Intanto c'è stato il colpo di scena iniziale. L'influenza tiene lontano dal palcoscenico la soprano titolare del ruolo di Elsa, Anja Harteros, sia la sua "riserva" Ann Petersen, che avrebbe dovuto sostituirla. La nuova protagonista, Annette Dasch, è arrivata in tutta fretta a Milano in piena notte senza poter provare nulla se non frettolosamente e utilizzando addirittura degli abiti di scena non suoi. Tuttavia ha incantato il pubblico della Scala. Ho fatto il tifo per lei. Ci vogliono palle per affrontare una prima alla Scala senza preavviso e senza prove. Complimenti.
Wagner non mi entusiasma, anzi a dirla tutta, lo trovo noioso e ed eccessivo. Non mi prende, non mi acchiappa. Sicuramente per limiti miei e per la mia incultura musicale, me ne rendo conto. Ma è stato difficile arrivare alla fine delle oltre 5 ore di rappresentazione. Oltretutto anche il libretto ci mette del suo con tutti quei richiami continui alla purezza. Del regno di Brabante, degli uomini nobili e probi, di Elsa, di Lohengrin stesso. Quando sento un tedesco parlare troppo insitentemente di purezza, mi vengono sempre i brividi per la schiena... Tuttavia devo riconoscere che è stato uno spettacolo all'altezza della Scala con gli assi nella manica rappresentati dagli interpreti, dal maestro Baremboin, dal coro. Unico neo, la scelta registica di Claus Guthdi di ambientare la vicenda nell'800. Proprio sbagliata. Come si fa a collocare nel XIX secolo una storia di quasi mille anni prima, fatta di dei, di eroi semidei, di uomini trasformati in cigni, di Graal e compagnia mitica cantante? No, davvero, proprio non ci siamo.
Del resto la mia diffidenza verso Richard Wagner è in buona compagnia:
"Non posso ascoltare molto Wagner. Mi fa venire voglia di invadere la Polonia.".
"Devo acquistare tutti i dischi di Wagner. E anche una motosega".
Woody Allen
Annette Dasch (soprano) e Jonas Kaufmann (tenore), protagonisti di Lohengrin |
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