mercoledì 27 marzo 2013

Film visti. Educazione siberiana

Educazione siberiana
Regia di Gabriele Salvatores
Con John Malkovich, Eleanor Tomlinson, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius.


[Voto: 3 su 5]

Tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico di Nicolai Lilin, il film parte da una storia già forte di per sé per temi ed ambientazione. Lilin ha scritto altri due romanzi e del secondo (Caduta libera) abbiamo già parlato in questo blog alla sezione "libri". Educazione siberiana è ambientato in un ghetto in Transnistria, sconosciutissima regione siberiana, dove teppisti e criminali di diversa provenienza etnica sono stati confinati negli anni dell'ex Repubblica Socialista Sovietica Moldava. I protagonisti sono una coppia di amici, Kolima e Gagarin, immersi in un mondo a parte. Li seguiamo da quando sono poco più che ragazzini che passano dai giochi ai coltelli, secondo la tradizione e il codice d'onore del loro gruppo. La loro comunità è infatti quella dei Siberiani, una delle più spietate della zona, malavitosi che vivono e sopravvivono con regole proprie scritte e non scritte: si può rubare, si può punire e si possono uccidere poliziotti e uomini dello stato, ma non possono essere tenuti soldi in casa né tanto meno spacciare droga. Furti, razzie, taglieggiamenti e pestaggi sono quindi all'ordine del giorno ma il severo nonno di Kolima, Kuzya (un monumentale John Malkovic), vigila sulla comunità affinché l'ordine venga mantenuto. Tutta questa aurea di rispetto, di regole e di codici d'onore malavitosi -lo dico francamente- mi da molto un senso di insofferenza. Un poetico tentativo di indorare una pillola che è e rimane sanguinolenta. I delinquenti rimangono delinquenti, a prescindere da regole o consuetudini. Anche i mafiosi hanno un loro codice d'onore, che però non impedisce loro di sciogliere nell'acido anche i bambini.
Sfrondato quindi il tema da fuorvianti devianze poetico-letterarie, rimane il tema centrale che è quello di due vite a confronto. Quelle di Kolima e di Gagarin. Due esistenze che ad un certo punto si separano perchè Gagarin finisce in carcere e ne esce giovane adulto. Torna al paese e ritrova Kolima che nel frattempo ha continuato la sua vita col nonno e gli altri Siberiani. Gagarin in carcere ha imparato a pensare in grande, punta al denaro facile e non esita a sporcarsi le mani anche con la droga. Inevitabile lo scontro con il nonno tradizionalista e difensore dei costumi (perversi, ma a loro modo "per bene") del gruppo.
Della comunità fa parte anche una giovane ragazza con un ritardo mentale, che la rende un corpo estraneo, per purezza d'animo e ingenuità, rispetto a tutti gli altri. Per sua fortuna tra i costumi Siberiani c'è anche un sacro rispetto per quelli come lei che vengono chiamati "venuti da Dio". Sono intoccabili e oggetto di affettuose attenzioni da parte della comunità. Ma sarà intorno alla sua figura che si svilupperà il dramma. Kolima e Gagarin, ricongiunti, entrano in breve in antitesi perchè portatori di valori tradizionali da una parte, innovativi e insofferenti dall'altra. Inevitabile il dramma, che qui è bene non raccontare.
Un capitolo a parte è riservato alla cultura del tatuaggio, che diventa una vera forma d'arte. L'autore del libro, Nicolai Lilin ne fa la sua professione nella sua città di adozione, Milano. Il tatuaggio racconta chi sia l'uomo che lo porta sulla pelle. E' un libro aperto, quasi una carta d'identità attraverso la quale esternare principi, valori, credenze, esperienze. Tutto il capèitolo del tatuaggio è raccontato con forte enfasi poetica molto coinvolgente scegliendo una ambientazione originale. Una sauna con corpi maschili sudati e accaldati che esibiscono disegni variegati ed evocativi.

Educazione siberiana è un film raffinato con alle spalle uno studio registico notevole, anche se non convince del tutto. Non affascina, semplicemente. Gli manca quel qualcosa che ammalia e rapisce, che la maestria registica di Salvatores sarebbe in grado di dare allo spettatore, ma che non da. Un peccato, davvero. Ma il pregio di questo film e di Salvatores-autore è il tentativo, in buona parte riuscito, di fare qualcosa di cinematograficamente forte, personale e fuori dagli schemi tipici del cinema italiano, infestato da troppe commedie troppo inutili e troppo ripetitive. Un film in definitiva coraggioso da non perdere, come dev'essere un film d'autore.

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