
Una vera e propria caccia al senegalese, cominciata in mattinata al mercato di piazza Dalmazia (alla periferia nord) e terminata nel pomeriggio al mercato di San Lorenzo in pieno centro cittadino. E Firenze piomba nel terrore: in mattinata un uomo di 50 anni, Gianluca Casseri, militante di estrema destra, ha aperto il fuoco al mercato di piazza Dalmazia, su un gruppo di ambulanti senegalesi: due morti e un ferito gravissimo. Poi è andato al mercato di San Lorenzo, nel centro della città, ha ferito due ambulanti, e quando si è accorto di essere accerchiato dalla polizia, piuttosto che farsi prendere ha preferito uccidersi sparandosi con una 357 Magnum nel garage del parcheggio. L'obiettivo premeditato: i senegalesi. Non a caso, non il primo che passa. No, i senegalesi. Immigrati di colore, a volte clandestini, molte altre in regola. Come tanti altri immigrati, buoni e cattivi, onesti e delinquenti. Le due vittime risultano incensurate. Ma con la colpa di essere neri e senegalesi. Sufficiente per diventare bersagli umani del razzismo più violento e criminale. Non quello parolaio, volgare e incivile che tanto spesso si avverte nelle nostre città. Quello alimentato da certe parti politiche fino all'altro giorno presenti nel governo. Razzisti da bar, buoni per urlare slogan contro neri e terroni, vestirsi di verde e fare scena con la faccia incazzata. No. Questo è il razzismo che non parla, ma spara e uccide.
Oggi a Firenze una grande manifestazione contro la violenza razzista, sia quella verbale, volgare e maleducata, che quella sanguinaria che si esprime non a barzellette e luoghi comuni, ma con il piombo corazzato delle Colt 357 Magnum. Sfilano alla manifestazione oltre diecimila persone. Il portavoce della comunità senegalese Pape Diaw dice: «Da oggi niente sarà più come ieri», mentre viene intonato un canto religioso. In prima fila gli amici delle due vittime, Modou Samb e Mor Diop, che reggono le foto dei due senegalesi morti. Su un cartello, oltre la foto di Modou ci sono quelle delleamoglie e della figlia di 13 anni. «Tredici anni senza vedere la sua famiglia - c'è scritto accanto alle immagini - e il suo sogno si è fermato il 13 dicembre». «Non ha nemmeno visto la sua bambina una volta», racconta con le lacrime agli occhi uno degli amici.

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