venerdì 7 settembre 2012

Quella volta che... 56 anni


Quella volta che….  56 anni!

 Anno 1970, mese imprecisato. Il ricordo è vago nelle circostanze ma forte per la parte emozionale. Facevo la prima liceo scientifico, ero un ragazzotto che incominciava appena a mettere il naso fuori di casa e allora avere 14 anni era praticamente nulla rispetto ai pari età di oggi. Autonomia e indipendenza dalla famiglia erano concetti che neppure esistevano. La dipendenza dal nucleo famigliare era totale e i punti di riferimento erano ancora il papà e la mamma. Mi ricordo che un certo giorno e chissà per quale motivo chiesi a mio padre quanti anni avesse. Cinquantasei, mi rispose. Lo osservai bene, come se fosse la prima volta che lo vedessi. Capelli grigi e lisci, radi e tirati tutti all’indietro. Fronte stempiata, praticamente quasi calvo. Fisico robusto, solido, che ispirava fiducia. Lineamenti regolari e naso che lui stesso definiva aquilino. Un apprezzamento positivo, mi pareva di capire. In pratica un bell’uomo. A me piaceva e lo ammiravo anche per il suo carattere sobrio, sicuro e granitico. Col prosieguo degli anni cambiai idea, e di molto, sull’apprezzamento del suo carattere. Più crescevo io e più il rapporto si deteriorava a causa della mia ricerca di indipendenza. Normale, direi.
Ma torniamo a quei  56 anni di mio papà. Una cifra esagerata ai miei occhi di quattordicenne, quasi incomprensibile come entità. Una cifra enorme, talmente lontana ed estranea che mi pareva inimmaginabile arrivare ad averli anch’io un giorno.  La distanza tra me e lui mi sembrava incolmabile, quasi da rendere astratto il concetto di età riferito a mio papà. Quasi una proporzione aritmetica studiata a scuola: quattordici sta a cinquantasei come il poco sta al tanto. Il papà era quasi un’icona in quegli anni. Era lì, su un piedistallo, come un santino da ammirare e venerare. Un punto di riferimento, una specie di faro nel buio da cui lasciarsi guidare (salvo poi considerarlo un arcigno secondino negli anni a venire). Così è la vita e così sono –spesso- i rapporti padri/figli.
Ma il tempo passa per tutti. Puntuale, inesorabile, improcrastinabile. Pochi giorni fa ho compiuto 56 anni. I miei 56 anni non sarebbero di per sé un evento eccezionale. Da un certo puntoi n poi compierne 53 o 57 non fa poi molta differenza. Un compleanno alla fine ne vale un altro. Se non fosse per quella cifra che mi è rimasta stampata nella mente da allora, 42 anni or sono. CINQUANTASEI.
Ne sono successe di cose in 42 anni. Lui, mio papà, intanto non c’è più. Se n’è andato da un pezzo dopo una lunga malattia che lo ha logorato e distrutto fino a renderlo un vegetale. Se non fosse stato un uomo in buona salute, con un fisico impeccabile non logorato da vizi e stravizi, senza eccessi e con una vita sana e regolata, probabilmente la malattia se lo sarebbe divorato in molto meno tempo degli otto anni che invece sono serviti ad avere ragione del suo fisico sano. Invece proprio il suo stile di vita misurato lo ha condannato ad una fine lenta, come una candela che brucia molto lentamente. Senza nessun colpo di vento che la spegnesse rapidamente e all’improvviso. Adesso sono io ad avere 56 anni. Rispetto a lui la mia salute è molto peggiore. Io per un sacco di anni –tanti, forse troppi- ho maltrattato il mio corpo. E adesso già ne ho pagato e ne pago le conseguenze. Ma chissenefrega, un pochino mi sono divertito, certamente non quanto avrei voluto. Non ho condotto una vita da frate trappista come lui, ma un po’ me la sono goduta, sia pure senza mai strafare abbastanza (purtroppo). Anch’io adesso sono padre a mia volta e spesso mi domando se anche per le mie figlie i miei 56 anni sono un abisso come lo erano per me da ragazzo. C’è da dire che loro non hanno 14 anni come ne avevo io allora, ma 24 e 26, quindi la differenza di età è molto meno sensibile. Anche i tempi e la struttura sociale in cui viviamo sono radicalmente diversi. Tuttavia il differenziale generazionale ha comunque la sua oggettiva importanza, sebbene sia ridotto. E chissà come mi considerano, se ancora un punto di riferimento positivo o già un insopportabile secondino come lo era mio padre per me alla loro età. Qualche idea ce l’ho, ma le mie sensazioni non possono di sicuro essere del tutto attendibili. Troppo unilaterali e inevitabilmente di parte, per quanto possa sforzarmi di essere serenamente obiettivo, o tentare di esserlo. Quello che di sicuro non so è cosa si aspettasse dal futuro mio papà all’età di 56 anni. Probabilmente, come è naturale, proiettava sui figli le sue passioni e i suoi desideri. Cosa che probabilmente faccio anch’io. Ma per quanto mi riguarda di sicuro io ho una gran voglia di non farmi schiacciare dall’età che avanza. Di levarmi qualche altra soddisfazione prima che cominci ad essere troppo tardi. Idee, voglie, desideri, aspirazioni non mancano di certo. Il problema è riuscire a non far fuggire il tempo troppo in fretta, come sabbia che sfugge da un pugno chiuso che, per quanto si possa serrare con forza, non riesce a trattenere tutti i granelli che, inesorabilmente, continuano a filtrare tra le dita, a disperdersi e diminuire costantemente. Diciamo pure che l’ostacolo maggiore al momento attuale è il lavoro che non vivo più come un’opportunità di crescita, di realizzazione e di miglioramento, ma come una gabbia che mi costringe e mi opprime. Di solito ad una certa età si incomincia a ragionare in prospettiva sull’età della pensione e a come godersi quella fetta della propria vita. Il traguardo del pensionamento è stato portato a ben 68 anni e passa nel mio caso. Un'eternità. Coi tempi di crisi che viviamo non so neppure se ci andrò, in pensione. Sia per  i ben noti motivi economici e politici dei nostri anni, sia per la mia salute da cardiopatico ( e corollari vari) che non vorrei mi facesse qualche brutto scherzo.
Intanto ho archiviato a nche questo compleanno. Chissà, chi vivrà vedrà.

Nessun commento: