Scarpe italiane
di Henning Mankell
Questo non è il primo libro di Mankell che leggo (Il cinese). E prima ancora era stato il commissario Kurt Wallander ad appassionarmi, con un paio delle sue avventure poliziesche.
L'ambientazione di Scarpe italiane è quella tipicamente svedese/scandinava con le sue lande ghiacciate, i silenzi, la gente un po' strana e non facile da capire per noi latini, il tempo segnato dall'alternarsi di giorni e notti anomali per chi abita a latitudini meno estreme. Ma è anche una Svezia "normale", caratterizzata da piccole e grandi città non molto diverse da tante altre nel mondo, dove accadono fatti del tutto simili a tanti altri, per i quali le persone soffrono, gioiscono, nascono e muoiono come chiunque e ovunque. In questo "Scarpe italiane" predominano i tipici paesaggi nordici, il ghiaccio, il mare del Nord congelato per gran parte dell'anno, le grandi e silenziose foreste. Buona parte della vicenda si svolge su un'isola abitata da un'unica persona, il protagonista, e alcuni personaggi di contorno, così pochi da poter essere elencati sulle dita di una mano e di avanzarne ancora.
Fredrik è quasi settantenne, medico chirurgo in pensione, vive da solo su un'isola al largo della costa scandinava, con un cane, un gatto e un formicaio in una delle stanze di casa. Si è ritirato a vita solitaria da circa dodici anni in seguito ad un evento grave della sua vita, che lo ha segnato profondamente. Uniche visite, ma poche ogni due o tre giorni, quelle del postino che gli recapita la corrispondenza e tanta pubblicità. Nonostante questa sporadicità di contatti con esseri umani, anche le visite del postino gli danno fastidio, perchè turbano il suo equilibrio di ghiaccio, freddo e solitudine. Bizzarro, no? Ma le bizzarre singolarità di Fredrik non finiscono qui, perchè ogni giorno ha l'abitudine di scavare un buco nel ghiaccio fino a trovare l'acqua e immergervisi dentro. Per sentire di essere ancora vivo. Forse "bizzarro" è un aggettivo un po' troppo blando per fotografare un personaggio del genere. Bizzarro e depresso con una specie di osessione nel ricordo dei genitori e dei nonni da cui ha ereditato l'isola. In particolare la figura del padre, modesto cameriere, gli ritorna spesso in mente in maniera quasi ossessiva e angosciante e con lui gli anni dell'infanzia non agiata, non felice, non piacevole neppure da ricordare dopo così tanto tempo nei ricordi di uomo anziano che spesso tendono a rivangare solo le cose belle. Ed è una depressione che in qualche modo quasi si trasmette al lettore con il rischio di una insofferenza crescente (almeno nel mio caso), dopo un iniziale ammaliante fascino della solitudine, della pace e del silenzio che è facile immaginare regnino sovrani su quell'isola. Fredrik non fa mai nulla con entusiasmo e con passione. Passa le sue giornate ammirando paesaggi o facendo proprio un bel nulla. Ma un certo giorno accade l'imprevisto. Una figura umana si staglia scura sul bianco assoluto del ghiaccio. Una donna che per muoversi usa un deambulatore. E come diavolo sarà arrivata fin lì una donna che cammina a malapena? E cosa ci fa e cosa vorrà dall'anziano-tuffatore-solitario-nel-buco-di-ghiaccio?
Calma. Il libro non vira improvvisamente sul misterioso o sul poliziesco. Tutto viene svelato in breve e senza aloni di misteri. E' una sua vecchia fiamma, Harriet, tanto amata in gioventù quanto ormai quasi dimenticata, abbastanza irriconoscibile essendo anche lei ovviamente parecchio avanti con gli anni e per di più ammalata di cancro allo stadio terminale.
Con lei siamo arrivati a due personaggi (l'altro -ricordate- è il postino, secondo Fredrik un tipo problematico e ipocondriaco che si sposta sul mare ghiacciato con un veicolo chiamato hydrocopter...). Di qui a poco entrerà in scena il terzo e poi il quarto, anche loro donne. Un libro quasi del tutto al femminile, eccezione fatta per il protagonista. Ma mi fermo qui e non anticipo altro.Il prosieguo svelerà quale sia l'evento devastante verificatosi nella vita dell'ex medico e che ruolo abbiano le tre donne che entrano in rotta di collisione con lui sulla soglia dei settant'anni. Non badate troppo alle scarpe del titolo, che sembra fatto apposta per suscitare curiosità nel lettore, e che in realtà non riveste un particolare interesse nella trama del libro. Invece, oltre alle scarpe, nel romanzo è citata en passant l'Italia e Roma in particolare. Non ne esce bene il nostro paese, perchè Fredrik subisce un'aggressione che gli provoca una frattura al naso. Episodio marginale nel contesto del libro, ma l'episodio non fa bene all'immagine del nostro paese, quasi facendo da contraltare agli elogi per la qualità delle scarpe italiane. Ma tu guarda 'sti svedesi...
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