mercoledì 12 gennaio 2011

Libri. Faletti in picchiata

APPUNTI DI UN VENDITORE DI DONNE
di Giorgio Faletti

Se il precedente Io sono Dio era denso di suspence e colpi di scena e con un intreccio narrativo interessante ed originale, quest' ultimo lavoro di Giorgio Faletti è decisamente parecchi gradini sotto il livello di galleggiamento, nonostante il grande battage pubblicitario e le lodi sperticate di D'Orrico sul Corriere che, in sede di presentazione, arrivava a definire Faletti "il più grande scrittore italiano" contemporaneo. Ma a ben vedere è proprio l'eccessiva spinta pubblicitaria che lasciava intravvedere da subito i limiti del libro che altrimenti non avrebbe avuto bisogno di tanto e tale sostegno.
E' la storia di tale Bravo, magnaccia di prostitute di alto bordo, che vive border line in un mondo di malavita senza tuttavia farsene coinvolgere in maniera pesante e definitiva. La vicenda è ambientata a Milano sul finire degli anni '70, quelli di piombo, delle Brigate rosse e del delitto Moro. Ma è anche l'epoca della Milano afflitta dalle lotte tra bande di malavitosi del tipo Turatello e Vallanzasca. Sullo sfondo gli intrecci delittuosi tra politica e malavita che poi avrebbero portato alla degenerazione della Milano da bere, quella della spegiudicatezza disinvolta e priva di scrupoli di sorta.
Interessante il quadro d'insieme, ma deludente il romanzo che comincia tardivamente a decollare solo dopo le prime 150 pagine. E già questo basterebbe a chiudere il discorso. Una storia che ad un certo punto parte per la tangente e sembra sfuggire dalle mani di Faletti che si fa cogliere da manie di grandezza pensando di non avere limiti alla sua fantasia letteraria. Il risultato è che la storia arriva ad un suo epilogo ben presto bruciandosi in colpi di scena abbastanza scontati e prevedibili. Il tutto sembra esaurito a circa un centinaio di pagine dalla fine e il lettore si domanda che ci sarà scritto in ciò che resta da leggere se ormai tutto è successo e tutto è svelato. Qui infatti comincia la parte più penosa del libro, ossia la coda della vicenda che vorrebbe aggiungere sale e interesse con un paio di colpi di scena finali. Pensate ad un film che aggiunge nei titoli di coda l'epilogo della vicenda. Ad effetto, ma artefatto e forzato, nel caso di questo Venditore di donne. Invano perchè tutto sembra decisamente sopra le righe in una storia chiaramente troppo più grande del protagonista (e del suo autore) che all'improvviso si disvela per essere tutt'altra persona da quella che ci era stata presentata. Non aggiungo altro per non rovinare il rovinabile, ma vi assicuro che la sensazione di raccogliticcio e di idee raccattate qua e là è molto forte. Faletti si è forse montato la testa o ha fatto il passo più lungo della sua gamba e tenta di supplire alla pochezza del racconto con esasperanti e barocche descrizioni di fatti e situazioni col risultato di appesantire ogni oltre limite di sopportabilità la sua prosa, che finisce per essere noiosa e irritante. Colpa di chi lo incensa (vedi il già citato D'Orrico) invece di andarci piano e con avvedutezza. Urge per Faletti un radicale ravvedimento per non scadere ulteriormente di livello.

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