giovedì 29 aprile 2010

Il transetto, questo sconosciuto...

I pilastri della terra, di Ken Follett.
Un'epopea medievale che si sviluppa attraverso l'arco di una quarantina d'anni nel XII secolo di un'Inghilterra feudale dilaniata da lotte intestine tra i potenti nobili in perenne caccia di potere e denaro. Sullo sfondo una chiesa che già impone la sua presenza dominante sgomitando sia sul fronte confessionale che quello temporale.  Storie di cattedrali da erigere e di frati devoti, ma anche di vescovi felloni e spregiudicati. Ma anche di re, di cavalieri, di conti e di dame che, ora l'uno ora l'altro, governano, spadroneggiano, cadono e risorgono senza soluzione di continuità. Insomma ce n'è per tutti i gusti. Il libro è del 1995. In tutti questi anni ci sono girato intorno in maniera ondivaga. Interessato e incuriosito ma non al punto da iniziarne la lettura. Lo leggo, non lo leggo... sempre in dubbio soprattutto per la fama di scrittore popolare di non eccelse qualità che l'autore Ken Follett si porta dietro. Non secondariamente, anche perchè intimorito dalle dimensioni del libro: circa 1000 (mille!) pagine. Per mantenere interesse e qualità sulla distanza di una vera e propria maratona bisogna essere degli scrittori formidabili... Ma alla fine venne il momento di attaccare i pilastri della terra. E' stata una lettura interessante, tranquilla, istruttiva, Non sarà alta letteratura come dicono i palati fini, ma certamente non manca di coinvolgere il lettore. Interessante soprattutto sotto il profilo storico-artistico per le minuziose descrizioni sia delle vicende dell'Inghilterra medievale che dell'arte dell'epoca, nel passaggio dal romanico al gotico, dall'arco a tutto sesto a quello a sesto acuto. Diciamo che ho dovuto rispolverare i miei sbiaditi ricordi di storia dell'arte del liceo (il transetto, questo sconosciuto...) per stare dietro alla narrazione delle gesta architettoniche di Tom il costruttore e del suo figlioccio Jack perdutamente innamorato della bella Aliena, la contessina in disgrazia. Ok non sarà un capolavoro, tuttavia non è difficile fare le due di notte per finire assolutamente quel tal capitolo che non si può proprio lasciare lì in sospeso...
Una curiosità. Follett cita spesso i mercanti italiani che cominciavano ad affacciarsi sui mercati del nord. Ma ho qualche dubbio che storicamente abbiano un senso i termini Italia e italiano in pieno 1100. La penisola italica in quel tempo era tutto tranne che un paese unitariamente identificabile sotto un'unico nome, bensì un mosaico dalle mille tessere. Chi ha sbagliato (se di sbaglio si tratta effettivamente)? Follett o il traduttore?
Esiste un seguito del romanzo sulle vicende legate alla cattedrale di Kingsbridge, Mondo senza fine pubblicato un paio di anni fa. Sono 1.300 (milletrecento!!) pagine. Auguratemi buona fortuna, ho appena cominciato a leggerlo...
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domenica 25 aprile 2010

Film visti. Green zone

Green zone
regia di Paul Greengrass, con Matt Damon, Greg Kinnear, Jason Isaacs, Amy Ryan.
[voto: 3 su 5]

Un solido, convincente e spettacolare action movie a sfondo bellico. E anche qualcosa di più. Infatti il film va oltre la solita pellicola sui marines eroici e i cattivi di turno da combattere e sconfiggere. Green zone è anche un film politico e storico, sia pure in chiave hollywodiana. Tanto per intenderci la parte dei buoni qui è affidata agli agenti della Cia in lotta aperta con i politici di Washington...., non so se mi spiego.
Il contesto storico che fa da sfondo alla vicenda è la guerra in Iraq del 2003. Ho detto di un film anche storico e politico perchè per apprezzare e seguire le vicende del film occorre avere un po' di idee chiare su quelli che furono i fatti e gli avvenimenti di quei mesi che precedettero e seguirono l'invasione dell'Iraq di Saddham Hussein. L' accusa di possedere arsenali di armi di distruzione di massa fu la molla che fece scattare l'invasione da parte degli Usa e degli alleati. Accuse e relative prove a suffragio raccolte dagli Usa dell'amministrazione Bush e avallate da una decisione dell'Onu che di fatto dava il via libera alle operazioni militari, ossia alla guerra. Peccato che poi quegli arsenali di armi chimiche, batteriologiche e atomiche non furono mai trovate dalle truppe del superteconologico e potente esercito americano. La cosiddetta pistola fumante era, in realtà, fredda. Un dettaglio che poteva far risparmiare decine di migliaia di vite umane, sia fra i militari di ambo le parti che fra la popolazione civile. Il film narra proprio di questi eventi - debitamente romanzati, ma non troppo- che scoperchiarono la vergognosa manipolazione di notizie date in pasto all'opinione pubblica al solo scopo di giustificare una guerra mascherata come atto di difesa preventiva, ma che aveva in realtà connotati e giustificazioni di carattere politico ed economico preordinati dall'amministrazione Bush.
Il film fa il paio, per certi versi, con quello di Roman Polanski (The gost writer - L'uomo nell'ombra), tuttora nelle sale cinematografiche, che tratta all'incirca lo stesso argomento, ma dal punto di vista del declino politico del Primo Ministro britannico (facilmente identificabile in Tony Blair), fedele alleato degli Usa, proprio per lo scandalo della bufala della pistola fumante.
Una considerazione. Questi due film sono l'esempio lampante di come Hollywood riesca, nonostante tutto, a trattare argomenti -politici e d'attualità- scottanti e delicati come questi pur facendo parte del sistema-america. La politica americana e dei suoi alleati ne escono con le ossa rotte, ma ciononostante il cinema ne parla e senza fare troppi sconti a nessuno. Una concreta e tangibile indipendenza culturale e artistica dal potere politico? (ci metto un punto di domanda, chè il beneficio del dubbbio non guasta mai in questi casi e su certi argomenti...). Sarebbe mai possibile un'operazione del genere in Italia? Ricordiamo tutti, credo, le feroci polemiche che anticiparono e seguirono l'uscita del film di Moretti Il Caimano esplicitamente ispirato al personaggio Berlusconi.... Un esempio, ma si potrebbero citare anche Il Divo di Sorrentino (Andreotti e la DC) o La Prima linea di De Maria (terrorismo). Un mezzo terremoto distruttivo per il cinema e il mondo politico italiano con una bufera di polemiche al calor bianco. Negli Usa Hollywood sforna film e i politici governano. A ognuno il suo mestiere... Il successo del film lo decreta il pubblico e/o la critica, non certo i politici ringhiosi.
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mercoledì 21 aprile 2010

Un'occasione persa per stare zitto

Bossi jr: ai mondiali non tiferò Italia
( ...ma chissenefrega?)

ROMA (20 aprile) - Ai prossimi Mondiali di calcio Renzo Bossi, figlio del leader della Lega Nord, non tiferà per la nazionale italiana di Marcello Lippi . In un'intervista al settimanale Vanity Fair nella quale Bossi jr contesta di essere un ignorante e rivela di studiare economia in un'università all'estero «per non trovarsi i giornalisti in aula al momento dell'interrogazione». Parlando di calcio e dei prossimi mondiali, Renzo Bossi dice: «No, non tifo Italia».  Degno figlio di tanto padre.
È sferzante la risposta di Gigi Riva, team manager azzurro: «Se non gli sta bene può anche andarsene dall'Italia, nessuno ne farà una malattia...».

Piccola riflessione. Se c'è una cosa che forse tiene ancora unita l'Italia dilaniata da lotte politiche sempre più esacerbate, è proprio la nazionale di calcio. Adesso bisogna sporcare di politico anche la maglia azzurra, ultimo simbolo unitario. Bossi jr. ha perso un'ottima occasione per stare zitto e continuare dilettarsi con la pleistescion, come gli compete. Effetti del nepotismo più becero che porta un ragazzino di diciotto anni o giù di lì a montarsi prematuramente la testa.

Coprolalia (o del segno dei tempi)

Coprolalia, dal greco kopros, sterco e lalia, linguaggio. La coprolalia consiste nella pronuncia, compulsiva e ripetitiva di parole oscene, in particolare nell’impulso anomalo a fare continuo riferimento, con parole volgari, agli escrementi, all'ano e agli organi genitali. E' una malattia, nè più nè meno, ma forse è più corretto e adeguato ai tempi considerarla invece una moda. Un segno dei tempi che viviamo, decadenti, tendenzialmente aggressivi anche nelle espressioni e nei comportamenti più banali e, soprattutto, volgari. Non voglio fare nè il moralista, nè il bacchettone, ma è un dato di fatto che balza agli occhi e alle orecchie semplicemente prestando un po' di attenzione. Sembra che una frase o un discorso abbiano più valore se rafforzati da qualche imprecazione (meglio se di "ambito" genitale) o da qualche bestemmia. Abitudine diffusissima e dilagante anche nei ceti medio-alti, sia culturalmente che economicamente. Dunque non è una incapacità di usare un diverso linguaggio più trattenuto ed educato (?), bensì una vera e propria scelta. Un carico da dieci. Perchè fa "figo", perchè "lo dicono anche in tv", perchè è lo slang abituale, perchè non usarlo etichetterebbe in maniera troppo conformista e perbenista l'utilizzatore stesso. Per non sembrare mosci e slavati. Etichette evidentemente scomode per molti.
Fateci caso, il linguaggio anale e genitale è stato sdoganato da qualche tempo anche in radio e in tv; non come scivolone occasionale, involontario o deprecabile, ma sempre più alla luce del sole e con la patente della normalità. Ed ecco che il florilegio di organi genitali diventa il denominatore comune di tanti, spesso insospettabili. Ma sarà la radio e la tv che mutuano il linguaggio dalla quotidianità o sarà invece vero il contrario? Certo non tutti ne sono vittime o protagonisti allo stesso modo e con la stessa intensità e frequenza, ma la tendenza è indubbiamente questa. Di pari passo con la crescita verticale di rafforzativi genitali, viaggia anche l'assimilazione nella lingua parlata e scritta del linguaggio esasperatamente stringato e conciso (eufemismi!) in stile quasi-sms. Poche parole risicate e abbozzate per esprimere concetti elementari, guai a usare frasi lunghe ed articolate. Guai a perifrasi, a subordinate e relative. Guai ad analogie e metafore.
D'altronde, se vi va bene così ok, sennò vaffanculo, cazzo!
E' il linguaggio moderno, bellezza. Virgola, punto, punto e virgola.
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martedì 20 aprile 2010

I figli so' piezz' e core





A ben vedere il compleanno è un giorno come un altro. E così per qualsiasi altra ricorrenza.  Quindi nulla di particolarmente   eccezionale. I compleanni poi si vivono in maniera decisamente diversa a seconda dell'età. La voglia di festeggiare è spesso inversamente proporzionale al numero degli anni che ci si porta dietro. Ma feste e ricorrenze possono essere motivo di qualche riflessione. E' proprio quello che mi è capitato in questi giorni.
Mia figlia minore ha compiuto 22 anni (lo avete letto nel post precedente), è ormai una persona adulta con cui si ragiona e si discute normalmente di tutto. E' questa una delle cose che rende unica l'esperienza della paternità. Quando le mie figlie erano piccoline immaginavo quando sarebbero state grandi e tutte le cose che avrei potuto fare insieme a loro. Dopo anni di gavetta passata a crescerle ed accudirle arriverà pure il momento di godere di un ritorno appagante (...pensavo fiducioso). Come papà sono stato abbastanza "sui generis" essendomene preso cura fin da quando erano in fasce. Credo di essere stato uno dei primissimi casi di aspettativa lavorativa maschile post partum (certamente il primo del Veneto nella mia azienda), perchè mia moglie non poteva assentarsi dal lavoro oltre i primi tre mesi di allattamento. Problemi contrattuali non superabili. Quindi è toccato a me stare a casa e accudire in tutto sia la prima che la seconda figlia. Dalle prime pappe e biberon dopo l'allattamento, ai pannolini puzzolenti. E poi le passeggiate con la carrozzina, i giardini pubblici con le giostrine e tante mamme simpatiche con cui fare conoscenza (la faccenda della paternità faceva spesso colpo...). In quegli anni credo di aver spalmato chili di pasta di Fissan su quei sederini arrossati. Rifarei tutto, anzi è probabilmente stato uno dei periodi più belli ed emozionanti della mia vita. Sentivo e sento tuttora parlare dei disagi insormontabili di certi papà alle prese con i bambini. Racconti schifati di cacche verdognole e mefitiche. Di pianti e di capricci e via lamentandosi. Nulla di tutto questo. Non che le mie figlie la facessero profumata o non piantassero mai qualche capriccio...., ma sono in gran parte sciocchezze belle e buone, scuse buttate lì per non sporcarsi le mani, in senso figurato e anche no. In molti casi fare gli schizzinosi conviene. In ogni caso è stato molto meglio che le mie bambine siano state seguite da un papà volenteroso e motivato piuttosto che da una baby sitter estranea. Almeno fino all'età dell'asilo nido.
A distanza di anni, anzi decenni, ricordo sempre con una punta di commozione e di orgoglio quel periodo in cui le mie bambine le ho viste crescere letteralmente sotto i miei occhi, giorno dopo giorno. E' una cosa fantastica che consiglierei a chiunque e ad occhi chiusi. Se penso che mi sarei potuto perdere tutto questo se mia moglie avesse potuto assentarsi dal lavoro... mi vengono i brividi. Non voglio passare da eroe, perchè l'eroismo è sempre legato ad un sacrificio, mentre per me è stata una vera gioia.
Dicevo prima che, adesso che sono grandi, finalmente è arrivato il momento in cui mi posso godere le figlie come persone adulte e fare con loro tante cose interessanti e costruttive. Col cavolo. Le loro priorità non collimano affato con le mie e non contemplano la compagnia paterna. Anzi, spesso sono considerato piuttosto ingombrante, brontolone e antico. Nell'ordine preferenziale il papà (e la mamma) occupa un posto di fondo classifica, quasi in zona retrocessione accidenti. Prima di tutto vengono i morosi e gli amici e un sacco di altre cose e interessi. Neppure cercando di dare un taglio culturale all'approccio filiale si ottengono brillanti risultati. Mai proporre un film, ti diranno che ne preferiscono un altro. Idem per un libro, quello che stanno leggendo loro è sempre migliore, mentre il mio è noioso e palloso. In un viaggio, vietato dedicarsi a monumenti o opere d'arte, meglio lo shopping e i locali notturni. Questa è la vita. Ma anche in questo caso bando ai lamenti. Tutte le volte che mi viene da protestare e fare un po' la vittima incompresa mi ricordo che sostanzialmente pochi anni fa (ehm...) anch'io la pensavo allo stesso modo e i miei interessi erano ben distanti dal trascorrere ore in compagnia di mio papà. A lui per esempio di cinema e letteratura non gliene importava un fico secco. La musica rock? Roba da debosciati. Negli anni in cui giocavo a rugby penso che sia venuto al campo solo una volta a vedermi giocare. "Ci sono cose più serie del rugby nella vita ... -brontolava- pensa a studiare". Mi ricordo che una delle poche volte che andammo al cinema insieme si rivoltò come una biscia sulla poltrona per tutto il film perchè secondo lui era una schifezza volgare (Romanzo popolare di Monicelli, con Ugo Tognazzi...). Me lo ricordo ancora adesso. A dirla tutta, ai miei tempi i rapporti con mio papà erano di belligeranza continua, altri anni e altre mentalità. Quante discussioni di politica finivano regolarmente in litigi (lui era assolutamente di destra con tendenze monarchiche, non so se mi spiego). Questione di carattere e di mentalità di mio padre, molto poco incline a compromessi sui suoi principi. Non che io fossi  più malleabile, lo ammetto. Vabbè, acqua passata.
E così, mutatis mutanda, si impara a godere anche solo delle mezz'ore passate insieme alle figlie e sottratte ai fidanzati e alle compagnie di amici. Oppure si fa buon viso a cattivo gioco e si accetta di buon grado anche la compagnia dei suddetti fidanzati e amici (chissà perchè mi sembrano tutti un po' tanto naif). Fa comunque piacere che questi giovanotti e giovanotte di belle speranze mi diano del tu, probabilmente perchè avvertono che in fin dei conti non c'è molta distanza tra di noi e non troppa diffidenza generazionale.
Sì, figuriamoci... Una pia illusione, lo ammetto, ma a volte fa bene allo spirito pensarla così... e dunque ogni tanto ne prendo qualcuno per i fondelli per via di quegli stupidi pantaloni portati a livello chiappe e che vanno tanto di moda...
Piccole soddisfazioni di noi padri incontentabili e brontoloni, ma che si sciolgono davanti a un sorriso delle proprie figliole...

lunedì 19 aprile 2010

Film visti. From Paris with love

From Paris with love
Regia di Pierre Morel, con John Travolta, Jonathan Rhys Meyers, Kasia Smutniak.
[Voto: 2 su 5]

Avete presente la classica coppia di sbirri, uno manesco e determinato, l'altro ligio alle regole e alle formalità? Il buono e il cattivo, che lottano uniti contro il Male? Ebbene, lo schema base di questo film scritto e prodotto da Luc Besson è esattamente questo. Arma letale, Starsky e Hutch, Miami vice.... difficile tenere il conto dei modelli di coppie di poliziotti con duplice anima che popolano da sempre gli schermi cinematografici (e televisivi). Il modello qui è aggiornato con i nemici del periodo contemporaneo contro cui scatenare la frenetica lotta al crimine: cinesi spacciatori di droga e arabi terroristi. Sono loro il target dei "buoni". Carneficina assicurata, sparatorie in quantità industriale e inseguimenti mozzafiato.Personaggi come da copione, istrionico spaccone e pistolero John Travolta, dubbioso pivello Rhys Meyers. Dark lady di turno l'attrice polacca, ma da tempo italianizzata, Kasia Smutniak che dall'ambito italiano di fiction televisive e film a basso budget di casa nostra tenta il salto di categoria a Hollywood. Un bel visino, ma niente di più.
Un film di genere da consigliare (moderatamente) agli amanti delle sparatorie cinematografiche senza farsi troppe domande. Decisamente meglio il precedente film del regista Morel (Io vi salverò, comunque sopra le righe e sanguinolento, ma almeno appassionante a differenza di questo From Paris, troppo scontato).

lunedì 12 aprile 2010

Film visti. L'uomo nell'ombra

L'uomo nell'ombra

regia di Roman Polanski, con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, James Belushi, Timothy Hutton.
[Voto: 2.5 su 5]

Ogni film di Roman Polanski è un evento per gli amanti del cinema. Ma quest'ultimo film è una mezza delusione. Elegante, girato con classe, attori ben diretti, tutto bene, tutto ok... ma manca il pathos, il coinvolgimento dello spettatore che non sta a chiedersi come andrà a finire sprofondato e concentrato nel suo confortevole guscio nel buio della sala, ma dopo 40-50 minuti comincia a guardare l'orologio e a sbuffare per la noia. Sì, L'uomo nell'ombra è noioso, non succede mai nulla e le emozioni latitano per quasi tutte le due ore del film. Il problema sta nella trama e nella sceneggiatura che non riescono a decollare assolutamente. Troppo facile e impietoso il confronto con il film di Scorsese (Shutter Island) ancora presente in qualche sala. Tanto è avvincente quello, tanto è sonnolento e privo di guizzi vitali questo. Ahimè, non tutte le ciambelle riescono col buco.... neanche quando il cuoco è il vecchio Roman. Che sia troppo distolto dalle sue disavventure giudiziarie?
L'uomo nell'ombra del titolo è il ghost writer cioè lo scrittore-biografo che c'è ma non si vede e non si deve vedere. Colui che scrive per il personaggio di turno (naturalmente potente e troppo superimpegnato per dedicarsi a queste quisquiglie) autobiografie, commenti d'agenzia, dichiarazioni, discorsi, interventi pubblici e via discorrendo. Ovvio che possa mettere il naso dove non dovrebbe e che alla fine finisca nei guai in un gioco di potere più grande di lui. E' quello che succede allo stranito scrittore mestierante Ewan McGregor e prima di lui al suo predecessore,  misteriosamente morto annegato. Chi, come e perchè, lo si scopre nel corso del film, ma alla fine il fatto saliente è che il film approda all'ultima sequenza senza un vero colpo di scena se non qualche squarcio di una decina di minuti dove e quando proprio non se ne poteva fare a meno. E anche l'epilogo finale tutto sommato non scuote nessuno dal torpore generale.
Il personaggio del politico potente e in disgrazia è chiaramente ispirato all'ex primo ministro britannico Tony Blair a cui Pierce Brosnan fa il verso,  in maniera antipatica e da damerino ingessato, come suo solito.
Una curiosità. Nel cast figura anche James Belushi. Quasi irriconoscibile. Offro una birra a chi invece non si fa ingannare dal suo aspetto e lo riconosce. Al volo però, perchè rimane in scena non più di un paio di minuti, il tempo di dire due-tre battute, non di più, e via.

giovedì 8 aprile 2010

Predi pedofili: omertà vergognosa.

Nel post di dicembre scorso mi ero già occupato del problema dei preti pedofili (La colpevole omertà della Chiesa irlandese). Il tema è tornato prepotentemente di attualità con le cronache degli ultimi giorni e nello specifico da quando il New York Times ha tirato in ballo addirittura il Papa. In conseguenza di ciò si sono mosse le massime cariche vaticane che hanno difeso la posizione del pontefice accusato di essere a conoscenza di determinati casi di pedofilia e di aver messo a tacere i fatti. E' stato addirittura tirato in ballo l'antisemitismo nell'omelia del Venerdi santo in San Pietro. Insomma un bel casino.

Su tutta questa squallida storia mi preme fare alcune considerazioni.
- I preti sono esseri umani e in quanto tali possono sbagliare. La loro condizione di ministri del culto non li pone al di sopra e al riparo delle tentazioni come qualsiasi uomo o donna in stato di laicità. Quindi sbagliano come chiunque altro. Ma questo non vuol dire minimizzare il problema o tentare di ridurlo a pochi casi isolati.
- Il ruolo e la funzione dei sacerdoti rendono ancora più odioso il crimine commesso, perchè tradisce la fiducia e l'affidamento delle persone, adulti e minori, che ad essi si rivolgono a causa del loro essere religiosi consacrati a Dio.
- L'aspetto che rende vergognosa e scandalosa la vicenda dei preti pedofili è che di fatto i soggetti coinvolti godono di una vera e propria immunità e mai o quasi mai sono chiamati a risponderne di fronte alla giustizia dei paesi dove si verificano tali crimini. I giornali di questi giorni snocciolano casi e situazioni terrificanti. E' questa omertà di fondo che tende a insabbiare questa fogna maleodorante che diventa inammissibile. Può succedere che la notizia arrivi più in alto, ma tutto finisce troppo spesso con un semplice trasferimento dei preti col risultato che questi pervertiti continuano comunque a fare ciò che vogliono per decenni, ma in un'altra sede. C'è notizia di qualche prete denunciato alle autorità giudiziarie, che venga processato e finisca in galera? No. Nella quasi totalità dei casi la cosa si risolve in grossi pagamenti di somme di denaro per tacitare le vittime, evitare denunce e galera e tutto finisce lì. Sempre che la cosa venga alla luce, altrimenti niente di niente. Il tutto rimane nelle segrete stanze ecclesiastiche. Se qualcuno va in giudizio o finisce in galera è solo perchè le vittime lo denunciano, ma mai che sia la chiesa stessa a prendere l'iniziativa. Questa è la vera vergogna e il vero scandalo che dovrebbe far inorridire la Chiesa, dal Papa in giù.
Un esempio concreto: proprio ieri si è letto sui giornali di un vescovo norvegese che nel gennaio 2009 ha ammesso pubblicamente di aver abusato di un ragazzino. A maggio dello stesso anno il vescovo ha dato le dimissioni (accettate dal papa) ed è stato trasferito altrove. Fine della storia. E la legge? E la giustizia? E la galera? Niente. Nessuna denuncia, nessun reato. Un trasferimento e tutto finisce lì. Questo è lo scandalo che si aggiunge allo scandalo. Una vera vergogna.
La posizione ufficiale del vaticano è che non bisogna generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio per buttare fango su tutta la Chiesa e il clero. Giusto, sono assolutamente d'accordo. Non tutti i preti sono pedofili  e farabutti (ci mancherebbe). Per uno che sbaglia ce ne sono mille onesti e retti. Ma perchè non dimostrare l'assenza di una volontà omertosa e insabbiatrice da parte della Chiesa con denunce alle autorità e fare in modo che quelle "pecore nere" siano perseguite dalla legge e dalla giustizia degli uomini come chiunque altro?

martedì 6 aprile 2010

L'Aquila, terra di conquista

Un anno fa e oggi......

Un anno fa il sisma a L'Aquila, alle 3.32 della notte fra il 5 e il 6 aprile. Si dice L'Aquila ma si intende Abruzzo, perchè la forza devastante del terremoto ha colpito non solo il capoluogo ma anche innumerevoli paesini della provincia. I 308 morti sono prima di tutto abruzzesi oltre che aquilani. Ma esiste un'altra forza devastante che ha colpito L'Aquila, l'Abruzzo e gli abruzzesi. Quella della speculazione e della manipolazione che tutto strumentalizza a proprio piacimento. Abbiamo letto le cronache giudiziarie sui farabutti che se la ridevano al pensiero di quanto avrebbero guadagnato dalla ricostruzione, abbiamo letto della corruzione e dello scandalo degli appalti che ha colpito ad ogni livello, abbiamo visto e sentito l'oscena speculazione sul terremoto a fini elettorali che è stata fatta negli ultimi mesi. Ma non basta, al peggio non c'è mai limite, perchè in questi giorni  e in queste ore del primo anniversario la storia si ripete. Basta accendere la tv o leggere un qualsiasi giornale. L'Aquila è in prima pagina. Ma sempre e comunque come terra di conquista: o per elogiare la ricostruzione o per evidenziarne le grandi lacune e i ritardi. Sembra una preda esanime a cui tutti i predatori affamati della savana vogliono staccare a morsi un brandello per cibarsene!
Naturalmente ancora una volta vittime della situazione, al centro di questo tira e molla mediatico sfacciato e oltraggioso, ci sono gli aquilani e gli abruzzesi che sono tirati per la giacchetta da chiunque abbia un microfono o un blocco notes in mano.
- Berlusconi ha saputo dare una casa a chi era senza... 
- Berlusconi è un millantatore che lancia solo fumo negli occhi per scopi politici...
- L'Aquila è risorta...
- L'Aquila è ancora un cumulo di macerie...
- Gli abruzzesi hanno nuovamente un tetto dove abitare...
- La gran parte degli abruzzesi terremotati sono ancora negli alberghi sulla costa e chissà quando torneranno in un avera casa...
- Centinaia di nuove abitazoni approntate a tempo di record
- Speculazione politica e operazione di facciata ad uso elettorale
Questo si sente, si vede e si legge ogni giorno su tg e giornali. Ma qual'è la verità? E va avanti così da mesi e mesi. Basta non se ne può più. La politica e i politici non hanno alcun ritegno, neppure di fronte alla morte e alla devastazione.

Con tutto l'affetto, la comprensione e la solidarietà per chi si è trovato in una manciata di secondi senza casa e con amici o parenti morti sotto le macerie, tutto questo mercato delle vacche intorno a L'Aquila mi da veramente la nausea. Basta, non se ne può più di facce contrite e di circostanza dei vari giornalisti che fanno i loro reportage piazzandosi davanti alle telecamere con il loro bravo cumulo di macerie alle spalle. Basta con gli atteggiamenti falsi e ipocriti che saccheggiano senza vergogna ciò che gli abruzzesi hanno tentato strenuamente di difendere ad ogni costo: la loro dignità di esseri umani provati dal terremoto. Basta.

lunedì 5 aprile 2010

Film visti. Mine vaganti

Mine vaganti
regia di Ferzan Ozpetek con Riccardo Scamarcio, Nicole Grimaudo, Alessandro Preziosi, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino, Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci, Ilaria Occhini.
[voto: 2 su 5]

Omosessuali, gay, culatoni, checche, froci, ricchioni.... I vocaboli in uso sono molteplici e variano a seconda che si voglia affibiare un senso dispregiativo al termine indicante una non omologata caratteristica sessuale. Per intenderci subito, Mine vaganti inizia parlando di omosessuali e finisce col rappresentarli come froci. Fatto salvo questo distinguo preliminare, questo ultimo lavoro di Ozpetek poteva essere un buon film (l'idea di fondo è ottima) sul tema dell'omosessualità vissuta nel quotidiano finalmente libera da clichè di maniera; invece degenera riducendo alcuni dei personaggi alle solite macchiette da avanspettacolo. Per l'appunto, ricchioni o froci. Peccato, perchè se il film avesse mantenuto le promesse iniziali poteva essere un'occasione per parlare di omosessualità in maniera più seria e vera. All'inizio è stato proprio questo il pensiero che mi girava per la testa: finalmente un film in cui gli omosessuali non sculettano o parlano come al solito... Il prosieguo del film mi ha fatto ricredere.
Scamarcio e Preziosi sono due fratelli di famiglia benestante che decidono di fare outing spinti a questo passo per cercare altre vie di realizzazione personale che non siano l'azienda di famiglia in un ambiente chiuso e bacchettone come quello leccese dove è ambientata la vicenda e soprattutto dall'oppressione insostenibile della famiglia stessa, ossessionata dal mito dominante del maschio sciupafemmine. Infatti alla rivelazione pubblica del segreto segue l'inferno con tanto di infarto del padre che si sente tradito dalle filiali preferenze sessuali non conformi al comune pensiero omofobico. Si innestano i vari personaggi peraltro tutti molto "già visti" e prevedibili: la nonna saggia e filosofa (una sempre bella Ilaria Occhini), il padre-padrone e marito di cui sopra puttaniere e autoritario,  la madre e moglie cornuta e consenziente, la zia svampita e semi alcolizzata, la pletora di famigliari, domestiche e amici di famiglia, tutti secondo clichè. C'è anche l'immancabile donna-manager in carriera (una notevole Nicole Grimaudo), insoddisfatta, depressa e -chissà perchè- pericolosa al volante. Quasi patetici i flash back della nonna sposina in abito bianco nuziale che rimembra i giorni della sua giovinezza e del suo matrimonio infelice. Insomma tutto all'insegna del più banale déjà vu, comprese le frasi pensose-simil-filosofiche da cioccolatini perugina snocciolate dalla nonna-filosofa. Ciliegina sulla torta gli amici froci di Scamarcio che sembrano presi pari pari da un film dei Vanzina. Tutto per strappare qualche risata e alleggerire la storia (?). Mah.

In sintesi, il film nasce da buone intenzioni e altrettanto buone premesse, salvo poi arenarsi su tanti, troppi, luoghi comuni e clichè super sfruttati e già visti.
Un altro (ultimo) appunto a Ozpetek: come si fa ad ambientare un film a Lecce mostrando in tutto il film solo un paio di inquadrature della splendida città salentina e senza un solo personaggio che parli con un accento leccese appena decente...? Oltretutto la cadenza salentina è così bella e musicale!
Bocciato.