La ragazza che giocava con il fuoco
di Daniel Alfredson; con Michael Nyqvist, Noomi Rapace
voto 3 [su 5 ]
Seconda puntata della Trilogia di Millenium di Stieg Larsson. Segue Uomini che odiano le donne e precede La regina dei castelli di sabbia. Non ci sarà una quarta parte, nè in libreria nè al cinema, perchè purtroppo per lui e anche per noi, l'autore è scomparso l'anno scorso in seguito ad un infarto. Ahilui e ahinoi.
Premetto che sono prevenuto verso le trasposizioni cinematografiche di romanzi di successo o anche no. E' raro vedere buoni film tratti da opere letterarie. Il confronto è troppo spesso impietoso. Ma sia il primo che questo secondo episodio fanno eccezione alla regola. Sono entrambi degli ottimi film (il regista non è lo stesso, mentre gli interpreti sì), godibili e apprezzabili anche per chi non abbia letto i tre monumentali tomi dello scrittore svedese. Siamo in pieno territorio poliziesco, con omicidi, stupri, ricatti, sparatorie; abbiamo a che fare con un abile giornalista-investigatore, con un killer spietato e quasi disumano, con una polizia inerme e alquanto incapace, con servizi segreti deviati, con sesso -etero e omo- praticato a piene mani con disinvoltura, con un'eroina eccezionale della quale si riesce ad innamorarsi nonostante la sua antipatia e scontrosità quasi viscerali. Insomma tutti i classici elementi del noir poliziesco, manca solo una perfida dark lady e poi saremmo a ranghi completi . Ma levatevi dalla testa di andare a vedere il solito film di guardie e ladri confezionato secondo i soliti clichè hollywoodiani. Niente da fare. Qui siamo in Svezia, nella vecchia e sonnolenta Europa, non a New York o a Los Angeles, i protagonisti non usano abitualmente il turpiloquio e non si lanciano a vicenda salve di fragorosi fuck you ogni trenta secondi. Insomma, un altro mondo. L'atmosfera è "tranquilla" anche quando la situazione si fa drammatica, la storia riesce ad appassionare lo spettatore anche senza sangue a fiumi o pistolettate che assomigliano a cannonate. Nessuno veste abiti firmati (anzi!) e le donne della storia sono spesso bruttine o sfiorite dagli anni o semplicemente normali, non le solite strafighe del cinema americano. Ma sono vere e assolutamente credibili, nulla a che vedere con le icone cinematografiche a cui ci abitua il cinema americano.
Ma nonostante tutte le diversità di stile e di ambientazione la storia poliziesca funziona, eccome. Assomiglia ad un motore diesel che sale di giri lentamente, quasi a fatica. Ma poi bielle e pistoni fanno i loro lavoro, i tasselli della vicenda si incastrano come in un mosaico e la storia si delinea in tutti i dettagli e in tutte le sfumature, scena dopo scena, pagina dopo pagina, come succede nel romanzo. Trasferire sullo schermo le circa 800 pagine del lavoro di Stieg Larsson non è cosa facile, i personaggi sono tanti e ciascuno è ben delineato sulla carta, con una propria storia, un'identità e una giustificazione all'interno della vicenda; l'intreccio della storia è complicato e si interseca con il primo romanzo, ma sono convinto che sarà apprezzato anche da chi non ha letto nessuno dei tre (e non sa cosa si è perso...).
Fin qui il film e il suo rapporto con il romanzo. Passiamo ad un altro, perchè dal personaggio Blomkvist discende una constatazione piuttosto amara se rapportata alla realtà italiana. Torno alla Trilogia, quella in forma scritta, perchè nel film l'elemento non è ugualmente sottolineato. Il co-protagonista Michael Blomkvist scrive sulla rivista Millenium. E' il campione del giornalismo d'inchiesta. Nel primo romanzo finisce addirittura in galera in seguito alla sua attività di indagine per smascherare dei loschi traffici finanziari da parte di un boss politico. Una figura professionale praticamente sconosciuta in Italia (fatta eccezione per rari casi televisivi), dove il giornalista che indaga alla ricerca di una notizia è scomparso (se mai è esistito) tra i meandri delle veline di partito o è stato asservito e addomesticato da editori-polici-governanti che hanno tutto l'interesse a sotterrare questo filone professionale. In compenso in Italia non mancano i prìncipi della penna, le grandi firme da salotto che sfoderano tutta la loro abilità nel fare da zerbini al padrone di turno, sia sulla carta stampata che in televisione. Inutile fare nomi e cognomi, chi vuol capire ha già capito. Blomkvist si fa rispettare, fa il suo mestiere con onestà e riesce a incutere un sacro timore tra gli indagati semplicemente citando il nome della testata che è sinonimo di verità documentata. Fantascienza pura qui in Italia. I pochi nomi che mi vengono in mente sono quelli di Rai Tre Milena Gabanelli (Report), di Riccardo Iacona (Presadiretta e Annozero). Tutti pericolosamente sul filo del rasoio, tutti a rischio siluramento perchè scomodi. E poi il deserto. Salvo a voler prendere in considerazione il Gabibbo...
P.S.: sul tema del giornalismo d'inchiesta, proprio oggi (29/9) sul Corriere della sera on line c'è un articolo che vale la pena leggere: http://www.corriere.it/cronache/09_settembre_29/lettera-gabanelli-milena-gabanelli_9d055306-acbd-11de-a07d-00144f02aabc.shtml
1 commento:
Ho letto con piacere i tre libri di Larsson questa estate. Una lettura veloce sugli intrighi polizieschi e uno spaccato del grande nord che a volte mi ha sorpreso...ora con mio marito andremo a vedere questo film e a cercare il primo che ormai non si trova più nei cinema..saluti (Lunapiena)
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