domenica 20 novembre 2011

Libri. Calma apparente a Fjällbacka

LO SCALPELLINO
di Camilla Läckberg










Fjällbacka, località turistica estiva della Svezia sud occidentale. Affacciata sul mare, in lontananza probabilmente nelle giornate serene e limpide si possono scorgere le coste della vicina Danimarca. Più a nord il confine con la Norvegia. Un posto bellissimo, anche se desolato per 10 mesi l'anno, neanche mille gli abitanti residenziali.
Un piccolo angolo di paradiso in una terra ghiacciata nella brutta stagione dove la scrittrice Camilla Lackberg ambienta i suoi romanzi polizieschi. Lo scalpellino è il terzo libro della serie di grande successo (vedi in questo stesso blog Il predicatore e La principessa di ghiaccio) che ha portato l'autrice a porsi subito dietro Stig Larsson e la sua trilogia Millennium nella graduatoria degli scrittori svedesi più letti nel mondo. Alcuni personaggi fissi (il poliziotto Patrick e sua moglie Erica, ma non solo) e altri invece introdotti appositamente seguendo le esigenze narrative.
Essendo ormai giunti al terzo romanzo si possono individuare dei temi ricorrenti. Due sembrano essere di maggior rilievo: a) le apparenze borghesi e perbeniste dietro la cui facciata si nasconde una realtà spesso spietata e feroce; b) l'esasperazione del credo religioso visto come un'ossessione deviante e pericolosa se portata verso una rigida interpretazione e osservanza. Per il resto Camilla ci presenta un ventaglio di umanità,  di abitudini e stili di vita tipicamente nordici che, al di là della trama poliziesca di fondo, costituiscono certamente gli aspetti più interessanti dei suoi romanzi. Sicuramente istruttivi anche se a volte alquanto "raccapriccianti" per noi mediterranei. Mi spiego con un piccolo esempio a proposito dei cibi e dei gusti alimentari. Il protagonista Patrick, poliziotto brillante e intelligente, suole fare colazione o uno spuntino ingurgitando una tazza di cioccolata calda, due o tre fette di pane, burro, formaggio da spalmare e crema di uova di merluzzo (!!!). Pensate che schifezza immangiabile e imbevibile deve essere un cocktail del genere con i sapori di cioccolata, formaggio e pesce mischiati insieme... Bleah, preferisco non pensarci...

Fjällbacka
Ma veniamo a Lo scalpellino. La narrazione porta avanti storie parallele, alcune in tempo presente, altre in tempo passato con l'uso di flash back che rimandano ad avvenimenti accaduti agli inizi del '900 e che in apparenza sembrano del tutto slegati con i fatti che accadono a Fjällbacka. Lo scalpellino del titolo lo ritroviamo nel filone "storico" che riporta i fatti avvenuti nel primo novecento. Tutto il resto della vicenda è contemporanea. Quindi il primo interesse per il lettore è cercare di intuire quali siano i legami tra le varie storie e i personaggi. Va detto che il titolo risulta abbastanza slegato dalla vicenda, in quanto il vero e proprio scalpellino (lavoratore della pietra nelle cave) finisce con l'avere una parte tutto sommato marginale fino a scomparire dalla storia, mentre assumono importanza e rilevanza superiore altri personaggi. Tutta questa fase che potremmo dire introduttiva e preparatoria occupa la quasi totalità del libro (circa 600 pagine). Ahimè, una parte piuttosto noiosa e sonnolenta in cui, a parte l'antefatto tragico da cui prende il via la vicenda, non succede quasi più nulla. E' il limite maggiore del libro, peraltro già riscontrabile in maniera pressoche identica nel precedente Il Predicatore. Troppi personaggi, troppi intrecci che spesso finioscono con l'ingarbugliare la narrazione invece di arricchirla. Ad un certo punto, quando prende quasi forma la voglia di abbandonare la lettura del libro, la situazione subisce un'improvvisa accelerazione, i colpi di scena si succedono fin troppo e finiscono con l'accavallarsi quasi spasmodicamente. Dalle stalle alle stelle, tutto nelle ultime 100-120 pagine. Succede di tutto, molti nodi vengono al pettine, molti dubbi vengono sciolti e rivelati. Peccato questa discontinuità così accentuata ed eccessiva. Una maggior omogeneità narrativa con una distribuzione più avveduta dei fatti più importanti avrebbe, nel complesso, certamente giovato al libro.

Come detto, il tema principale è la verità nascosta che si cela sotto la corteccia esteriore della rispettabile e perbenista società svedese. Poco o nulla è in realtà ciò che sembra in apparenza. Le indagini di Patrick sembrano essere ad un punto morto, proprio perchè l'apparenza esteriore dei personaggi e delle rispettive famiglie di appartenenza sembrano coriacee e inattaccabili. Un continuo scavare e indagare oltre tali apparenze riescono a portare qualche risultato. Ma non basta. Solo un caso fortuito e un'intuizione improvvisa riusciranno a far sì che Patrick possa trovare il bandolo della matassa per risolvere il caso della bambina annegata in acqua dolce e ritrovata cadavere in mare aperto al largo di Fjällbacka.

Camilla Läckberg
Anche in questo libro, come nel precedente Il Predicatore, troviamo personaggi che sguazzano nella loro religiosità apparentemente integerrima e tutta d'un pezzo. La Lackberg pennella questi personaggi come fossero ossessionati dalla religione e dalle regole di vita contenute nella Bibbia. Il che è in aperta controtendenza con l'immagine che abbiamo noi della società svedese, libera e libertina. Evidentemente si tratta di luoghi comuni e stereotipi al pari della pizza e del mandolino italici. Altro mito da sfatare sembrerebbe essere l'impostazione educativa nei confronti dei figli. Nel nostro immaginario di latini mediterranei e mammoni i popoli nordici avrebbero idee e comportamenti opposti ai nostri. Quante volte abbiamo sentito dire che in Scandinavia i bambini sono lasciati per conto loro a gattonare per terra con i loro giochi, quasi che le mamme li abbandonassero con disinvoltura per occuparsi di altro. Che possono strillare quanto vogliono per reclamare attenzioni, ma che i genitori li ignorano perchè acquistino autonomia di comportamento e indipendenza caratteriale. Il modello scandinavo, o nordico in genere, era un punto di riferimento fisso quando più di vent'anni fa vennero al mondo le mie figlie e, come tutti i bravi genitori, anche io e mia moglie ci informammo e documentammo minuziosamente sui criteri educativi e sulle scuole di pensiero pedagogiche che andavano per la maggiore. Salvo poi fare di testa nostra... naturalmente. E per fortuna.
Ebbene la protagonista Erica è l'esatto contrario di quel modello stereotipato di mamma dura e inflessibile che, sorda ai pianti del bambino, segue imperterrita i principi educativi nordici. Balle. Erica ne fa addirittura una malattia depressiva dello star dietro ai pianti della piccola Maya, dei suoi ritmi di veglia e sonno, del ritmo delle pappe. La sua vita e quella coniugale con Patrick sono cadenzati dai ritmi imposti dalla neonata che detta legge a forza di pianti e di strilli. Alla faccia dell'imperturbabile inflessibilità dei genitori nordici...

Vabbè, siamo partiti da una trama poliziesca e siamo finiti a parlare di principi educativi dei figli. Cose che capitano discorrendo di libri.... Per fortuna.

.

Nessun commento: