mercoledì 7 ottobre 2009

Film visti. Baarìa

Baarìa
Regia di Giuseppe Tornatore, con Francesco Scianna e Margareth Madè.


Voto 4 (su 5)



Dico subito che è un film splendido, sul quale il primo pensiero che mi è venuto in mente uscendo dalla sala è stato: finalmente si torna a parlare di cinema. Baarìa è cinema allo stato puro, con molti pregi e qualche difetto (che vedremo dopo). La sensazione più forte che Baarìa riesce a trasmettere è quella di un grande respiro, di spazi grandi e profondi, sia come location narrativa, che come fluire del tempo. Tornatore usa inquadrature che abbracciano la scena, la avvolgono e la penetrano come in un grande amplesso. Con passione e con amore. In Baarìa si ha la sensazione di riuscire a percepire l'amore del regista per il cinema e per la storia che vuole narrare. Tra le cose che principalmente piacciono nel film vi è la capacità di fotografare situazioni e sintetizzarle con la massima forza narrativa. La sintesi nelle immagini come strumento per raccontare una storia. Cambi improvvisi di soggetto nella stessa scena per descrivere visivamente il passare del tempo e la crescita dei personaggi usando come anello di congiunzione un gesto, un oggetto, un'azione. Ad esempio, la ripetitiva pulitura e lucidatura degli scarponi di madre in figlia: la spazzola continua ad andare avanti e indietro ma il soggetto cambia. Stessa seggiola accanto alla stufa, stessa stanza, stessi abiti poveri e dimessi, stessi gesti rituali, ma due personaggi diversi. Fulminante.
Non voglio addentrami troppo nei particolari perchè è giusto lasciarli scoprire e gustare allo spettatore, ma dico solo che in certi momenti della prima parte del film (quasi tre le ore di durata) la bellezza dei personaggi e la capacità di Tornatore di narrare per immagini la storia di Peppino e di sua moglie Mannina sono quasi commoventi. Non mi vergogno affatto ad ammettere che mi è venuto un certo nodo alla gola in un paio di occasioni. Quanto spesso succede che un film riesca ad emozionare in questo modo? Su tutto e su tutti (colonna sonora compresa) aleggia maestoso lo spirito di Sergio Leone, il maestro.


Ho detto prima che accanto ai pregi ci sono anche difetti. Cominciamo dai pregi del film tra i quali vanno ascritti certamente i due protagonisti (sconosciuti). Peppino e Mannina sono "veri" e credibilissimi. Impossibile non affezionarsi a loro e rendersi compartecipi delle loro vicissitudini. Enorme la pletora di partecipazioni di guest star che fanno da contorno portante alla narrazione. Bellissimi camei da cercare e annotare qua e là, quasi fosse un gioco. Voglio citarne tre per tutti (e non sono nemmeno tra i più belli): la presenza di Monica Bellucci che appare unicamente in una scena di sesso, muta quanto breve (battuta: la Bellucci esprime il meglio di sè come attrice); il tormentone-ritornello di Beppe Fiorello e Aldo (del trio comico Aldo-Giovanni-Giacomo) restituito alla sua drammatica sicilianità animalesca.
E passiamo ai difetti del film. Che emergono alla lunga (due ore e mezza sono tante per riuscire a mantenere ritmo e interesse), perchè Tornatore non riesce a mantenere la brillantezza descrittiva e narrativa per tutto il film. Dunque avrebbe giovato una durata minore per non appesantire il tutto. La sintesi visiva e la caratteristica di fissare in immagini folgoranti il racconto si ammoscia man mano che scorrono le mezz'ore del film. Peccato, perchè tutta la prima parte sarebbe da vero capolavoro.
Il finale mi sembra un po' contorto nella sua proposizione onirica e fantastica. Sogni, realtà bambini del passato e del presente si fondono e si mescolano. Un po' troppo.

Veniamo al capitolo spinoso dei contenuti. La storia si basa sulle vicende di un gruppo di persone legate tra loro da vincoli di amicizia e parentela che si sviluppa nel paese di Bagheria. Lo sfondo è il percorso storico, politico e sociale compiuto dalla Sicilia stessa e dall'Italia, dalla fine degli anni '30 fino ai giorni nostri. Possiamo ben immaginare la difficoltà di raccontare 60-70 anni di storia italiana. Tornatore decide di seguire le vicende di Peppino cominciando da suo padre, che ancora bambino era "affittato" dalla sua famiglia come pastore dietro ricompensa di quattro forme di formaggio.
Sono tanti i temi affrontati nel film. Ne cito uno per tutti. Peppino è costretto ad emigrare a Parigi per cercare lavoro. Al suo rientro a Bagheria incontra degli amici sul sagrato della chiesa. Questi vedendolo con la valigia in mano gli chiedono per dove stesse partendo. Insomma nessuno si era accorto fino ad allora della sua assenza. Emblematico e toccante. Ma questo è solo uno dei tanti momenti forti del film. Sempre in tema di contenuti, il nostro caro Presidente del Consiglio Berlusconi ha dichiarato, all'uscita del film a Venezia, che gli era piaciuto molto, soprattutto perchè descrive la sconfitta e il declino del Partito Comunista Italiano e le falsità del regime sovietico. Di Berlusconi e dei suoi sempre presenti fantasmi bolscevichi non vale la pena parlarne, ma questa è una possibile chiave di lettura del film di Tornatore, sebbene il regista abbia dichiarato che trovava l'interpretazione data da Berlusconi sorprendente e fuorviante. Tant'è.

Consiglio vivamente chi volesse riconciliarsi con il buon cinema, tra tante stupidaggini che circolano sugli schermi, di non perdere Baarìa. E' un grande film.

Nessun commento: