sabato 30 marzo 2013

Libri. La leggenda del morto contento

La leggenda del morto contento
di Andrea Vitali


Titolo intrigante come pochi altri. Chi sarà mai costui che muore contento? E perché? Il come, il quando e il perché li si scopre solo nel finale dopo una serie di vicissitudini che capitano al povero e mite sarto Lepido, una vittima della vita umile e misera che imperversa a Bellano, sulle rive del lago di Como nel periodo pre-risorgimentale.
Succede che un improvviso cambio di tempo con vento forte e maligno causa il naufragio di due giovani del luogo, rampolli di famiglie importanti, benestanti e soprattutto potenti. Un terribile accidente, ma che per la notorietà delle vittime non può rimanere senza un colpevole pur essendo un evento fortuito dovuto principalmente al fato e all'imprudenza dei due naviganti. E il malcapitato, manco a dirlo, è proprio il mite Lepido, che in vita sua aveva già il suo bel patire le angherie di una moglie insopportabile, la Diomira. Ma non solo. Ci si era messa anche la perfida moglie del magnano del paese, ovvero il calderaio, per una storia di braghe da rammendare smarrite e non restituite al legittimo proprietario.
Su questo palcoscenico allestito da Vitali sfilano personaggi grandi e piccoli, primari e comprimari, tutti caratterizzati minuziosamente e mai anonimi. Sfilano umili e popolani, quasi fossero statuine di un immaginario presepe: artigiani, disoccupati, pescatori, comari variopinte e pettegole, ma anche seriosi funzionari statali, il delegato di Pubblica Sicurezza, il Pretore, il Podestà.  Che sono ridicole macchiette, quasi per una legge del contrappasso, a causa del loro essere asserviti all'autorità gerarchica e verso i potenti locali. Il linguaggio usato da Vitali è aulico, ricamato, arcaico e, come sempre, indulge a giochi dialettali, comprensibilissimi anche a chi non ha dimestichezza con la lingua del posto. In questo romanzo il lavoro sul linguaggio è ancora più sofisticato del solito essendo ambientato nella metà dell'800, quindi circa cento anni prima dell'ambientazione abituale dei romanzi di Vitali.

Il finale del romanzo è forse la parte migliore in cui Vitali regala un’altra delle sue morali malinconiche, dispensata tra sorrisi e sberleffi: la morte azzera i conti, sebbene gli uomini trascorrano la vita in lotte fratricide e insensate, o alla rincorsa del successo e della scalata sociale. A pareggiare i conti tra belli e brutti, ricchi e miserabili, potenti o popolino ci pensa, inesorabile, la Signora con la falce, senza fare distinzione alcuna. L’umile Lepido, “morto contento”, è trattato esattamente come il rampollo della famiglia facoltosa. Perché quella legge, e solo quella legge, è uguale per tutti.

mercoledì 27 marzo 2013

Film visti. Educazione siberiana

Educazione siberiana
Regia di Gabriele Salvatores
Con John Malkovich, Eleanor Tomlinson, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius.


[Voto: 3 su 5]

Tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico di Nicolai Lilin, il film parte da una storia già forte di per sé per temi ed ambientazione. Lilin ha scritto altri due romanzi e del secondo (Caduta libera) abbiamo già parlato in questo blog alla sezione "libri". Educazione siberiana è ambientato in un ghetto in Transnistria, sconosciutissima regione siberiana, dove teppisti e criminali di diversa provenienza etnica sono stati confinati negli anni dell'ex Repubblica Socialista Sovietica Moldava. I protagonisti sono una coppia di amici, Kolima e Gagarin, immersi in un mondo a parte. Li seguiamo da quando sono poco più che ragazzini che passano dai giochi ai coltelli, secondo la tradizione e il codice d'onore del loro gruppo. La loro comunità è infatti quella dei Siberiani, una delle più spietate della zona, malavitosi che vivono e sopravvivono con regole proprie scritte e non scritte: si può rubare, si può punire e si possono uccidere poliziotti e uomini dello stato, ma non possono essere tenuti soldi in casa né tanto meno spacciare droga. Furti, razzie, taglieggiamenti e pestaggi sono quindi all'ordine del giorno ma il severo nonno di Kolima, Kuzya (un monumentale John Malkovic), vigila sulla comunità affinché l'ordine venga mantenuto. Tutta questa aurea di rispetto, di regole e di codici d'onore malavitosi -lo dico francamente- mi da molto un senso di insofferenza. Un poetico tentativo di indorare una pillola che è e rimane sanguinolenta. I delinquenti rimangono delinquenti, a prescindere da regole o consuetudini. Anche i mafiosi hanno un loro codice d'onore, che però non impedisce loro di sciogliere nell'acido anche i bambini.
Sfrondato quindi il tema da fuorvianti devianze poetico-letterarie, rimane il tema centrale che è quello di due vite a confronto. Quelle di Kolima e di Gagarin. Due esistenze che ad un certo punto si separano perchè Gagarin finisce in carcere e ne esce giovane adulto. Torna al paese e ritrova Kolima che nel frattempo ha continuato la sua vita col nonno e gli altri Siberiani. Gagarin in carcere ha imparato a pensare in grande, punta al denaro facile e non esita a sporcarsi le mani anche con la droga. Inevitabile lo scontro con il nonno tradizionalista e difensore dei costumi (perversi, ma a loro modo "per bene") del gruppo.
Della comunità fa parte anche una giovane ragazza con un ritardo mentale, che la rende un corpo estraneo, per purezza d'animo e ingenuità, rispetto a tutti gli altri. Per sua fortuna tra i costumi Siberiani c'è anche un sacro rispetto per quelli come lei che vengono chiamati "venuti da Dio". Sono intoccabili e oggetto di affettuose attenzioni da parte della comunità. Ma sarà intorno alla sua figura che si svilupperà il dramma. Kolima e Gagarin, ricongiunti, entrano in breve in antitesi perchè portatori di valori tradizionali da una parte, innovativi e insofferenti dall'altra. Inevitabile il dramma, che qui è bene non raccontare.
Un capitolo a parte è riservato alla cultura del tatuaggio, che diventa una vera forma d'arte. L'autore del libro, Nicolai Lilin ne fa la sua professione nella sua città di adozione, Milano. Il tatuaggio racconta chi sia l'uomo che lo porta sulla pelle. E' un libro aperto, quasi una carta d'identità attraverso la quale esternare principi, valori, credenze, esperienze. Tutto il capèitolo del tatuaggio è raccontato con forte enfasi poetica molto coinvolgente scegliendo una ambientazione originale. Una sauna con corpi maschili sudati e accaldati che esibiscono disegni variegati ed evocativi.

Educazione siberiana è un film raffinato con alle spalle uno studio registico notevole, anche se non convince del tutto. Non affascina, semplicemente. Gli manca quel qualcosa che ammalia e rapisce, che la maestria registica di Salvatores sarebbe in grado di dare allo spettatore, ma che non da. Un peccato, davvero. Ma il pregio di questo film e di Salvatores-autore è il tentativo, in buona parte riuscito, di fare qualcosa di cinematograficamente forte, personale e fuori dagli schemi tipici del cinema italiano, infestato da troppe commedie troppo inutili e troppo ripetitive. Un film in definitiva coraggioso da non perdere, come dev'essere un film d'autore.

domenica 10 marzo 2013

Libri. Un classico noir da Colin Dexter

L'ultima corsa per Woodstock

giovedì 7 marzo 2013

Film visti. C'è sempre un sud del mondo


Upside Down  
Regia di Juan Diego Solanas.
Con Jim Sturgess, Kirsten Dunst

Voto: 2,5 su 5



Succede che da qualche parte nell'universo vi sia un sistema solare con una stella simile al nostro Sole e un pianeta simile alla nostra Terra. Anzi, no. I pianeti sono due, vicinissimi fino a sfiorarsi, ma con una forza di gravità uguale e contraria. Non ci può essere nessun contatto tra gli elementi di ciascun mondo, esseri viventi (in tutto e per tutto umani) compresi. Ciascuno a casa sua, pena l'autocombustione dopo anche una brevissima permanenza sull'altro pianeta. Ma si sa, le leggi, quelle degli uomini, come anche quelle della fisica, sono fatte per essere eluse, aggirate, imbrogliate. O almeno ci si prova. E se la molla per tentare di stabilire un contatto contra legem tra i due mondi è quella dell'amore tra un ragazzo belloccio e di notevole intelletto e una ragazza ugualmente bella e spigliata, è facile pensare che la vicenda narrata prenderà inevitabilmnente una certa piega...
Ecco, il film è tutto qui. Un Lui e una Lei uniti e divisi da un amore impossibile, in nome del quale sono disposti a sfidare tutto e tutti. Una specie di Romeo e Giulietta in salsa semi fantascientifica, dove in luogo di Capuleti e Montecchi troviamo due arcigni governi e due stili di vita diametralmente opposti e in perenne lotta tra di loro. Infatti il mondo di sopra, il nord, sfrutta biecamente il mondo di sotto, il sud. Ne sugge le risorse naturali, minerarie, energetiche, godendo di tutti i privilegi del progresso scientifico ed economico che ne derivano, lasciando agli altri derelitti del sud un ruolo di subordine. Sfruttati e calpestati. Una specie di cinico colonialismo in chiave planetaria.
 
Insomma, di idee nuove e originali, a dire il vero, in questo Upside down ce ne sono davvero pochine. E' tutto caratterizzato in modo molto banale, a cominciare dalle ambientazioni scenografiche contrapposte. Il nord è moderno, pulito, , allegro, vitale, soleggiato; il sud è sporco, lugubre, deprimente e perennemente umido e piovoso. Non si esce proprio da una rappresentazione iconografica di maniera e stereotipata, che di più non si potrebbe neanche per scommessa.
Il film si regge sulla simpatia naïf dei due protagonisti e dallo stare a vedere come andrà a finire. Anche se bisognerebbe essere cinematograficamente cerebrolesi per non riuscire a indovinare il finale....
Se vi piacciono le storie d'amore belle, sdolcinate e romantiche (a lieto fine, of course), questo è il vostro film!

P.S.: Io sono andato a vederlo a scatola chiusa fidando si trattasse di vera fantascienza e invece... accidentaccio!!!