domenica 8 novembre 2009

Film su Prima linea. Nessuno l'ha visto ma tutti lo criticano

Hanno un senso le critiche a un film prima che questo esca nelle sale e quando ancora nessuno lo ha visto? Posso capire che si decida a priori che non valga la pena di vederlo (mica si può vedere tutto al cinema) basando il pre-giudizio sulle qualità del regista, degli sceneggiatori, degli attori, della trama o altre variabili. Ma criticarlo ferocemente basandosi sulle voci o sui "si dice" è veramente una stupidaggine.

E' quello che succede con un film in uscita nelle prossime settimane (il 20 novembre, interpreti: Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno) che è tratto da un libro di Sergio Segio, leader del gruppo terroristico Prima linea che negli anni '70 insanguinò l'Italia in una specie di competizione criminale con le Brigate Rosse. Ventitrè vittime in sette anni è il curriculum aberrante di Prima linea. Una banda di assassini sanguinari che furono definitivamente fermati e messi in condizione di non nuocere solo all'inizio degli anni '80 con la carcerazione dei due capi, Segio e la sua compagna Susanna Ronconi. Una pagina buia della storia italiana degli ultimi anni.
Vale la pena parlarne e farci un film? Certo, perchè no? Gli anni di piombo sono una realtà storica, non vedo motivi per cui ci debbano essere tabù su argomenti innominabili o non affrontabili dalla cinepresa. Invece pare che questa cosa in Italia non si possa fare. In tutto il mondo, Hollywood in testa, si fanno film sulle vicende storiche nazionali, belle o brutte. Guerre, terrorismo, malavita comune e politica, qualunque argomento è trattabile in una sceneggiatura cinematografica. Il cinema racconta delle storie: di fatti, di situazioni, di persone. Questo è il mestiere di chi fa cinema: raccontare per immagini. Quelle di Segio, della Ronconi e di Prima linea sono storie che per la portata storica che hanno rivestito meritano di essere raccontate. La qualità del risultato sarà vagliata, analizzata e criticata a film fatto e visto. Logico? Pare di no.
Proprio in questi giorni è uscito il bel film di Michael Mann, Nemico pubblico, che narra le vicende e le imprese di John Dillinger, famoso gangster americano, rapinatore di banche degli anni 30. Vedi a tal propsito un altro post del blog. Nel film il personaggio risulta decisamente simpatico e viene trattato con benevolenza accattivante dagli sceneggiatori e dal regista, pur restando un gangster. E' una cosa normalissima e frequente che il cinema porti a proporre quasi con un senso di favore le figure negative e che lo spettatore ad un certo punto parteggi apertamente anche per il malvivente. Ma tutto resta nell'ambito del cinema. Nessuno scandalo se, alla fine, quando Dillinger muore ammazzato da un poliziotto, nel buio della sala cinematografica nasce un brusio di disapprovazione. E' l'eroe del film che viene ammazzato. Buono o cattivo il personaggio storico, resta l'eroe del film. Ma è il cinema, nessuno si scandalizza per questo, perchè c'è la consapevolezza che si tratta comunque di un personaggio cinematografico e che il pubblico alla fin fine parteggia più per Johnny Depp che è l'attore, piuttosto che per Dillinger il rapinatore. Ma ciò che vale per Hollywood vale -a rigor di logica- anche per Cinecittà?
No. Per il film su Prima linea i giudizi sono già stati scritti e la sentenza è che sull'argomento non è possibile discutere con gli strumenti offerti dal cinema. Anzi, il film non lo si doveva neanche fare! Vengono tirati in ballo i parenti delle vittime che sembra dicano di no a tutto quello che riguarda quegli eventi. Non se ne può parlare, non si può affrontare l'argomento altrimenti qualcuno si indigna e si offende, a prescindere di come venga affrontato l'argomento, se con serietà e rigore o con approssimazione. A prescindere anche dalla considerazione che quando un evento diventa storia, esce dal dominio esclusivo dei protagonisti per assumere una valenza diffusa su cui tutti hanno possibilità di esprimersi con i mezzi a propria disposizione. Tra questi, il cinema. Francamente mi sfugge il perchè del boicottaggio anticipato del film. In tutto il mondo si fanno film su vicende analoghe e nessuno ha nulla da ridire salvo, dopo l'uscita del film, criticarlo a ragion veduta, anche ferocemente. La politica, in Italia, riesce a dire la sua e mettere il suo becero marchio anche su un film, prima ancora che sia visto. Lo spunto delle polemiche viene, oltre che dall'argomento trattato, anche dal fatto che parte del budget di spesa per la produzione del film venga dal finanziamento dello Stato. Siccome sono soldi pubblici non è possibile utilizzarli per fare film sull'argomento. Ma che senso ha?
Il regista De Maria (seppur non un maestro del cinema è un onesto professionista che ha firmato tra l'altro anche la serie tv Distretto di polizia), è già stato messo in croce da chi il film non l'ha visto. De Maria ha ritenuto, per correttezza, di chiedere colloqui preventivi con i familiari delle vittime di Prima linea ricevendo risposte negative a raffica a proposito dell'uscita del film. L'unico che ha dato una risposta diversa è stato il figlio del giudice Alessandrini, assassinato da Sergio Segio. Ha detto che pur non essendo, in linea di principio, d'accordo sul film che tratta anche dell'omicidio di suo padre, non si sentiva di chiedere il blocco del film senza averlo visto. Un comportamento esemplare che gli fa onore.
Per inciso il film è stato presentato per la prima volta in pubblico qualche giorno fa ad una rassegna cinematografica a Toronto (Canada) dove ha riscosso un notevole successo. In Italia invece lo si boicotta preventivamente. Mah...
Quando il film uscirà è possibile che vada a vederlo. Per quanto mi riguarda il giudizio è quindi rimandato a dopo la visione. Come è giusto che sia.

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