Dall'Iran ci arriva in questi giorni una ulteriore lezione di "civiltà coranica", o almeno quella che gli integralisti islamici reputano e spacciano essere civiltà e rispetto della legge coranica. Oggi infatti potrebbe essere la fine di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana condannata a morte per lapidazione con l'accusa di adulterio. Non entro neppure nel merito se l'accusa sia provata e veritiera, non mi interessa assolutamente. Perchè se anche lo fosse, si tratterebbe comunque di un atto di inciviltà sia per la condanna a morte in sè, sia per le barbare modalità dell'esecuzione. La lapidazione è infatti molto più che un atto barbaro, è qualcosa di orrendamente inumano come poche altre forme di uccisione legalizzata che passano sotto forma di atto di giustizia.
E come se non bastasse, quegli esseri ignobili che amministrano la giustizia in nome di Dio hanno pensato bene di infliggere la pena di 99 frustate a quella povera donna perchè colpevole di essersi mostrata in pubblico con il volto scoperto, senza velo. Per non parlare della finta esecuzione di cui si è letto nei giorni scorsi. Annunciare alla condannata che entro pochi minuti sarebbe stata lapidata quando invece non era ancora giunta la sua ora è una perversa e sadica forma di tortura che la dice lunga sullo stato psichico e mentale dei suoi aguzzini.Temo, invece,che le proteste internazionali non serviranno a nulla, non a salvare la vita a Sakineh. Perchè rinunciare alla lapidazione sarebbe una capitolazione del regime iraniano con conseguenze politiche intuibili, soprattutto interne. Insomma ci rimetterebbero la faccia e questo non è politicamente accettabile per chi fa della forza e dell'autoritarismo una caratteristica di governo imprescindibile.

Come non pensare che sulla pelle di Sakineh non ci sia chi specula per farsi facile pubblicità e rifarsi il trucco con un'edulcorata immagine legalitaria politically correct?
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