Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve
di Jonas Jonasson
Allan Karlsson è un arzillo e poco arrendevole vecchietto che nel giorno del suo centesimo compleanno decide di scappare dalla casa di riposo dove soggiorna in ansiosa attesa che la morte se lo venga a prendere. Scappa perchè la capo infermiera è antipatica e scorbutica, perchè non sopporta i festeggiamenti che sono stati organizzati in suo onore, perchè -in fin dei conti- non è ancora sazio di vivere. Se ne va via in ciabatte, che puzzano di pipì, saltando dalla finestra e indirizzandosi verso la stazione dei bus dove casualmente si imbatte in un tizio dai capelli lunghi, la faccia poco raccomandabile e un giubbotto con la scritta "Never again" sulle spalle. Lui, il vecchietto, non lo sa, ma il tizio è un pericoloso delinquente e la valigia che porta con sè contiene un segreto. Non si sa come, non si sa perchè, ma Allan ruba quella valigia e si imbarca sul primo bus in partenza....
Ecco, la storia del centenario parte da qui, da quella finestra scavalcata in cerca di libertà.
Il romanzo segue due distinti piani narrativi che poi alla fine si riuniranno nell'epilogo finale. Il primo segue le vicende della fuga e delle successive avventure di Allan Karlsson, il secondo invece ripercorre la vita del centenario protagonista. Il tutto è raccontato da Jonas Jonasson in una chiave ironica e umoristica che strappa spesso il sorriso al lettore e qualche volta anche una sana risata. Un libro che fa ridere è cosa abbastanza rara, sempre che non si abbracci il filone dichiaratamente umoristico. Che sia un romanzo svedese a farlo è cosa ancora più strana e originale, vista la seriosità e drammaticità del moderno filone letterario che ha così tanto successo.
Le vicende della valigia rubata al "tizio dai capelli lunghi, la faccia poco raccomandabile e un giubbotto con la scritta "Never again" sulle spalle" sono forse più spassose e realistiche (si fa per dire) del resto della storia che si riferisce alla vita vissuta dal centenario Allan. Una vita quantomeno trascorsa in modo intenso, avventuroso e rocambolesco dove "intenso, avventuroso e rocambolesco " sono termini eufemisticamente riduttivi. Gliene succedono di tutti i colori a cominciare dalla prima infanzia e fino alla vecchiaia. Vecchiaia durante la quale riesce perfino ad innamorarsi di una dolce ottantaquattrenne (una "bambina" in confronto a lui...), ex presidentessa della repubblica di Indonesia e a convolare a giuste nozze.
Cento anni vissuti molto pericolosamente che fanno pensare a Forrest Gump in versione scandinava. In un certo senso il paragone ci può stare, anzi mi viene quasi da pensare che l'autore un po' si sia anche ispirato al corridore un po' svampito portato sullo schermo da Tom Hanks. I punti di contatto non sono pochi, a cominciare dalla spesso disarmante ingenuità del personaggio che lo spinge a dire e fare senza pensarci due volte cose che altri non direbbero o farebbero mai. Per non parlare delle illustri personalità politiche con cui Allan entra in contatto. Una rassegna dei potenti della terra degli ultimi cento anni che rocambolescamente entrano nel mirino del protagonista. Certo, qui si sfiora e spesso si oltrepassa il limite sottile dell'accettabilità della costruzione della storia narrata nel libro. Un po' ci si sente anche presi per i fondelli, specie nella parte finale della storia. Ma, tant'è, visto che si è deciso di ballare, che si balli fino in fondo. E il ballo orchestrato da Jonasson ci porterà in giro per il mondo e a spasso nel tempo, dalle cime himalayane al Cremlino, dalla Casa Bianca alla Cina di Mao-tse-tung. Con relativi "padroni di casa" in persona che immancabilmente si concedono un bel po' di acquavite e altrettanto abbondanti libagioni in compagnia di Allan. E alla fine una delle chiavi di lettura dell'intera vicenda è che se il mondo a volte va a rotoli oppure no, spesso dipende da quanti bicchierini si sono scolati i potenti della Terra.... Riflessione tutt'altro che strampalata e da prendere seriamente in considerazione, visto come gira il mondo.
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