mercoledì 29 dicembre 2010

La dignità del dolore

appello dei genitori restituiteci nostra figliaAd oltre un mese dalla scomparsa di Yara Gambirasio, la ragazza tredicenne di Brembate di Sopra, anche i genitori escono allo scoperto. Lo fanno nel corso di una breve incontro con i giornalisti, accompagnati dal sindaco di Brembate, nel corso del quale hanno letto un breve comunicato scritto a mano, evidentemente di getto e con il cuore. Fulvio e Maura Gambirasio, tenendosi per mano, chiedono ai rapitori di lasciar libera Yara essendo convinti che sia ancora viva, ma tenuta prigioniera chissà da chi e chissà perchè.
Implorano i rapitori di restituire loro la figlia per poter riprendere a vivere nella normalità quotidiana. I genitori dicono che hanno basato la loro famiglia sull’amore, sul rispetto, sul quieto vivere. Ma non accusano nessuno, desiderano semplicemente che la figlia Yara possa ritornare ed essere restituita così all’affetto della sua famiglia.

Come non commuoversi di fronte alla composta dignità di queste due persone chiamate ad una prova così terribile e dolorosa. Come non andare con la memoria alle immagini urlate e strombazzate senza ritegno del delitto di Avetrana (Sarah Scazzi) e di altri casi similari? L'uno all'antitesi dell'altro. Due mondi così diversi e così distanti da non sembrare nemmeno espressioni dello stesso paese, l'Italia. Un paese ormai abituato a vivere come in un grande reality show dove tutto fa e deve far spettacolo e assumere toni e forme eclatanti per arrivare a far parlare di sè. Brembate non è Avetrana, al punto che i due genitori sembrano quasi due marziani, capitati per caso sulla terra. Ma sono persone vere, come tante altre per fortuna, che vivono il proprio dolore senza bisogno di mostrarlo in tv, con dignità e riservatezza. Che il destino sia lieve e pietoso con loro e con la piccola Yara.

Ecco il testo integrale dell'appello, poche semplici righe che toccano il cuore : «Noi siamo una famiglia semplice, siamo un nucleo di persone che ha basato la propria unità sull'amore, sul rispetto, sulla sincerità e sulla solarità del nostro quieto vivere. Da un mese - prosegue l'appello - ci stiamo ponendo innumerevoli domande sul chi, il che cosa, il come, il quando e il perchè ci sta accadendo tutto ciò. Noi non cerchiamo risposte, noi non chiediamo di sapere, noi non ci assilliamo per capire, noi non vogliamo puntare il dito verso qualcuno, noi desideriamo solo, immensamente, che nostra figlia faccia ritorno nel suo mondo nel suo paese, nella sua casa, nelle braccia dei suoi cari. Noi imploriamo la pietà di quelle persone che trattengono Yara chiediamo loro di rispolverare nella loro coscienza un sentimento d'amore; e dopo averla guardata negli occhi gli aprano quella porta o quel cancello che la separa dalla sua libertà. Noi vi preghiamo, ridateci nostra figlia, aiutateci a ricomporre il puzzle della nostra quotidianità, aiutateci a ricostruire la nostra normalità. La gente ci conosce bene, non abbiamo mai fatto o voluto il male di nessuno, ci siamo sempre dimostrati come una famiglia aperta, trasparente e disponibile verso gli altri e non meritiamo di proseguire la nostra vita senza il sorriso di Yara. Grazie».

1 commento:

Anonimo ha detto...

condivido in pieno e spero tutto si concluda positivamente.... e soprattutto quanto prima.
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Sul malaugurato strombazzamento futuro, invece, aspetterei. Il vassallo televisivo (quello con i porri in faccia e con la lingua lunga al posto del pungiglione) ci ha messo poco a far costruire il plastico un garage avetranese, o di una baita cognese. Qui è una cosa più lunga: si tratta di un piccolo palasport/palestra... con cantiere annesso...la casa a ottocento metri.....
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Che Yara ritorni presto e ci salvi anche da tutto questo.