mercoledì 28 settembre 2011

Film visti. Due film "domenicali"

Contagion


Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Marion Cotillard, Kate Winslet, Laurence Fishburne

Voto: 2.5 su 5

 
 
 
L'alba del pianeta delle scimmie


Regia: Rupert Wyatt
Cast: James Franco, Freida Pinto, John Lithgow, Andy Serkis, Brian Cox

Voto: 2.5 su 5

 
 
 
 
Ecco due film "domenicali", ossia da vedere la domenica pomeriggio, non impegnativi, facili, che aiutano a passare una mezza giornata in mancanza di una gita fuori città o di appuntamenti sportivi.
In comune hanno parecchie cose. Appartengono entrambi al genere fantasy, un filone molto prolifico e piacevole da vedere, specie se ben confezionato come solo gli americani sanno fare con grande professionalità, dal primo attore protagonista all'ultima delle comparse. Tuttavia, pur essendo facilmente classificabili sulla sottile linea di confine tra la pura fantascienza e il reale "possibile", hanno la capacità di stuzzicare la fantasia dello spettatore proprio in virtù degli argomenti toccati.

Cominciamo dal primo. L'ipotesi che sostiene tutto il film è che si sviluppi un virus mortale da qualche parte del mondo, nella fattispecie l'Asia (che in qualche modo deve "pagare" lo scotto della supremazia economica attuale), provocando una spaventosa epidemia che falcidia la popolazione mondiale causando milioni e milioni di morti. Su questo canovaccio si innestano le singole storie dei vari personaggi interpretati da una sfilza incredibile grandi attori. I temi trattati sono svariati e spaziano dal ruolo della ricerca scientifica nella società odierna, alla capacità di contrastare le malattie non tradizionali che si possono sviluppare in seguito a consuetudini e stili di vita (non a caso l'epidemia prende il via dalla scarsa igiene che regna in certe zone asiatiche e dalle abitudini alimentari locali), alla reale efficacia delle organizzazioni medico-sanitarie sovranazionali che dovrebbero istituzionalmente sovrintendere proprio la salute mondiale, al ruolo dei grandi media tradizionali e a quello alternativo di internet, all'arricchimento che si può trarre anche in situazioni tragiche come un'epidemia mortale. Insomma di carne al fuoco ce n'è parecchia, ma tutto è trattato e mostrato con un certo rigore, senza scadere nel sensazionalismo tipico del cinema catastrofico di basso livello. La fattura è buona (il regista è Steven Soderbergh, autore di decine di ottimi film), il ritmo adeguato al tema, gli interpreti sono di grido. Risultato: un film senz'altro godibile.

Passiamo ora al secondo film, il prequel della saga del Pianeta delle scimmie. Ricordate i filmoni degli anni '70 con Charlton Heston che lottava per salvare e riscattare il genere umano dalla schiavitù inflitta dalle scimmie? Si immaginava che il potere della razza dominante sul pianeta fosse passato ai primati in seguito a non si sa quale evento straordinario. Ricorderete bene l'immagine folgorante della Statua della Libertà che affiora in pezzi dalle sabbie del fiume Hudson. Il simbolo della civiltà occidentale abbattuto e fatto a pezzi dalle orde scimmiesche. In quei tempi di Guerra fredda fu facile individuare metafore politiche con le scimmie nel ruolo dei turpi sovietici che attentavano al blocco americano e alla civiltà occidentale. Questa nuova lettura odierna della saga scimmiesca ha poco o nulla di politico e ci porta indietro nel tempo e va ad immaginare l'origine del sovvertimento e l'ascesa al potere dei primati come frutto di un'esasperata ricerca scientifica applicata alla medicina (lotta all'Alzheimer), ma degenerata per un uso lucrativo e spregiudicato dei ritrovati farmaceutici. I cattivi di turno non sono più i ringhiosi sovietici, ma le multinazionali farmaceutiche e la fame di denaro che le governa, unitamente all'intolleranza umana nei confronti degli esseri considerati inferiori. Nella fattispecie le scimmie, ma il discorso è valido metaforicamente per qualunque altro tipo di "diversità". Insomma dalla politica l'obiettivo si è spostato sui risvolti socio-psicologici della società contemporanea, ma il succo è lo stesso: c'è qualcuno che vuole sovvertire e abbattere la civiltà umana.
Il film è godibile, gli effetti speciali sono credibili, la storia funziona, gli interpreti sono all'altezza. La scimmia leader della rivolta, Caesar, è interpretata dallo stesso attore che fece il mostriciattolo umanoide della saga del Signore degli Anelli (mi sfugge il nome)... Una sola domanda: da dove saltano fuori tutte quelle scimmie incazzate che alla fine mettono a ferro e fuoco la città? Mi sembra di aver riconosciuto San Francisco dalle immagini. E allora per quanto si tratti di una metropoli sterminata, va bene gli esemplari degli zoo, va bene le scimmie in possesso di privati come animali da compagnia, va bene i circhi, va bene le cavie da laboratorio delle case farmaceutiche... ma nel finale sono centinaia e centinaia le scimmie furibonde agli ordini di Caesar, il primo esemplare superintelligente, che scatenano la guerriglia contro gli esseri umani. Ma da dove saltano fuori in così gran numero? Ma è meglio non porsi troppe domande, il cinema di genere è anche questo: fantasia al potere con un pizzico di inverosimiglianza. E va preso così, prendere o lasciare.

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