venerdì 12 novembre 2010

La scomparsa di Patò

Vigàta, 21 marzo 1890: il ragioniere Antonio Patò, direttore della locale sede della "Banca di Trinacria", funzionario irreprensibile, marito integerrimo e padre amoroso, scomparve nel nulla durante la sacra rappresentazione del Mortorio il giorno di Venerdì Santo, nella quale egli stesso medesimo interpretava il ruolo di Giuda. Che fine fece, meschino? Morì? Si nascose? E soprattutto, perché scomparve? Il mistero è fitto a Vigata e la gente in paese non parla d'altro.

Formidabile. Geniale. Diavolo di un Camilleri, questo suo libro-racconto scritto in forma di dossier, a metà tra la commedia di costume e il giallo è qualcosa di memorabile. Invece che la solita classica narrazione Camilleri sceglie di proporre ai suoi lettori una sorta di raccolta di articoli di stampa, di rapporti di polizia, di resoconti di cronaca ed epistolari attraverso cui i personaggi prendono vita come se si trattasse di un racconto in forma classica. Una sorta di mosaico le cui tessere vanno a comporre un po' alla volta il disegno complessivo della vicenda. Con grande sollucchero finale da parte del lettore... Il tutto con il linguaggio ampolloso e ridondante dell'epoca tardo ottocentesca, in siculo-italiano macheronico e con un senso dell'humour stentatamente tenuto a freno dal taglio di cronaca quotidiana e di burocratese, ma che in realtà colpisce profondamente nel segno riuscendo spesso a far sbellicare dalle risate il lettore. Certi rapporti di polizia sono da antologia nella loro pedanteria apparentemente inutile e stupida. La coppia di inquirenti costituita dal maresciallo dei Regi Carabinieri e dal delegato di Pubblica Sicurezza assomigliano a Gianni e Pinotto per la loro goffaggine e inadeguatezza. Ma attenzione a non farsi ingannare dalle apparenze, perchè come dice il proverbio "scarpe grosse e cervello fino...".

La scomparsa di Patò è purtuttavia di una modernità assoluta. Sebbene la vicenda si svolga come detto alla fine dell'ottocento, i caratteri dell'attualità ci sono tutti: politici ammanicati con il potere finanziario e mafioso, funzionari statali preoccupati di compiacere i politici piuttosto che fare fino in fondo il proprio dovere, media borghesia agiata e popolino ignorante cibato a forza di storie popolari e dicerie di paese, religione e fanatismo da sagrestia che vanno a braccetto con disinvoltura. Ma su tutto regna l'ironia e il sarcasmo di Camilleri nel descrivere questa sua personalissima Sicilia tra le immaginarie Vigata e Montelusa che poi si ritrova tal quale ai giorni d'oggi nei romanzi del Commissario Montalbano. Un piccolo esempio: durante la rappresentazione del Mortorio, ossia la Passione di Cristo, la gente del paese si appassiona così tanto che finisce con l'intervenire direttamente sostenendo o contestando taluni personaggi. E' il caso di Giuda il traditore per antonomasia. Ad un certo punto qualcuno gli tira un coltello che lo manca di poco e si conficca sulle tavole del palcoscenico. Il rapporto di polizia chiarisce le circostanze stabilendo senza ombra di dubbio alcuno che non trattasi di attentato vero e proprio ma di un gesto simbolico di un pio e fedele spettatore che intendeva punire per le vie brevi il tradimento di Giuda che vende Gesù per i famosi trenta denari. Nulla di cui preoccuparsi.  Parola di Andrea Camilleri.

P.S.: all'erta! Del libro è stato tratto un film di prossima uscita con Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè. Personalmente non me lo perderò.

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