sabato 11 giugno 2011

Trent'anni fa, Alfredino nel pozzo

Mercoledi, 10 giugno 1981. Sono passati trent'anni, ma i ricordi sono ancora fortissimi. La vicenda è quella di "Alfredino nel pozzo" o la tragedia di Vermicino. Alfredino Rampi era una bimbo di 6 anni che una sera tornando a casa per cena precipita in un pozzo artesiano in costruzione. Una zona di campagna, un budello di 80 metri che entra nelle viscere della terra in cerca d'acqua per l'irrigazione dei campi. Non c'era protezione, non una copertura sulla bocca del pozzo. Ci sarà cascato dentro per errore oppure forse si sarà sporto troppo, spinto dalla curiosità che può avere un bambino per una cosa misteriosa come un buco senza fondo che entra nella terra. A suo tempo mi sembra di ricordare che che qualcuno fece anche l'ipotesi che qualcuno ce lo avesse spinto dentro volontariamente. Si parlò di vendette nei confronti dei genitori, ma nei miei ricordi nessuno prese troppo sul serio questi ricami di fantasia. Invece tutti si appassionarono alla vicenda di Alfredino nel pozzo. Vermicino, la località del Lazio dove accadde la tragedia, diventò famosa all'improvviso. Era sulla bocca di tutti, tutti ne parlavano. Tutta l'Italia per la prima mvolta seguiva in diretta televisiva un evento tragico che si dipanava ed evolveva sotto gli occhi di tutti. Non era mai accaduto nulla del genere nella storia della televisione italiana. Se non ricordo male la diretta durò ininterrottamente per giorni e notti, con una semplice telecamera fissa, con un commentatore che riportava ciò che accadeva intorno a lui. Nulla più. Nulla a che vedere con lo spettacolo dei giorni nostri in cui i luoghi del dolore dove sono accaduti fatti criminali vengono setacciati palmo a palmo e ripresi in ogni anfratto e angolazione. Dove una miriade di persone che nulla o quasi c'entrano con le vicende vengono interpellate, intervistate e chiamate a dare giudizi e pareri spesso fasulli. E' la "gente" che viene chiamata in ballo, la "gente" che fa audience, che diventa in qualche modo protagonista perchè ci sono ore e ore di servizi televisivi da riempire e qualcosa bisogna pur trasmettere e mandare in onda. A Vermicino no. Una telecamera, un commentatore sgomento quanto tutti gli altri presenti, con il compito -quasi una missione- di rappresentare la propria impotenza a tutta l'Italia di fronte alla tragedia di un bimbo in fondo al pozzo, semi soffocato nel fango. E una voce riportata da un microfono calato nel budello che gridava "Mamma"! Agghiacciante.
Uno dei soccorritori che furono calati nel pozzo

Era un giugno parecchio caldo. Mi ricordo che buona parte della diretta tv la seguii da casa della mia morosa (che poi sarebbe diventata mia moglie), spesso insieme ai miei futuri suoceri. Incollati davanti allo schermo, incapaci di staccarcene se non per qualche minuto. Alfredino era lì a soffrire nel pozzo e nessuno se la sentiva di abbandonarlo spegnendo la tv. Sembrava a tutti che fosse un tradimento, pensare ad altro. Divenne una specie di psicosi di massa per gli italiani. Tutta la zona di Vermicino divenne meta di curiosi ma soprattutto di volenterosi cittadini che volevano dare una mano in tutti i modi possibili, anche a costo di scavare con le mani. Qualcuno -più di uno- di corporatura minuta si fecero avanti e si dissero pronti a farsi calare nel pozzo per tentare di acciuffare Alfredino e tirarlo su. Così fu fatto. Per due o tre volte (vado a memoria) questi eroi sconosciuti il cui unico talento era di avere un corpo minuto e magro tentarono l'impossibile e per due o tre volte qualcuno di essi riuscì effettivamente ad afferrare Alfredino. Se non ricordo male quello che maggiormente " rischiò" di riuscire a portarlo in salvo era uno speleologo dilettante, quindi avvezzo agli spazi ristretti e sotterranei. Ma inutilmente, perchè il fango faceva scivolar via la presa e Alfredino scendeva ogni volta sempre più giù nel pozzo. Nessuna sceneggiatura di un diabolico film horror avrebbe saputo architettare situazione peggiore di quella -tragicamente vera-  messa in scena dal destino.
Arrivò sul posto anche il Presidente Pertini, un uomo molto amato dagli italiani per la sua cristallina onestà morale e intellettuale e per il suo carattere schietto e diretto. Insieme a lui intorno a quel pozzo maledetto c'erano tutti gli italiani. Cerca di confortare il papà e la mamma, attraverso un microfono parla addirittura ad Alfredino. Era un grand'uomo Pertini.  Ma sul bordo del pozzo c'era instancabile anche la mamma di Alfredino che non lo lasciò mai solo un istante, e c'era anche Nando, un vigile del fuoco che tra i primi accorse sul luogo per i primi soccorsi. Tutti cercavano di rincuorare Alfredino che chiedeva da bere e da mangiare. Gli scappava anche la pipì e non sapeva come fare per trattenersi e non farsela addosso. Povero piccino. Ricordo un particolare a proposito della mamma di Alfredino. Qualche imbecille la accusò di insensibilità perchè non si disperava abbastanza. I soliti dementi che devono giudicare le reazioni emotive degli altri secondo clichè predeterminati. La stessa categoria di imbecilli probabilmente che hanno criticato ai giorni nostri i genitori della povera Yara Gambirasio per l'atteggiamento "troppo" dignitoso e riservato tenuto durante e dopo la scomparsa e la morte della loro figliola. Ma, si sa, la mamma degli imbecilli è sempre incinta.
Il Presidente Pertini a Vermicino
Intanto, verificato che i tentativi di raggiungere Alfredino calandosi direttamente con delle funi erano inutili, si scavava un pozzo parallelo per raggiungere la stessa profondità, scavare in orizzontale per arrivare all'altezza di dove si trovava il bambino. Ma ci sono difficoltà con le trivelle che incontravano strati di roccia difficili da penetrare. E' una corsa contro il tempo. Insomma il destino sembra accanirsi contro Alfredino, che continua inesorabilmente a scivolare più giù. In tanti tentano ancora di calarsi nel pozzo, ma il fango in cui è incastrato il piccolo impedisce qualunque movimento. Poco dopo l'alba del 13 giugno Alfredino muore. La sua agonia nel pozzo è finita, dopo due giorni e due notti tremende.

Sono passati trent'anni e forse i miei ricordi saranno confusi e, chissà, nella ricostruzione di quei momenti posso aver sovrapposto fatti e persone. Ma l'emozione e il senso di frustrazione di quei momenti sono  e saranno indelebili.
Povero Alfredino nel pozzo, che brutta fine.

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Per saperne (molto) di più, la precisa e puntuale ricostruzione fatta dal Corriere della sera:

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