lunedì 30 aprile 2012

FEMMINICIDIO. Uomini che uccidono le donne.

Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dalla civiltà.

E' uno slogan per lanciare la campagna di civiltà contro gli omicidi che vedono come vittime le donne. Come tutti gli slogan pescano a piene mani nella retorica, ma partono da fatti e situazioni precisi e individuabili. Parlo di retorica perchè non esiste nessun paese che "consenta" la morte delle donne, Men che meno l'Italia. L'omicidio è perseguito ovunque nel mondo. Ma uno slogan non va mai troppo per ilo sottile.
 Le statistiche dicono che dall'inizio dell'anno sono ben 54, 48 le donne uccise dal convivente. Non so se siano cifre attendibili o se addirittura stimate per difetto. Il fatto è che non passa giorno in cui non si legge di donne uccise da uomini a cui sono molto legate pda vincoli di parentela o di amicizia. Sono mogli, fidanzate, amiche, nipoti, semplici conoscenti i cui assassini hanno tolto loro la vita con disumana ferocia. Uomini che uccidono le donne. Non (solo) donne qualsiasi o sconosciute, ma donne a cui sono legati in modo particolare. Per qualche motivo scatta qualcosa che li convince di poter disporre delle loro vite, dei loro destini. Dove affonda il convincimento di poter assassinare quelle donne? Una supposta superiorità, una presunzione di dominio su di loro? Un'atavica voglia di dominio e di diritto di vita e di morte?
Con questi presupposti nasce la campagna di civiltà che vuole sensibilizzare l'opinione pubblica anche coniando un termine nuovo, il femminicidio. In contrapposizione con l'omicidio genericamente inteso.
Ecco il testo dell'appello:

Mai più complici

Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro,
dall’inizio di
questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si
chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto
il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le
storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a
ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di
raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti
marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le
parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le
cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con
l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste
violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media
cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le
parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di
chi le uccide perché incapace accettare la loro libertà.

E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio,
chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi
con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine
a quest’orrore.

 
Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di
Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte
delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.

Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la
violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo,
sceglie di assecondarla.


Comitato promotore nazionale Senonoraquando, Loredana Lipperini,
Lorella Zanardo-Il Corpo delle Donne


Articoli e interventi sull'argomento:
http://www.repubblica.it/cronaca/2012/04/29/news/da_saviano_alla_camusso_boom_di_adesioni_all_appello_di_se_non_ora_quando_fermiamo_il_massacro_delle_donne-34131575/?ref=fbpr

http://27esimaora.corriere.it/articolo/un-clic-sullappello-anti-violenzama-sappiamo-che-non-bastera/

http://27esimaora.corriere.it/articolo/il-femminicidio-si-puo-fermare/
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