lunedì 27 dicembre 2010

Film visti. Radical chic in crisi

La bellezza del somaro

Regia di Sergio Castellitto. Con Sergio Castellitto, Laura Morante, Enzo Jannacci.

Voto: 2 su 5
 
Poteva essere l'occasione per trattare temi seri e attuali con la mano leggera della commedia, sobria, elegante e sottilmente acuta. Invece no, il risultato è la solita mezza farsa troppo urlata in chiave caciarona-porchettara alla romana. Stile, sobrietà, leggerezza, argutezza narrativa e tutto quello che poteva essere e non è stato. In poche parole, questo è La bellezza del somaro, laddove per somaro deve intendersi quella istintività un po' ignorante (nel senso positivo del termine), che arriva al cuore dei problemi con l'intelligenza, il buon senso e l'istintività, lasciando da parte sciocchi intellettualismi e artefatte costruzioni mentali.
Una banda di esaltati, ecco cosa sembrano di primo acchito i protagonisti di questo film di Castellitto. Non si salva nessuno, dal primo all'ultimo, protagonisti e personaggi collaterali. Denominatore comune: la mania di essere politically correct; di fare-agire-pensare-parlare nel modo giusto e moderno e con un manuale di psicologia impresso nella testa come dogma assoluto; rispettosi di tutti ma rispettosi di niente; aperti a tutto, non prevaricatori e non autoritari fino all'eccesso nei confronti dei figli, ma di fatto sostanzialmente incapaci di dare loro un indirizzo di vita concreto e certo; agiatamente borghesi e benestanti fino al midollo con tanto di casale rustico in Toscana e alto tenore di vita, ma pronti -a parole- a dichiararsi invece radicalmente antiborghesi; radical chic con il terrore di invecchiare che coltivano il mito dei "figaccioni" anche dopo i cinquanta; con l'amante giovane e bonazza, ma innamorati persi della moglie; con il chiodo fisso della "canna" che fa tanto "giovane e ribelle", panacea di una gioventù ormai persa soprattutto nella mentalità ancorata a schemi vecchi e obsoleti; con la mania delle citazioni dotte e intellettuali quale sfoggio di cultura à la page; bisognosi di uno psicoterapeuta di pronto uso per ogni evenienza o difficoltà della vita... Con questo bagaglio di soffocanti attributi ecco i protagonisti del film che dipinge impietosamente una generazione di quasi-cinquantenni radical chic in crisi nera, perdenti e di inconcludenti, incapaci di crescere e diventare pienamente adulti.
La loro conclamata e sbandierata modernità e apertura mentale viene messa in discussione dall'arrivo del nuovo fidanzato della figlia diciassettenne della coppia protaginista (Castellitto-Morante) che si rivela essere un canuto settantenne dall'aria tranquilla e inoffensiva, che ben presto però dimostra di saperla lunga sulla vita e sulle persone. Una specie di filosofo che gira con un bonsai sotto il braccio. Molto più aperto alla vita di quanto si vantino i genitori quasi-cinquantenni radical chic e tutta la loro sconclusionata combricola di amici. In certi casi -ahimè-  non si va oltre alla macchietta di maniera.
Così il ponte di Ognissanti da passare allegramente tutti insieme nel casolare in Toscana, in una gestione assembleare dei tempi e dei modi di vivere, diventa un momento di scontro con la realtà che viene sbattuta loro in faccia senza riguardo e senza preavviso. Un fulmine a ciel sereno in seguito al quale tutti vanno in crisi, membri della famiglia, amici e conoscenti/estranei aggregati alla bella compagnia (il paradosso è che la moglie Morante in quanto psicoterapeuta si porta dietro per il ponte un paio di allucinati pazienti "per non creare in loro alcuna crisi di abbandono"...) e perfino l'amante ripudiata di Castellitto inviperita per essere messa da parte senza tante storie.
Insomma un film eccessivo in tutto, dove la vicenda nasce, sia pure sopra le righe, in maniera per la verità interessante arrivando addirittura a citare, nel momento in cui la figlia presenta il "fidanzatino" in famiglia, il famoso "Indovina chi viene a cena" (due premi Oscar nel 1968 con i grandi Spencer Tracy, Katharine Hepburn e Sidney Poitier). Salvo poi buttare tutto in caciara troppo gridata ed esasperata con le solite macchiette romanesche già viste e riviste troppe volte. Radical chic alla vaccinara, verrebbe da dire.
Un peccato, perchè l'argomento era di per sè molto stimolante sia per la tematica che per il contesto in cui si svolgeva e poteva essere affrontato in  maniera ben diversa, pur mantenendola nei binari della commedia. Invece Castellitto (regista) e la moglie Mazzantini (autrice) si buttano sulla commedia in maniera piuttosto greve e prevedibile, finendo per fare del male a se stessi e al film.
Un discorso a parte per il senex della situazione, Enzo Jannacci, chiamato alla prova cinematografica nel ruolo del fidanzatino settantenne. Un personaggio dallo sguardo stranito (perfetto per il vero Jannacci) che  in quell'ambiente roboante e caciarone è chiaramente del tutto fuori posto, tant'è vero che alla fine leva sommessamente le tende e il disturbo andandosene in punta di piedi non senza aver lasciato intendere che tra lui e la ragazzina non ci sia mai stato nulla di più di un fuggevole bacio. Signori si nasce.

1 commento:

Giovanni Sonego ha detto...

Che coincidenza! L'ho visto anch'io il 27. Sono molto meno bravo di Angelo a fare le recensioni dei film. Dirò solo che uscendo ho esclamato: "Che merdata!". Ero piuttosto irritato, specialmente dal fatto che, leggendo i titoli di coda, avevo visto che questo film ha ricevuto una valanga di contributi ed esenzioni fiscali per meriti artistici. Insommma, non solo ci hanno fregato i soldi del biglietto (che comunque e' stata una scelta...) ma pure ci hanno fregato i soldi delle tasse che potevano decisamente essere spesi meglio.