Sakineh Mohammadi Ashtani, la donna accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito sarà impiccata e non più lapidata. Per Sakineh, la cui sentenza di lapidazione era stata sospesa da alcune settimane per un riesame del caso, la grande mobilitazione nel mondo occidentale, Italia compresa, aveva puntato il dito contro la barbarie della lapidazione, una condanna secondo la legge islamica che prevede che la donna colpevole di adulterio venga sepolta fino al torace e che la parte che sporge dal terreno sia ripetutamente colpita da lanci di pietre, fino alla morte. Ecco la risposta del regime iraniano alle pressioni internazionali che volevano strappare alla morte la giovane donna: impiccagione.
Se non ci fosse in ballo la vita o la morte di un essere umano la vicenda avrebbe risvolti addirittura grootteschi. Il mondo intero si indigna per la lapidazione e allora il regime che fa? La impicca cambiando la motivazione. Non più adulterio, ma complicità in omicidio e dunque non più lapidazione, ma impiccagione. Perversamente geniale. E' chiaro il percorso logico degli iraniani: vediamo se qualcuno osa lamentarsi ancora, visto che la pena di morte per impiccagione o altre forme di morte considerate più "civili" sono normalmente praticate in molta parte delle nazioni in tutto il mondo. Come attaccare sul piano dei diritti civili l'Iran dal momento che tantissime altre nazioni fanno la stessa cosa? Donne comprese; è di un paio di giorni fa la notizia dell'esecuzione capitale in USA di una condannata, per di più afflitta da minorazione mentale.
Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra....
1 commento:
Ho superato i sessanta anni e sono sposato (mi verrebbe da aggiungere "fortunatamente" senza figli, dalle considerazioni di Angelo e da quanto sento e vedo in giro)Con i "travet" e i "barachìn" torinesi, ho condiviso 36 anni di lavoro. I tempi erano quelli che erano, nel bene e nel male, e non me la sento di affermare che la "colpa" possa essere tutta a partire dalla mia generazione. Idee e valori ne circolavano: dalla tanto vituperata scuola all'informazione e alla cultura che ne derivava. Era l'offerta che era diversa e diversificata: dall'Oratorio che frequentavo , alla Sezione che frequentava papà.
E alla sera, mentre io gli raccontavo cosa stavo imparando, lui aggiungeva del suo...(per esempio -ricordo- spiegandomi la differenza tra retorica e dialettica, e per mia fortuna non sempre cose così "noiose" ...) E aggiungo che babbo, operaio, faceva il secondo turno alle Fonderie...Niente liceo o università, sfortunatamente, ma c'era, oltre lo sport e la cronaca, la terza pagina del quotidiano che ti permetteva di leggere Paolo Monelli, farsi spiegare da zio (peritomeccanico) cosa non capivi e il giorno dopo parlarne con gli amici, quasi a fare a gara chi avesse letto "meglio " il giornale. E per capirci bene: non eravamo enfants-prodige, quasi tutti dopo la terza avviamento (la media unificata arriveràdopo....altra"discriminante" -questa- fino ad allora) ci avviavamo all'apprendistato e al lavoro. Lavoro che c'era e che più o meno misteriosamente ora non esiste quasi più.....Lavoro che completava e rafforzava quei primi e veri valori che, in noi, erano stati seminati ed appresi prima: sia all'Oratorio che in Sezione.
Ma qualcosa, diversi anni dopo stava succedendo...e lo spunto per riflettere me lo diede mio nipote, allora sedicenne, durante una serata in famiglia e una banale discussione sul programma TV da vedere. La disputa era su uno speciale sul terrorismo e "drive-in" trasmesso da una rete embrione di Mediaset. Prevalse, anche per il quieto vivere, la tesi di Matteo, mio nipote, il quale sostenne con le sue "ragioni" che "quella" era la sua informazione, necessaria per le discussioni il giorno dopo a scuola, con gli amici."E' così, zio. E devi fartene una ragione". Matteo oggi ha circa quarant'anni. Lavora presso una cooperativa di corrieri Ieri gli hanno rinnovato per altri tre mesi il contratto ma, dice, corrono brutte voci a partire dal prossimo gennaio.
Rugger'One
ps Travet e barachin sono esperssioni gergali torinesi per dire impiegati e operai.
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