giovedì 29 marzo 2012

Le polpe di Gessica

Il suo nome è Gessica o forse Jessica. Chissà. Ma sarebbe indelicato chiederglielo. E' la ragazza che serve al bar dove adesso vado a mangiare un boccone in pausa pranzo. Dieci minuti a piedi dall'ufficio, tra i capannoni industriali, poche anime in giro, non un filo d'ombra. Con l'estate che si avvicina a grandi passi sarà un problema di qui a poco riuscire a non cucinarsi il cervello lungo il tragitto. Non c'è scelta, è l'unico bar della zona. Prendere o lasciare. 
Un bar al femminile. La titolare è Simonetta, una ragazzetta piccola e magretta, caruccia, con lo sguardo scaltro e volitivo. Mai vista fermarsi un attimo, sempre in movimento al banco, alla macchina del caffè o in cucina. E' brava a far da mangiare. Ha fatto l'alberghiero e da settembre ha rilevato il bar, con tante speranze e tanta buona volontà di riuscire. A darle una mano al banco e tra i tavoli c'è lei, la Gessica (o Jessica?). Un tipo completamente diverso da Simonetta. Morbida nell'aspetto, dalle "polpe" morbide e bianche. Curve in abbondanza, qualche taglia di troppo che la relega fuori dagli standard estetici rigidissimi di veline e miss d'ogni tipo. Lungi da me voler essere volgare, allusivo o insolente. Lei è proprio così: morbidosa. Un tipo che farebbe invaghire Federico Fellini. Sembra uscita da uno dei suoi film in bianco e nero, con un decoltè debordante e ammaliante, con i tanti Mastroianni di paese a farle la corte.
Un disegno di Federico Fellini
 Ma qui non siamo in Romagna, siamo nel profondo nord veneto, nell'alta padovana. Dove da un lato della statale ci sono enormi capannoni industriali di piccole e medie imprese che sono l'oro del nord industriale e dall'altro campagne a perdita d'occhio. Industriali e agricoltori. Qui c'è ricchezza ovunque si butti l'occhio. Lo si vede dalle case, vecchi edifici rurali ristrutturati e trasformati in splendide villazze con il trattore nel garage a condividere lo spazio con splendide Mercedes e Bmw da oltre 50-60 mila euro. E ovunque regna e ristagna un forte e caldo sentore di campagna (= concime animale..., letame insomma). E' il fascino della provincia, bellezza!

La Gessica, per quanto svolga un lavoro modesto, ci tiene all'etichetta e alla forma. Indossa sempre magliette t-shirts nere (smagranti) con sapienti e polpose scollature. Niente di che, ma molto compita e compresa nel suo ruolo. Elenca il menù  con meticolosità e chiarezza, taccuino in mano. Offre sempre con discrezione i piatti del giorno a seconda delle direttive del boss in cucina. Usa il dialetto schietto e veloce di queste parti con i paesani, mentre riserva l'italiano di buona maniera per gli altri. Tra questi "altri" ci sono anch'io, che sono il nuovo arrivato in zona. Inoltre arrivo dalla città, non mi esprimo in dialetto, do del "lei" a tutti. Anche a Simonetta e Gessica (o Jessica), sebbene abbiano l'età delle mie figlie e io invece ho i capelli molto molto grigi... E Gessica ricambia, cercando di esprimersi in buon italiano. E' evidente che ha fatto delle discrete scuole, perchè usa bene i congiuntivi e sceglie con cura i termini. Un po' troppo formale e costruita, forse, ma è evidente l'intenzione di mostrarsi molto professionale. Salvo quando le scappa qualche vocabolo dialettale per disattenzione. Allora sono guai. C'è da mettersi a ridere a crepapelle, perchè gli esiti degli scivoloni lessicali sono meglio delle barzellette. Lo dico senza malizia alcuna. E' divertente sentirli, niente di più.

La tabaccaia, di Fellini
Ecco quello di ieri. Avevo ordinato una mezza minerale fresca, perchè ormai la primavera è esplosa e ci sono oltre 20° a ora di pranzo. Non avendone in temperatura da frigo, Gessica si è offerta di darmi del ghiaccio. Il quale però a metà del pasto si era già sciolto. Con molta efficienza e cortesia Gessica se n'è accorta e prontamente mi ha chiesto, indicando il bicchiere vuoto, "Signor Angelo vuole che glielo impienisca ancora"?  Azzeccato l'uso del congiuntivo, ma quel verbo dialettale italianizzato mi ha fatto venire i sudori per gli sforzi di non ridere a crepapelle. In dialetto la frase sarebbe stata così: Sior Angeo voeo che gheo impienissa de novo el bicere? Per i non veneti: impienire = riempire. Al suono di quell' impienisca le polpe della scollatura hanno leggermente tremato scosse da tanta efficienza professionale. E io, sforzandomi di guardarla assolutamente negli occhi: "Grassie Gessica,  ancora un po' di ghiaccio ci vorrebbe proprio", distogliendo signorilmente lo sguardo dalle sue candide polpe che occhieggiavano dalla scollatura. Che diamine.

3 commenti:

Ugo P. ha detto...

Molto bello. Non so se i personaggi siano reali o frutto di fantasia, ma il racconto è proprio grazioso e gustoso. Scrivine ancora!

Ugo P.

ruggero ha detto...

....delizioso.
Rugger'One

Anonimo ha detto...

Tutto il resto è noia ma ... quando vuoi puoi.

Bravo, il tuo amato Attila