis, Luca Zaia Governatore della Regione Veneto (Lega Nord), che invita a “gettare la chiave della cella” di Victor Diaz Silva, detto “el Gordo”, che in una notte orrenda di 4 anni fa, a Lloret de Mar (Spagna), uccise i sogni di Federica Squarise, 21 anni, di San Giorgio delle Pertiche (PD). La ragazza, in vacanza con un’amica, al termine di una serata in un locale della zona fu prima violentata, poi uccisa e sepolta nella pineta: in pochi giorni l’autore del delitto è stato arrestato e poi processato dalle autorità spagnole.  Quasi 18 anni di carcere non soddisfano però i genitori della povera vittima, nè tanto meno il Presidente della regione Zaia. Pochi 18 anni, ce ne vorrebbero di più. L'assassino doveva prendere l'ergastolo o meglio ancora, la pena di morte. Quasi che -aggiungo io- questo servisse a restituire in vita la povera Federica.
Succede che a questo punto nel dibattito interviene un prete, don Marco Pozza, giovane e attivo nel sociale (cappellano del carcere di Padova) che invita ad abbassare i toni di chi reclama pene definitive ricordando che il carcerato deve sì scontare la sua pena, ma che "buttar via la chiave" non serve al suo recupero. In ottica etica e laica, ma anche morale e cristiana.
Apriti cielo! Provate a immaginare le reazioni rabbiose e feroci verso chi si azzarda a non allinearsi con l'atmosfera forcaiola che regna oggigiorno in Italia. Molto grossolanamente il giovane prete viene accusato di volere un assassino a piede libero, di fregarsene del dolore dei genitori e della famiglia della vittima, di riempirsi la bocca di principi cristiani buonisti e che non trovano riscontri nelle Sacre Scritture dove invece sarebbe contemplata la legge del taglione come strumento di giustizia terrena. Addirittura viene anche rispolverato lo scandalo dei preti pedofili per negare a don Marco Pozza il diritto ad esprimersi sul tema giustizia. Quale sia il nesso tra i due fatti, difficile dirlo. Ma l'importante è lanciare invettive contro il giovane prete.
Ecco due articoli sull'argomento. Il primo riporta l'intervento di don Pozza in seguito alla presa di posizione del governatore del Veneto; il secondo la replica piccata di quest'ultimo.
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/07/30/news/il-caso-squarise-zaia-basta-con-i-ragionamenti-da-osteria-1.5476354

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/07/30/news/zaia-don-marco-lei-mi-ha-stupito-con-tanta-cattiveria-1.5476367

In estrema sintesi: a) pochi 18 anni, dovevano essere molti di più; b) se la legge prevede 18 anni è giusto così, nell'ottica del recupero del condannato. Due posizioni nette e precise, contrapposte fino ad essere inconciliabili. Tralascio le considerazioni sul politico di turno, pronto a cavalcare la tigre del malcontento per mero tornaconto di consensi elettorali. Figuriamoci cosa sarebbe successo se l'assassino fosse stato un extracomunitario o una persona di colore...!!
Questo caso di cronaca e relativi strascichi mi hanno fatto riflettere a lungo. Certo, il primo impulso sarebbe quello di cancellare dalla faccia della terra l'assassino che ha oltraggiato e poi distrutto una vita umana. La vita, è bene ricordarlo, di una giovane ragazza che aveva solo 21 anni e tutto il diritto a costruirsi un'esistenza e godersela al meglio secondo i propri desideri e le proprie aspettative. Ma questa prima istintiva reazione è quella giusta? Se i 18 anni comminati dalla legge spagnola  sembrano pochi (il che non mi sembra differisca molto da quella italiana), forse 30 avrebbero cambiato qualcosa allo stato dei fatti? Il numero degli anni da infliggere in sentenza è un concetto elastico e adattabile secondo gli umori generali del momento o risponde a criteri precisi fissati dalla legge stessa? Inoltre, sia per la giustizia spagnola che per quella italiana, uno degli obiettivi della pena è, oltre alla punizione per il reato commesso, anche la costruzione di un percorso di recupero della persona condannata. Stante la sentenza attuale, l'assassino di Federica uscirà di galera quando avrà circa 50 anni. Da profano mi sembra evidente che a quell'età forse sia ancora possibile un recupero del reo come stabilito dalla Costituzione. Si può dire la stessa cosa uscendo invece di galera a quasi 70 anni? Comunque si voglia considerare il problema, risulta difficile dare una risposta esaustiva. Forse perchè non esiste una risposta esaustiva. Ma in un paese come l'Italia che si proclama cristiano (a parole, evidentemente) suona davvero singolare reclamare una pena senza fine o la pena di morte. E i valori della Carità e del Perdono sono concetti buoni solo per il Catechismo di infantile memoria, pura teoria da accantonare nella vita quotidiana? Posso capire il punto di vista dei familiari della povera vittima e non credo di poter nemmeno lontanamente immaginare il loro dolore, ma non giustifico chi invece rimesta nel torbido in una logica di annientamento dell'individuo riconosciuto colpevole. E il fatto che sia un politico come il celodurista Zaia a cavalcare la tigre del malcontento la dice lunga sulla strumentalità delle polemiche scatenate contro il prete/cappellano del carcere di Padova che ha osato intervenire sull'argomento. Alla luce di queste considerazioni, mi sento del tutto dalla parte del giovane don Marco Pozza, che la realtà del carcere la vive e la conosce.  Speriamo solo che la legge spagnola sia di quelle che garantiscono la certezza della pena. Se fossimo in Italia, tra sconti, indulti e amnistie, non ci sarebbe proprio nulla di strano nel vedere un assassino libero per strada solo dopo pochi anni. I 18 anni di pena lo stupratore assassino invece se li deve assolutamente fare tutti. Soltanto dopo avrà saldato il suo debito con la giustizia.
Ma questo è un altro discorso...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ah qui sta il bello: i 18 anni li farà tutti dietro alle sbarre?
Se li passasse tutti in carcere allora anche 15 anni sarebbero una pena severa, io però ne dubito.....
Io credo che sia questo a scatenare la rabbia: non tanto la durata, quanto la certezza che alla fin fine con pochi anni se la caverà.
Come accade in Italia, del resto.