
Anni 40, l'Italia post I° Guerra mondiale e del Ventennio fascista arrancava con fatica cercando di risollevarsi dalla crisi che la attanagliava, che già echeggiavano i primi rumours della II° guerra che di lì a poco avrebbe nuovamente insanguinato il mondo intero. Il fascismo si imponeva in Italia instillando negli italiani il sogno di potenza, di gloria e di ricchezza dell'Impero. La gente sognava una vita agiata e spensierata con mille lire al mese. Così recitava una famosa canzonetta dell'epoca. Con mille lire al mese non si diventava ricchi ma si poteva vivere bene, senza troppi pensieri.
Passano 60/70 anni, cambia il secolo, cambia l'economia italiana e quella mondiale. Cambiano i costumi, la cultura; cambiano gli italiani. Il nostro paese passa dai sogni dell'Impero fascista a quelli del villaggio globale e l'Italia si colloca tra le nazioni più industrializzate del mondo senza l'uso dei cannoni. Si ragiona in termini macroeconomici, di pil, di produzione, di redditività. La finanza e l'economia sono le discipline che dettano legge e impongono la loro supremazia su tutte le altre, sulle arti, sulla letteratura, sulla filosofia. Numeri, non parole. Percentuali, non pensieri astratti. Ma una cosa lega l'Italietta della prima metà del Novecento all'Italia del G8 degli anni Duemila. Oggi infatti il sogno degli italiani è quello di avere 4000 euro al mese. Il criterio è quello di allora, quello delle mille lire. Non ricchi ma senza ristrettezze. Un piccolo sogno da coltivare per sopravvivere alla lotta quotidiana con bollette, affitti, conti, tasse da pagare. Mutata mutandis, le mille lire sono diventate quattromila euro; lo stipendio del benessere di una volta è stato sostituito da una vincita al gioco, ma questi sono dettagli da nuovo millennio.
Passano 60/70 anni, cambia il secolo, cambia l'economia italiana e quella mondiale. Cambiano i costumi, la cultura; cambiano gli italiani. Il nostro paese passa dai sogni dell'Impero fascista a quelli del villaggio globale e l'Italia si colloca tra le nazioni più industrializzate del mondo senza l'uso dei cannoni. Si ragiona in termini macroeconomici, di pil, di produzione, di redditività. La finanza e l'economia sono le discipline che dettano legge e impongono la loro supremazia su tutte le altre, sulle arti, sulla letteratura, sulla filosofia. Numeri, non parole. Percentuali, non pensieri astratti. Ma una cosa lega l'Italietta della prima metà del Novecento all'Italia del G8 degli anni Duemila. Oggi infatti il sogno degli italiani è quello di avere 4000 euro al mese. Il criterio è quello di allora, quello delle mille lire. Non ricchi ma senza ristrettezze. Un piccolo sogno da coltivare per sopravvivere alla lotta quotidiana con bollette, affitti, conti, tasse da pagare. Mutata mutandis, le mille lire sono diventate quattromila euro; lo stipendio del benessere di una volta è stato sostituito da una vincita al gioco, ma questi sono dettagli da nuovo millennio.












Era da non so quanto tempo che non lo facevo. Ieri mi sono deciso, complice una mervigliosa e fresca giornata di sole, ho inforcato la mia Caponord (Aprilia ETV 1000, foto accanto) e sono partito. Senza una meta precisa, ho lasciato fare a lei. E lei non mi ha deluso, scegliendo un percorso misto di pianura e di montagna. Prima meta in Valsugana, lungo il corso del Brenta, in uno scenario fantastico. Le acque del fiume prima di arrivare a Bassano e solcare definitivamente la pianura Padana sono cristalline e trasparenti, invitano a gettarvisi dentro, sebbene la temperatura sia quella di un torrente alpino. Poi Primolano e il lago di Arsiè; Feltre e Pedavena con la famosa birra di produzione locale. Belluno, il Piave, Longarone, la diga del Vajont, la Val Zoldana con le vette dolomitiche e il maestoso Civetta (nella foto qui sotto, la vetta del Pelmo illuminata dal sole del mattino). Tutti luoghi che hanno qualcosa da raccontare, di storia patria, di guerra, di morti tragiche, di bellezze naturali, di prelibatezze per il palato. Sì, perchè anche il palato vuole la sua parte, anzi dopo qualche ora in sella alla moto, la reclama. Infatti la Valzoldana e un po' tutto il bellunese verso il Cadore sono la patria del gelato. Longarone, a fondovalle, è sede di una fiera dedicata esclusivamente a questa meraviglia per i peccati di gola ed esporta il gelato nel mondo, soprattutto in Europa e in Germania in particolare, dove le tante gelaterie sono gestite da bellunesi o da figli e nipoti di bellunesi ormai trapiantati.