lunedì 21 gennaio 2013

Film visti. Django secondo Tarantino



DJANGO Unchained
Regia: Quentin Tarantino
Con Jamie Foxx, Leonardo Di Caprio, Christoph Waltz, Samuel L. Jackson, e altri...

[Voto: 4 su 5]

La vendetta è un piatto che si consuma freddo e i tempi dilatati della narrazione che Tarantino sceglie di utilizzare per giungere alla resa dei conti finale sono perfettamente funzionali al presupposto iniziale. Due ore e tre quarti di film per raccontare la storia di Django (la "d" è muta...), uno dei milioni di schiavi dell'America ante guerra civile 1860, brutalmente utilizzati come forza lavoro a costo zero, senza diritti e senza speranze, alla stregua di cose o animali. Un bene di proprietà di latifondisti che rivendicavano il diritto di farne ciò che volevano. Nella sua triste esistenza Django si imbatte in uno strano tipo che si spaccia per dentista, ma che in realtà è un bounty killer, un cacciatore di taglie che ammazza i ricercati per incassare le taglie che gravano sulle loro teste. Un lavoro come un altro per il dottor Schultz che, da buon tedesco, svolge il suo compito in maniera sistematica, meticolosa e sanguinaria, senza lasciare nulla al caso e senza pietismi sentimentali di sorta. La fortuna di Django è di poter riconoscere tre ricercati che si celano sotto falso nome in una delle piantagioni di cotone del profondo sud degli Stati Uniti. Per questo Schultz libera il povero nigger proponendogli un accordo. Una collaborazione nello smascherare i tre banditi in cambio della libertà. Il piano ha successo e la collaborazione tra i due diventa sempre più stretta fino a puntare in alto, ovvero alla ricerca e liberazione della moglie di Django, anch'essa ridotta in schiavitù, ma finita chissà dove. Da qui si dipana la vicenda fino all'epilogo finale in un crescendo di senza esclusioni di colpi e di sparatorie sanguinose e raccapriccianti. Questa è una delle accuse che vengono mosse a Django e a Tarantino in genere. L'eccesso quasi compiaciuto di violenza. Va detto, a mio modesto parere di antico consumatore di cinema, che la violenza di Tarantino è pacchianamente finta, fasulla, da esibire per fare scena. Perchè il cinema è scena, è rappresentazione, è finzione. Ai nostri bambini da secoli raccontiamo storie orripilanti di vecchie nonnine divorate da lupi cattivi, eppure nessuno grida allo scandalo o si strappa i capelli per eccesso di violenza. Tarantino a ben vedere fa la stessa cosa. I morti, le sparatorie, i ferimenti stanno a Django come il lupo cattivo sta alla fiaba di Capuccetto rosso. Ma non solo di eccesso di violenza si accusa il vecchio Quentin. Spyke Lee, altro grande regista americano, ha aspramente criticato Django per il modo in cui tratta il razzismo e i nigger afro-americani. Peccato che la critica ("Non andrò a vedere il film di Tarantino") sia venuta prima dell'uscita del film stesso e viene da domandarsi su quali basi Spyke abbia formulato il suo giudizio. A sospettare che ci sia un'abbondante razione di pre-giudizio non si sbaglia affatto.

Il film, pur distaccandosi totalmente nella trama, è un omaggio all'omonimo Django di Sergio Corbucci (1966), antesignano e/o capostipite del filone del western-spaghetti, che tanto piace a Quentin Tarantino per il suo contenuto diretto e crudo. "Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero". Con questa frase, Corbucci presentava nel lontano 1966 un ambizioso ed allora esordiente attore, Franco Nero, l'interprete del Django d'epoca (che appare in una chicca anche nel film di Tarantino).Un vero e proprio genere che ha avuto negli anni 60 e 70 il suo periodo d'oro per il cinema italiano. Produzioni a basso costo, ma di alta resa al botteghino proprio per i contenuti volgarotti e caserecci dal sapore paesano. Un successo enorme anche all'estero, dove evidentemente affascinava il connubio western americano & spaghetti italiani. Una commistione tra la classica commedia all'italiana e l'altrettanto classico western alla John Wayne. In apparenza due filoni inconciliabili che invece con Corbucci & soci ebbe in quell'epoca il suo grande boom internazionale. Del Django originale questa opera di Tarantino mantiene alcuni brani della colonna sonora che, appena sentiti, tornano immediatamente alla memoria, come magicamente rispolverati in qualche anfratto dimenticato del cervello. Certo, bisogna avere i capelli grigi e qualche annetto sulle spalle per tornare indietro a quell'epoca cinematograficamente così naif e non propriamente dietro l'angolo...
Quentin Tarantino è uno dei più grandi registi contemporanei, ma non solo. E' un grande anche come sceneggiatore e costruttore di storie, tutte funzionanti alla perfezione come sofisticati meccanismi ad orologeria. Il cinema di Tarantino è il cinema dell'eccesso, con le sue situazioni grottesche e la sua violenza sempre sopra le righe. La peculiarità del cinema tarantiniano è lo splatter, l'immagine cruda non filtrata da manierismi o buonismi di sorta, che colpisce allo stomaco lo spettatore. Il suo capolavoro indiscusso è senza dubbio Pulp fiction, che è un vero e proprio gioiello di sceneggiatura, con una storia che si basa sulla circolarità della vicenda. Si comincia la visione del film da un certo punto e con una certa sequenza e si finisce, due ore e mezzo dopo, esattamente dove si è iniziato, stessa sequenza stessa situazione. Splendido, geniale. Anche in Django la sceneggiatura è perfetta; la storia è narrata con una consecutio temporum irreprensibile pur concedendosi dei salti narrativi, dei brevissimi flash back di pochi secondi che Tarantino usa per rafforzare alcuni passaggi particolari della vicenda dello schiavo liberato. Ma nulla del racconto della vendetta di Django è inutile, posticcio o ridondante. Tutto è funzionale alla vicenda e al raggiungimento dell'epilogo finale. Se proprio bisogna muovere una critica è forse quella della mancanza di uno o più colpi di scena. Quel qualcosa che non ci si aspetta e che scompagina l'attesa dello spettatore. Tutto è talmente calibrato che Tarantino non sente il bisogno di nessun colpo di scena veramente imprevedibile. La storia è di per se appassionante, così come è congegnata e narrata. Tarantino si ama o si odia. E io, modestamente, lo amo.

Mostri di bravura gli attori protagonisti, da Jamie Foxx a Leonardo Di Caprio, da Christoph Waltz a Samuel L. Jackson. Più una serie di piccole chicche di altri grandi attori in piccolissime parti che vale la pena di andarsi a cercare una ad una per conto proprio. Buon divertimento.

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