domenica 29 gennaio 2012

Film visti. Sbrirri, bastardi e fratelli

ACAB - All Cops Are Bastards

Regia di Stefano Sollima.
Con  Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini, Andrea Sartoretti.

[Voto: 3,5 su 5]
 
 
Fino a ieri, per me Acab (o Achab o Ahab nelle varie forme grafiche), è sempre stato solo un personaggio letterario, creato da Hermann Melville nel romanzo Moby Dick. E' il capitano della baleniera Pequod, ha armato la nave e issato la vela unicamente per dare la caccia al mostruoso cetaceo (la balena bianca) che gli ha strappato la gamba e lo ha reso storpio. Un uomo che combatte a modo suo il male. Una guerra personale senza esclusione di colpi. Se vogliamo, anche il film tratto dall'omonimo libro di Carlo Bonini, scrittore e giornalista del quotidiano “la Repubblica”, parla di una lotta senza quartiere contro un nemico che è o potrebbe essere ovunque, fino al punto di diventare un'ossessione e un Moloch devastante. A combattere questa guerra mitologica sono dei poliziotti del reparto Celere e un mondo intero di irregolari, tutta gente border line, composto da delinquenti di ogni tipo e razza. Ma andiamo con ordine.
Che film! Denso di contenuti, di storia e di storie, di personaggi, di situazioni, di drammi. Certamente da non prendere a cuor leggero, tipo filmetto domenicale. Ma ne vale la pena, perchè ci offre un punto di vista delle cose e dei fatti insolito, al quale spesso non badiamo proprio. Quello dei poliziotti.
Lo so che di poliziotti al cinema se ne vedono bizzeffe, di buoni, di cattivi, di onesti, di corrotti, di eroici e di felloni. Ma il fatto è che sono tutti o quasi personaggi americani o genericamente stranieri. Gli sbirri di cui il regista Sollima ci mostra la vita quotidiana sono assolutamente italiani. Non cops, ma sbirri. Poliziotti della Celere, ma potrebbero essere Carabinieri o appartenenti ad altri corpi o ad altre armi. Sono italiani e filtrano il vissuto quotidiano con la testa e il cuore di noi italiani, non degli americani di New York o di Los Angeles di cui francamente abbiamo le tasche piene.
Cobra, Negro e Mazinga sono celerini. Fanno servizio di ordine pubblico. Vivono in strada. Rischiano la pelle ogni giorno. Le prendono e le danno in egual misura. Usano soprannomi perchè creano un rapporto più intimo e più stretto dei nomi di persona. Si considerano "fratelli" perchè l'essere colleghi o amici non è abbastanza. Il legame che li unisce va oltre l'amicizia. Il perchè lo spiega uno di loro, il celerino Cobra, interpretato dal sempre più bravo Pierfrancesco Favino. "Quando si vive in strada per servizio, tra spacciatori e ultras violenti, tra teste rasate e naziskin o black blok, tra delinquenti di ogni tipo e la violenza è il tuo pane quotidiano, quando ti prendi gli sputi addosso senza reagire, perchè un bravo celerino non reagisce ma mantiene la calma, quando sei solo contro tutti, ti rimangono solo i "fratelli", poliziotti come te che vivono e soffrono come te. Non hai nessun altro su cui contare, solo loro, i fratelli". Un atto d'accusa forte e chiaro da parte di chi non si sente tutelato nel suo "sporco" mestiere di poliziotto da strada. Il problema è che questi poliziotti vivono la violenza, sono in grado anche di gestirla e controllarla. Ma finiscono col drogarsi di quella stessa violenza. Se ne inebriano e la vivono come amministrazione di una giustizia privata, assoluta e insindacabile che tiene poco o nulla in conto la legge. Quella con la "L" maiuscola, dello Stato, preferendole quella della strada, vissuta tutti i giorni fianco a fianco con i fratelli. E allora sono botte, prepotenze, vendette personali e tutto diventa una sorta di giustizia sommaria, in cui il giudice e il giustiziere sono un tutt'uno. Sono loro. I fratelli.
La linea di demarcazione fissata dall'uso della violenza, tra abuso e legittimità, è labile e sottile. Spesso finisce per confondersi, diventa evanescente e altrettanto spesso finisce per cancellarsi e scomparire. Ecco che allora la pratica quotidiana della violenza legittima perchè praticata dalle forze dell'ordine in caso di necessità, diventa abusiva e abituale, finendo con la degenerazione incontrollata, perchè i "fratelli" si arrogano il diritto, che alla lunga diventa un dovere, di amministrare la loro giustizia a prescindere da quello dello Stato che la loro divisa rappresenta.
Questa comunanza di vite e di anime diventa un simulacro che finisce per sostituirsi alle loro famiglie, inesistenti o distrutte che siano. Abbandoni, incomprensioni, separazioni sono la loro realtà familiare quotidiana. La vita privata, gli affetti i punti di riferimento tradizionali sono letteralmente un disastro e anche i primi a saltare. Mogli, figli, madri passano in secondo piano, sacrificati per chi o per cosa?. Per i "fratelli" prima di tutto e per la voglia di farsi giustizia da sè.
La vicenda del film è circostanziata da riferimenti storici e di cronaca precisi. L'irruzione nella scuola Diaz durante il G8 di Genova, l'omicidio del poliziotto Raciti a Catania, del tifoso laziale Sandri sono tappe dolorose della storia più recente d'Italia che vedono come protagonisti o vittime i poliziotti. Nel bene e nel male loro ci sono sempre in mezzo. Sono e si sentono dei guerrieri in armi e come tali sono raffigurati in un dipinto all'interno della caserma dove sono di stanza a Roma. Guerrieri che sono pronti a immolarsi, ma non senza aver prima venduto cara la pelle.
L'epilogo del film, se vogliamo, è ancora più amaro, perchè nella sostanza allontana quell'idea di redenzione che ci si aspetta di cogliere prima o poi. Il pregio del film, ma se vogliamo anche il suo limite, è che non giudica i personaggi e la vicenda, ma si limita a metterli in mostra. Come spettatore, più volte durante la visione del film mi sarei aspettato una presa di posizione netta. Invece Sollima sceglie di restare alla finestra e di limitarsi a offrire il tema. Giusto o sbagliato che sia, le conclusioni e i giudizi li lascia a noi.
Ottimi gli interpreti che devono aver fatto un lungo e approfondito lavoro di preparazione per assimilare le tecniche e i movimenti dei veri celerini negli scontri di piazza.  Bella e adrenalinica la colonna sonora.

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