lunedì 12 luglio 2010

Amanti di provincia

La camera azzurra
di Georges Simenon

Capita di leggere  libri non esaltanti o non del tutto convincenti. Lasciano un certo amaro in bocca come quando, mangiando delle belle ciliege e facendo una-tira-l'altra, ne capita una ammaccata e un po' marcia che rovina il piacere del palato. Allora è d'uopo soffermarsi a sceglierne almeno 3-4 di ottime, dolci e succose, per rimettersi in pari. Succede così anche con i libri. Quando voglio rifarmi di qualche passo falso con libri non precisamente esaltanti, mi butto su Simenon o su Camilleri. Sono le mie ciliege prelibate per rifarmi la bocca. Riconciliato con l'arte dello scrivere sono poi pronto a ricominciare.

Il Simenon "refugium peccatorum" di turno questa volta è La camera azzurra, scritto più o meno negli anni 60 e ambientato nella profonda provincia francese, dalle parti di Poitiers. Un romanzo breve e asciutto nello stile, ma eccezionalmente bello. E' la storia "a posteriori" di due amanti (Tony e Andrée) percorsa a ritroso attraverso la testimonianza resa davanti al giudice istruttore. Dunque, alla base del racconto, oltre alla storia d'amore galeotta c'è anche un intreccio a sfondo poliziesco. Qualcuno ha commesso un reato per il quale è indagato e interrogato. Lui è Tony, figlio di italiani emigrati in Francia, che ha avviato una soddisfacente attività economica, si è fatto una famiglia con Gisèle e la figlia Mariane e sembra poter vivere agli occhi di tutti in pace e in serenità. Lei è la voluttuosa Andrée, sposata con un macilento e ignaro droghiere. Finchè un brutto giorno...
L'apertura del libro è di rara crudezza nel descrivere i due amanti nella camera dell'albergo che custodisce il loro segreto. Una camera azzurra che sembra essere uno scrigno dove racchiudere le vicende di Tony e di Andrée, la sua amante. Uno scrigno perchè non trapeli nulla all'esterno, nel segreto della vita di provincia. Man mano che le pagine scorrono e la storia prende forma animandosi di personaggi che sembra quasi di poter visualizzare e toccare con mano talmente vivida è la loro descrizione, ci si affeziona a Tony e al paesino dove si svolge la vicenda, al giudice istruttore che sembra simpatizzare per lui e per questo non intende accanirsi morbosamente sfruttando la grande risonanza presa dalla vicenda. Non va in cerca di facile pubblicità e di titoli sui giornali e sembra quasi aver preso a cuore quel povero diavolo di italiano. Finchè non arriva il giorno del processo...
La camera azzurra è anche l'occasione per affrontare il tema della verità e della giustizia. La verità come viene percepita dai diversi attori di una vicenda, quella che circola di bocca in bocca tra i paesani che non si fanno mai i fatti loro, quella che si legge sugli atti istruttori di un procedimento penale. E' anche un libro su come un uomo possa reagire di fronte ad un evento più grande di lui e verso il quale si rassegna a rimanere inerte, senza avere la forza di urlare la propria verità. Perchè ci sono avvenimenti che annichiliscono la volontà di un uomo e fanno sembrare tutto senza importanza, tanto ormai non si può più tornare indietro.
Un grande Simenon che con mano particolarmente felice dipinge i suoi personaggi con la stessa bravura analitica di un Carvaggio. Da on perdere. Buona lettura.
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