sabato 17 dicembre 2011

Il razzismo uccide

Martedi 13 dicembre, Firenze.
Una vera e propria caccia al senegalese, cominciata in mattinata al mercato di piazza Dalmazia (alla periferia nord) e terminata nel pomeriggio al mercato di San Lorenzo in pieno centro cittadino. E Firenze piomba nel terrore: in mattinata un uomo di 50 anni, Gianluca Casseri, militante di estrema destra, ha aperto il fuoco al mercato di piazza Dalmazia, su un gruppo di ambulanti senegalesi: due morti e un ferito gravissimo. Poi è andato al mercato di San Lorenzo, nel centro della città, ha ferito due ambulanti, e quando si è accorto di essere accerchiato dalla polizia, piuttosto che farsi prendere ha preferito uccidersi sparandosi con una 357 Magnum nel garage del parcheggio. L'obiettivo premeditato: i senegalesi. Non a caso, non il primo che passa. No, i senegalesi. Immigrati di colore, a volte clandestini, molte altre in regola. Come tanti altri immigrati, buoni e cattivi, onesti e delinquenti. Le due vittime risultano incensurate. Ma con la colpa di essere neri e senegalesi. Sufficiente per diventare bersagli umani del razzismo più violento e criminale. Non quello parolaio, volgare e incivile che tanto spesso si avverte nelle nostre città. Quello alimentato da certe parti politiche fino all'altro giorno presenti nel governo. Razzisti da bar, buoni per urlare slogan contro neri e terroni, vestirsi di verde e fare scena con la faccia incazzata. No. Questo è il razzismo che non parla, ma spara e uccide.

Oggi a Firenze una grande manifestazione contro la violenza razzista, sia quella verbale, volgare e maleducata, che quella sanguinaria che si esprime non a barzellette e luoghi comuni, ma con il piombo corazzato delle Colt 357 Magnum. Sfilano alla manifestazione oltre diecimila persone. Il portavoce della comunità senegalese Pape Diaw dice: «Da oggi niente sarà più come ieri», mentre viene intonato un canto religioso. In prima fila gli amici delle due vittime, Modou Samb e Mor Diop, che reggono le foto dei due senegalesi morti. Su un cartello, oltre la foto di Modou ci sono quelle delleamoglie e della figlia di 13 anni. «Tredici anni senza vedere la sua famiglia - c'è scritto accanto alle immagini - e il suo sogno si è fermato il 13 dicembre». «Non ha nemmeno visto la sua bambina una volta», racconta con le lacrime agli occhi uno degli amici.

Non una parola di solidarietà dal centro sociale di estrema destra a cui faceva capo l'omicida, Casa Pound:  «Noi non chiederemo scusa» - Il centro sociale che si ispira dichiaratamente al fascismo prende le distanze dall'omicida definendolo un folle che non aveva reali legamo con Casa Pound Italia. Dal Corriere della Sera:  «Il nostro stile politico ci ripulirà da una macchia che ci ha sporcati ingiustamente e per cui non abbiamo nessuna colpa nè sentiamo di dover chiedere scusa a nessuno». In un certo qual senso le vittime sembrerebbero loro, "sporcati" dal folle gesto razzista. Per le vittime neppure un pensiero. Non occorre aggiungere altro.
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