martedì 24 novembre 2009

Film visti. La prima linea

La prima linearegia di Renato De Maria; con Giovanna Mezzogiorno, Riccardo Scamarcio.
[voto: 2,5 su 5]

E finalmente questo film è uscito nelle sale cinematografiche. E finalmente le valutazioni, le analisi, i giudizi si fanno sul film e non sul nulla, supposto o immaginato. Mi riferisco ovviamente alle polemiche sul film che hanno preceduto l'uscita, fondate sull'argomento scottante del terrorismo degli "anni di piombo" italiani, della reazione dei parenti delle vittime, del finanziamento produttivo col contributo dello stato. Ma in Italia ci vuole molto poco per innescare polemiche feroci, figuriamoci se poteva fare eccezione questo film.
Dico subito che il film mi è piaciuto con moderazione (il voto infatti lo premia a metà). Perchè si limita a mostrare lo svolgersi dei fatti, mentre avrebbe potuto e dovuto entrare più a fondo sui personaggi. Che invece si ha la sensazione rimangano lì sullo sfondo, testimoni ma non protagonisti della storia. Non c'è pathos affettivo nel seguire Segio e la Ronconi. Volutamente, credo, perchè sarebbe stato facile da parte dei polemisti accusare il film di voler far amare i terroristi dal pubblico e farne degli eroi. Ma nella sostanza è un film discreto, vedibile seppur non godibile appieno, in cui aleggia sovrana un'atmosfera triste e grigia. Un grigiore che si manifesta anche nel taglio fotografico dato al film, dove i colori forti sono quasi assenti anche nelle scene girate in esterni o sul delta del Po in piena natura, e l'atmosfera in cui si dipana la vicenda è altrettanto fredda, vissuta con diffidenza a mezza voce, senza entusiasmo.
A mio avviso il film fa piazza pulita delle polemiche che paventavano un'apologia del terrorismo e della lotta armata. Sembra quasi che i personaggi non abbiano emozioni, ma siano figli degli dei dell'epoca: la ragione e la dialettica. Segio e la Ronconi sono presentati come due giovani ventenni che si lasciano trasportare da un idealismo esasperato e si distaccano dalla realtà perseguendo sogni salvifici della classe operaia in nome e per conto di un popolo di lavoratori che invece ben presto prende le distanze dal braccio armato del movimento politico dell'epoca. Il film ha il pregio di evidenziare proprio l'isolamento dei terroristi e la mancanza di reali radici della loro azione nel momento in cui viene meno il supporto delle masse dei lavoratori. Un'aberrazione slegata da quelle stesse masse che dicevano di rappresentare destinata dunque a fallire e che si manifesta dal vuoto che si crea intorno al gruppo di fuoco (voluto e/o subito) che incomincia la sua attività dapprima con azioni dimostrative e finisce per uccidere in maniera assurda e senza che sia possibile decifrare un disegno condivisibile e accettabile anche all'interno della sinistra più estrema. Insomma degli idealisti che dal fanatismo di strada dei megafoni e delle molotov passano alle P38 e al bagno di sangue. Quasi senza accorgersene, come se fosse logico e naturale. Un vortice inarrestabile.
Non c'è assoluzione, non c'è indulgenza alcuna nel film. Non c'è ombra di apologia o di giustificazioni. C'è solo una storia raccontata dal protagonista Segio in prima persona su due piani narrativi: il racconto attraverso flash back dei trascorsi del gruppo di Prima linea e l'ultima azione operativa del gruppo ormai allo sbando che consisteva nell'evasione della Ronconi dal carcere di Rovigo. Il protagonista narrante Sergio Segio dichiara da subito in un primo piano freddo e inespressivo che quella è la storia di chi aveva perso la testa "scambiando l'alba col tramonto", "la notte col giorno". E mette così le carte in tavola.
Una critica in particolare, tra le tante, era stata mossa preventivamente al film e agli autori: la scelta di due attori belli e famosi piuttosto che di due volti nuovi e sconosciuti. Per non creare il personaggio-divo nell'immaginario di chi, specie tra i giovani, si lascia troppo facilmente coinvolgere dalle facce note del cinema. Ma quali giovani? Non c'era ombra di pubblico giovane al cinema, di domenica, quando l'ho visto. Un centinaio di spettatori, mezza sala piena, quasi tutti con i capelli grigi. Età media 40-50 anni o più. Altro che giovani sgallettate attratte da Scamarcio!
Annotazione finale. Che strana sensazione sentire pronunciare la parola "compagno". Non si usa più, nemmeno a sinistra. Non è più di moda, è stata bandita dal vocabolario politico. E' bastato uscire dalla sala e fermarsi un attimo davanti al cinema per ritrovarsi subito negli anni 2000, quelli del Grande Fratello e delle veline con la solita massa di pubblico cinematografico, vociante, giovanissimo e con la testa piena di gel... Altro che "compagni" e grandi ideali....

1 commento:

Anonimo ha detto...

Devo dire che ormai leggo sempre le recensioni che scrive Volpe e anche dico a mio figlio, come è successo per questo film ed altri, di consultare il blog che ci anticipa con un "largo" commento trama ed impressioni... certo però Volpe, non è che hai fatto granchè come avevi promesso,per abbreviare i tuoi commenti, ma dico io perchè abbreviare? vai pure avanti così ..sei stato a vedere la mostra di T.Signorini? (Lunapiena)