domenica 29 maggio 2011

Petrarca Padova Campione d'Italia di rugby


Petrarca Padova vs Femi-CZ Rovigo 18-14
Campioni d'Italia 2010-2011

Non ci sono parole per esprimere la gioia di questo scudetto...!

sabato 28 maggio 2011

Se un ragazzino diventa il boia

Se un ragazzino diventa il boia

di Riccardo Noury

Pena di morte


La foto, diffusa da Iran Human Rights, un’autorevole Organizzazione non governativa che ha sede a Oslo, è agghiacciante: un ragazzino toglie la sedia sulla quale si trovava in piedi, in attesa di essere impiccato, Mehdi Faraji.
L’Iran si distingue dunque per un nuovo, macabro, record in tema di pena di morte: non solo è ormai l’unico paese al mondo che mette a morte persone di minore età al momento del presunto reato, ma le coinvolge anche nella procedura dell’esecuzione, in luogo pubblico.
Sono già alcune centinaia le condanne a morte eseguite in Iran dall’inizio dell’anno e altre rischiano di aggiungersi, se gli appelli di Amnesty International non saranno ascoltati dalle autorità giudiziarie di Teheran.

Articolo completo: http://lepersoneeladignita.corriere.it/2011/05/28/macabre-esecuzioni/

domenica 22 maggio 2011

Morire "perchè non ci si ferma mai"




La madre della bambina, all'ottavo mese di gravidanza, ha rotto il silenzio in un'atmosfera da stato d'assedio con i giornalisti e le troupe televisive che affollavano l'ospedale di Ancona. Per dire - in un'intervista - che quello che è successo a Lucio Petrizzi, il padre di Elena, "può capitare ad ognuno di noi, perché non ci si ferma mai".



Con tutto il rispetto per il dolore dei genitori della piccola Elena, tutta questa vicenda mi sembra mostruosamente agghiacciante. A cominciare dal semplice fatto in sè: la morte di una bimba, non per un incidente, non per una malattia. Per dimenticanza. Ma tutto diventa ancor più difficile da accettare leggendo le pseudo giustificazioni della mamma. Ma è vero che dimenticarsi la propria figlioletta di 22 mesi in macchina per un'intera mattinata può capitare a ognuno di noi? E' vero che può succedere perchè non ci si ferma mai? Ho il sospetto di sì, che la mamma di Elena abbia in fondo ragione, nonostante di primo acchito, istintivamente, si possa avere la sensazione che sia solo una scusa per giustificare qualcosa di mostruoso come è dimenticare la figlia in auto fino alla morte.

Il padre di Elena è un apprezzato chirurgo veterinario di Teramo. Quella mattina doveva portare la piccola all'asilo e poi recarsi al lavoro. La dimenticanza, il vuoto di attenzione e concentrazione, il buco nero della memoria, comincia già allora. Perchè la prima cosa dimenticata è quella di fermarsi all'asilo. Dopodichè ecco la seconda dimenticanza: la figlia in auto al parcheggio. Il padre di Elena quella mattina aveva evidentemente (per quel che è dato intuire) solo una cosa in testa: il lavoro. Nella scala di priorità della sua giornata, dei suoi impegni, dei suoi interessi, dele sue passioni Elena e l'asilo erano solo incidenti di percorso. Delle parentesi da intercalare all'impegno lavorativo. Lucio Petrizzi, il padre di Elena, è un uomo di successo, insegna veterinaria all'università, è quel che si dice un uomo "arrivato" in quella scala indefinita che differenzia le persone insignificanti da quelle che contano. Un uomo che "non si ferma mai", come lo definisce argutamente la sua compagna e mamma di Elena. Peccato che questa volta non si sia dimenticato semplicemente di comprare il latte tornando a casa o chiamare l'idraulico per il rubinetto che perde. Si è dimenticato di sua figlia. Che è rimasta chiusa in auto al parcheggio, sotto il sole, fino a soffocare per mancanza di aria. Coma, edema cerebrale, compromissione renale, morte.

Se avesse ragione la mamma di Elena a dire che può succedere "perché non ci si ferma mai" allora bisognerebbe che tutti prendessimo atto di quanto è successo a Teramo e la piantassimo una volta per tutte di inseguire falsi dei quale il successo, il lavoro, l'affermazione sociale. Sarebbe ora che dessimo una svolta alla nostra vita perchè almeno quella persa da Elena per dimenticanza di suo padre possa servire a a qualcosa o a qualcuno.
Ne conosco parecchie di persone che vivono in maniera caotica e febbrile, quasi fossero stati morsi da una tarantola. Io per primo.
Una volta, anni fa, anch'io vivevo in questo modo. Senza mai fermarmi, di corsa, in maniera febbrile. Appuntamenti ovunque, impegni di lavoro, rendicontazioni, programmazioni, istruzione di collaboratori. Tutto il giorno dedicato al dio-lavoro. E' come una specie di vortice tumultuoso e maledetto che, se ti afferra, ti risucchia sempre più. E farsi risucchiare è anche maledettamente gratificante, perchè ti sembra di essere nel giusto, di fare bene, ma non ti permette di porti la classica domanda: perchè. Perchè sacrificare interessi, affetti, passioni in nome del lavoro? Io mi sono trovato in quel periodo a non avere più nè tempo nè voglia di leggere un libro, di andare al cinema a vedere un buon film, di coltivare la mia vecchia passione per la fotografia. Per non parlare di cose ben più importanti come seguire da vicino la propria famiglia invece di esserne solo marginalmente sfiorato. Il dio-lavoro è un moloch dalle mille forme e dai mille tentacoli, ognuno dei quali ti porta via qualcosa. E raramente si riesce a rendersene conto. Perchè per farlo bisognerebbe fermarsi un po' e mettersi a pensare e riflettere. Troppo lusso.
Ne conosco parecchie di persone che sono avviluppate dai tentacoli del moloch. Li riconosco tra certi miei amici e nell'ambiente di lavoro. Rampanti, ambiziosi, votati alla carriera e al successo. Per un encomio del capo o un avanzamento di carriera venderebbero l'anbima al diavolo.
Io, per fortuna, posso coniugare i verbi al passato prossimo nel ripercorrere situazioni simili. Ci sono passato e ne sono fuori. Non per merito mio, per mia scelta o per mio ravvedimento. Ci ha pensato la mia salute a tirarmi fuori dal vortice. Ad un certo punto ho mollato tutto, senza possibilità di scegliere. O così ...o così. Difficile continuare a sbattersi per il lavoro prigioniero per mesi e mesi di un letto d'ospedale. A posteriori, nonostante tutto quello che ho passato sotto il punto di vista salute, devo quasi essere riconoscente a quello che mi ha riservato il destino. Si dice che "non tutto il male viene per nuocere".
Chissà che la disgraziata morte per dimenticanza della piccola Elena non possa insegnare qualcosa a qualcuno. Perchè "può capitare ad ognuno di noi, perché non ci si ferma mai".

giovedì 19 maggio 2011

L'orco con la tonaca

Ci risiamo, si torna a parlare di preti pedofili. Ma non solo, questo è anche cocainomane e, per buona misura, anche satanista con tanto di tatuaggi inequivocabili. E' un parroco di Genova, ordinava al suo pusher di fiducia non solo droga, ma anche bambini per le sue perversioni sessuali, preferibilmente al di sotto dei 14 anni. Le sue vittime gli piacevano di più tenere e indifese. Definire maiale un uomo del genere è una vera offesa a quel dignitoso animale.
Le indagini descrivono un tenore di vita assurdo per un prete. Almeno 300 euro al giorno per soddisfare i suoi vizi. La cocaina costa... Da dove arrivavano tutti quei soldi? Nessuno in Curia si è mai accorto di nulla? Un parroco che passa le notatte in discoteca e frequenta ambienti equivoci come può non dare nell'occhio e sollevare allarme nei suoi superiori?

L'indagine prende le mosse nella seconda metà di ottobre quando i carabinieri del Nas, impegnati a Milano in un'inchiesta sul traffico di anabolizzanti in palestre e saune, si imbattono in una conversazione tra un pusher africano, soprannominato Franky, e il parroco genovese Don Riccardo Seppia. I giornali hanno pubblicato stralci incredibili delle telefonate: "Ah... niente...senti.... non trovi nessun bambino...?" chiede don Riccardo Seppia a Franky. E' il 22 ottobre. Don Seppia, nella stessa conversazione aggiunge: "... eh, che mi piace... non hai tuoi amici che mi vogliono fare di tutto...?".

Il cardinale Bagnasco ha espresso «dolore per ogni forma di peccato e di male che, se risulterà realmente commesso da un nostro confratello, sfigura la bellezza dell'anima, scandalizza le anime, ferisce il volto della Chiesa. Vogliamo affidare alla Madonna quanti hanno subito scandalo in qualunque modo e dire a loro la nostra vicinanza umile e sincera».  Amen.

sabato 14 maggio 2011

Blog in tilt

Per qualche motivo che non conosco e che non mi so spiegare gli ultimi post pubblicati sono spariti dal blog e poi riapparsi privi dei commenti dei lettori. Riguardavano la vicenda Thyssen/Confindustria e la vera storia della "Poderosa".
Mi dispiace per chi aveva avuto la cortesia di intervenire lasciando la propria opinione.


Angelo56

Applausi ai colpevoli - commenti

Scrive Anonimo nel suo commento al post precedente:
Purtroppo questo è il prezzo della società odierna.

La morte viene dopo il benessere e la ricchezza... che vogliono tutti, altro che demagogia.
Non temere il possibile allontanamento degli investitori stranieri è avere gli occhi foderati di prosciutto. Tu pensi che se chiudessero la Thyssen gli attuali occupati sarebbero contenti?

Ma cos'è, uno scherzo di cattivo gusto, una provocazione per il piacere di andare controcorrente o un inchino al padrone? Se in Italia facciamo rispettare  (tentiamo) le regole antinfortunistiche e riusciamo una volta tanto a punire i colpevoli (parliamo di 10 morti bruciati vivi!!) gli investitori stranieri scappano... Forse che all'estero non esistono regole analoghe e non vengono fatte rispettare oppure si pensa che in Italia tutto sia permesso essendo il paese del bunga bunga? In nome di cosa? Della libera imprenditoria? Del risparmio economico sulle misure di sicurezza fatto sulla pelle degli altri? Della trascuratezza della sicurezza del posto di lavoro con la minaccia che sennò la fabbrica chiude?
Ma non prendiamoci in giro, altro che demagogia. Ci sono delle regole e si rispettano. Stop. In Italia come all'estero dove forse sono più rispettosi da un lato e più rigidi dall'altro. E applaudire a un imprenditore che è stato condannato per la morte di suoi 10 dipendenti è una vera bestemmia.
Chiedo ad Anonimo se veramente in nome del guadagno e dell'arricchimento si sia disposti ad accettare di tutto. Caro amico, tu saresti disposto a mettere consapevolmente e scientemente a repentaglio la tua vita in un posto di lavoro che non ti tutela? O per allontanare la minaccia di chiusura della fabbrica? Oppure forse più ragionevolmente e responsabilmente esigeresti che il tuo datore di lavoro rispettasse le regole a tutela della tua vita e della tua salute partendo dal fatto che questo sia un presupposto ineludibile non negoziabile?
Angelo56

La vera "Poderosa"

Un mio amico (ciao Ennio) mi ha detto, pensando di rivelarmi chissachè, che mi sono appropriato indebitamente di un termine già associato indelebilmente ad un mezzo di trasporto a due ruote. E che mezzo di trasporto...! La "Poderosa", con le virgolette e la maiuscola, il nome affettuoso con cui chiamo la mia Aprilia Caponord.
La vera Poderosa: Norton 500 del 1939
E' ben vero, lo davo per sottinteso in verità. Si tratta di un omaggio, di una citazione, di un segno di rispetto alla vera Poderosa, la moto Norton 500 del 1939, utilizzata da Ernesto Guevara (non ancora detto "el Che") e dal suo amico Alberto Granado per compiere il viaggio-avventura alla scoperta dell'America latina nel lontano 1952. Un'epopea che a solo pensarci fa venire i brividi e la voglia di poartire. Viaggio di cui peraltro c'è una splendida testimonianza nel bel film di qualche anno fa "I diari della motocicletta" tratto dal libro scritto dallo stesso Granado, intitolato With Che Through Latin America.


Date a Cesare quel che è di Cesare! Figuriamoci se mai mi potrebbe venire in mente di appropriarmi di qualcosa che è stata del Che...


Applausi ai colpevoli


Nel corso delle Assise di Confindustria tenute a Bergamo sabato 7 maggio dalla platea di imprenditori si è levato un applauso spontaneo di solidarietà all'amministratore delegato di ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, condannato in primo grado a 16 anni e mezzo per omicidio volontario. I fatti sono quelli del rogo mortale di Torino in cui morirono dei lavoratori. Morti bianche. Immediata la reazione dei familiari delle vittime, dei sindacati e dei politici, per quella che è stata bollata come la «pagina più brutta» nella storia di Confindustria. Sono arrivate delle tardive scuse riparatrici da parte dei vertici dell'associazione degli industriali, ma il guaio ormai era fatto.
La presidente Marcegaglia ha dichiarato: "Una cosa di questo tipo (processi e condanne, ndr) se dovesse prevalere allontanerebbe investimenti esteri mettendo a repentaglio la sopravvivenza del sistema produttivo. È un tema che va guardato con grande attenzione, nel massimo rispetto per la sicurezza sul lavoro, ma una cosa di questo tipo se dovesse prevalere allontanerebbe gli investimenti dall'Italia".

Insomma, dei lavoratori muoiono sul posto di lavoro, l'inchiesta stabilisce che vi sono pesanti responsabilità dell'azienda, il tribunale condanna gli imputati e Confindustria li applaude. Non fa una grinza, alla luce della dichiarazione della Marcegaglia: se si diffonde la voce che in Italia i responsabili delle morti sul lavoro rischiano effettivamente la galera gli investitori stranieri potrebbero disertare il nostro paese. Perfetto. Il tutto alla faccia di quei morti arrostiti. A prevalere deve essere sempre il tornaconto economico. E' la logica del capitalismo. I colpevoli si prendono gli applausi e passano da eroi. Le vittime sono tutto sommato degli incomodi imbarazzanti.
Viva Confindustria!

giovedì 12 maggio 2011

In moto. Con la "poderosa" in bassa Valle Scrivia

Il fiume Scrivia a monte
 La bassa Valle Scrivia, ovvero il luogo che non c'è. Non esiste una bassa Valle Scrivia, sebbene esista il fiume Scrivia. E' un'invenzione del mio amico Ruggero che vive in un lindo e ordinato paesino di cinquemila anime, Castelnuovo Scrivia, alla confluenza tra le province di Pavia ed Alessandria. Zona di risaie e di Langhe, sia pure a qualche km di distanza. Infatti le risaie sono più prettamente pavesi, mentre per le dolci colline delle Langhe bisogna spostarsi verso Alba di qualche decina di km, incuneandosi nel cuore del Piemonte.
Il fiume Scrivia a valle
E' proprio lì, verso la valle che non c'è, che ho messo la prua della "poderosa" (la mia Aprilia Caponord). Sarei stato ospite da lui per il fine settimana. Il percorso prevedeva inizialmente l'autostrada A4 fino a Brescia e poi la A21 Torino-Piacenza, puntando a Piacenza. Uscita finale a Tortona. Ma non è andata così, perchè a Brescia ero già distrutto dalla noia e dalla monotonia dell'autostrada. La moto e le autostrade non vanno d'accordo, salvo che sia assolutamente indispensabile. Quindi a Brescia sono uscito ed ho proseguito utilizzando statali e provinciali. Certo si procede più lentamente, bisogna fare i conti con il traffico locale e l'attraversamento di qualche paese. Ma vuoi mettere il piacere di guardarsi attorno e godere delle bellezze delle località che si incontrano lungo il tragitto? Ho attraversato quasi tutta la Lombardia senza fretta, lasciandomi alle spalle la zona del lago di Garda e fendendo la pianura padana. La "poderosa" si è ben comportata, sicura e affidabile per tutti i 300 km del viaggio. Qualche problema con il navigatore satellitare che ha fatto le bizze e non voleva più saperne di funzionare a dovere. Ha rischiato seriamente di finire in mille pezzi... non sopporto gli aggeggi elettronici quando decidono di non funzionare. Sono tanto utili e preziosi quando va tutto bene, quanto assolutamente inutili e inesauribili fonti di incazzature quando si guastano. Insomma, per farla breve sono tornato al vecchio sistema della cartina stradale, che è sempre bene avere con sè, proprio per ovviare ai guasti dell'elettronica che per quanto possa essere strabiliante, resta pur sempre uno stupido groviglio di circuiti inuti se qualcosa non funziona.
Nel tardo pomeriggio parcheggio in cortile da Ruggero che mi aspettava in strada, non essendo facile trovare casa sua in piena campagna. Ho detto casa? No, mi correggo. E' più adatto il termine dimora, se non addirittura reggia. Immaginate una "villazza" a più piani con annessa azienda agricola con capannoni per le attrezzature, prati a non finire, cortile, orto, veranda, zona barbeçue, alberi da frutta, ecc. ecc. Un sogno. E soprattutto tanta quiete tutto intorno. Ruggero e sua moglie Marisa non sono straricchi ereditieri e neppure affermati imprenditori. Vivono in quel posto da semplici e normali pensionati come ce ne sono milioni in Italia, con la differenza che è come se avessero vinto una magnifica lotteria da quando hanno ricevuto l'incarico di fare da custodi residenti a tutta la splendida tenuta. Roba da non credere, retribuiti per vivere in una reggia.... altro che lotteria! [Ehm... si percepisce un pizzico di sana invidia da parte mia?]
La Certosa di Pavia
Va anche detto che la cortesia e l'ospitalità di Ruggero e Marisa vanno di pari passo con la bellezza dei luoghi. Non posso che ringraziarli per il fine settimana che mi hanno regalato.

Il giorno dopo è stato dedicato al turismo. Certosa di Pavia al mattino, giro verso le Langhe nel pomeriggio. La Certosa è stata una vera sorpresa. Ne avevo sentito parlare, ma non immaginavo che fosse così bella e interessante e soprattutto ricca di opere d'arte di notevole importanza. Per quanto riguarda le Langhe invece c'è da dire che meriterebbero da sole un tour di più giorni. Troppo belle per essere viste di sfuggita in un solo pomeriggio. La considerazione vale quindi come promessa a Ruggero e Marisa di tornare a trovarli. Pazienza, mi dovranno sopportare ancora per qualche giorno in futuro.... Penso che uno dei periodi migliori potrebbe essere settembre-ottobre, in tempo di vendemmia. Vedremo.
 Terzo giorno, domenica. Rientro verso casa, ma allungando il giro per pasare da Noceto, vicino Parma, dove era in programma una partita di rugby del Petrarca Under 20 quale semifinale di campionato. Come poter dire di no al richiamo del cuore? Per inciso ha vinto la squadra del Parma, che andrà a giocarsi la finale contro la Lazio. Peccato. Ma in compenso almeno mi sono sfogato e saziato di moto. La "poderosa" mi ha portato in due tappe dalla valle Scrivia a Parma e poi a Padova per complessivi 350 km circa. Questa volta tutti di autostrada essendo un percorso lungo e spezzettato dalla sosta rugbystica; altri tragitti più lenti sarebbero stati problematici volendo rientrare alla base non troppo tardi. Ecco una tipica situazione in cui le autostrade tornano utili.

La Certosa (vista aerea)
Totale del raid lombardo-piemontese: circa 900 km tutti percorsi con un tempo splendido nell'arco del fine settimana tra venerdi e domenica. Sono stato decisamente fortunato, devo ammetterlo. Ma ancora più fortunato con un piccolo imprevisto dovuto alla mia sbadataggine. Sono rimasto colpevolmente senza benzina. Il motore si è fermato e non è più ripartito. Un'occhiata alla lancetta del carburante mi ha fatto sciogliere l'arcano. Nel frattempo montava la preoccupazione per un possibile guasto che sarebbe stato difficile riparare di sabato/domenica a officine chiuse. Invece è stata solo colpa mia, non avendo fatto caso alla spia della riserva. Fortuna ha voluto che la benzina si esdaurisse fino all'ultima goccia proprio nel cortile di casa di Ruggero. Se solo fosse accaduto qualche centinaio di metri prima, avrei dovuto spingere a forza di braccia e di gambe. La "poderosa" con il bagaglio pesa quasi tre quintali.... Non occorre aggiungere altro.
Al prossimo tour!

mercoledì 11 maggio 2011

Er Nostradamus de noantri....

LA PREVISIONE DI RAFFAELE BENDANDI

Terremoto a Roma, cresce la psicosi
Ma Comune e sismologi: stop allarmismi
Una profezia prevede un enorme sisma nella Capitale oggi mercoledì 11 maggio. Appelli alla ragione degli esperti: scosse imprevedibili. Ma i cinesi vanno via...


Raffaele Bendandi
Questo che leggete qui sopra è il titolo di un pezzo del Corriere della sera, mica fuffa o il giornale della parrocchia. Se il Corriere arriva a titolare con così tanto risalto significa che il fenomeno è dilagante. Insomma la psicosi del terremoto a Roma l'11 maggio 2011 c'è, eccome.
Ma come si fa a credere alle profezie che postulano disgrazie e cataclismi con decine di anni o di secoli d'anticipo? E con quali basi scientifiche? Pensiamo a Nostradamus oltre che al citato Bendandi, salito all'onore delle cronache per la sua profezia su Roma. Mah... ognuno crede a ciò che gli fa piacere credere e queste favole metropolitane aiutano a non pensare a problemi più seri e reali.

Non è per buttarla in politica, ma il commento più sarcastico che ho letto in internet sull'argomento è il seguente: "Ma se qualcuno continua a credere alle promesse di Berlusconi, figuriamoci se non crede alle profezie di Bendandi...!"
Per leggerne di più sull'argomento: http://www.unita.it/sociale/oggi-il-terremoto-bendandi-a-roma-br-ecco-come-e-nata-la-falsa-profezia-1.291656

martedì 10 maggio 2011

In moto. PD- Rovereto - Valli del Pasubio - PD

Maggio, bella giornata soleggiata, temperatura mite. La "poderosa" (la mia Aprilia Caponord) scalpita impaziente di uscire dal garage dopo la lunga e fredda pausa invernale; finora sia pure con la primavera già iniziata da bel pezzo si è mossa ancora poco, Colpa dei miei irrimandabili "impegni ospedalieri", ma in compenso ha fatto una cura ricostituente in officina dove è stata equipaggiata con un nuovo monoammortizzatore. E' un Bitutbo che mi è costato un occhio della testa, ma in confronto alla sospensione originale di serie, la spesa si è subito rivelata ben giustificata. In una moto già di per sè stabile l'effetto del montaggio della nuova sospensione è che sembra di viaggiare sui binari. L'ingresso in curva è preciso e non necessita di correzioni. Anche alle alte velocità l'assetto ha guadagnato in stabilità diminuendo radicalmente l'effetto di leggero galleggiamento dovuto soprattutto alla mia mole che supera in altezza e larghezza il riparo della pur capace carenatura. Inoltre essendo stata ordinata su misura, la taratura della molla del monoammortizzatore è calibrata sul mio peso e l'eventuale bagaglio. Insomma rispetto a prima non c'è paragone.
Il giro di oggi è di assaggio di stagione e dunque non particolarmente impegnativo. Il percorso: Padova - ss. 47 Valsugana fino a Trento - Levico -Rovereto - sp 46 per Schio - Pian delle Fugazze (Pasubio) - Vicenza - Padova. Totale, circa 240 km.

La "poderosa" e sullo sfondo l'Ossario del Pasubio

I pregi del percorso sono essenzialmente paesaggistici, la statale della Valsugana è splendida e se non percorsa nelle ore di punta è favolosa perchè larga, comoda e per buona parte fiancheggia il corso del fiume Brenta tra scenari mozzafiato. Sosta per uno snack a Levico sulla riva dell'omonimo lago dove ho potuto godermi anche un buon toscano. Ripartenza per la zona del Pasubio e le cosiddette Piccole Dolimiti. Sul bellissimo percorso che collega Rovereto a Schio si passa il Pian delle Fugazze a quota 1200 m. circa, dopo aver percorso una quarantina di km tra i 400 e i 700 metri di altitudine. Una strada tortuosa e piena di curve che fanno la gioia di chi va in moto. Inoltre il traffico è molto scarso, specie se affrontata nelle ore centrali della giornata. Il panorama che si gode ad ogni tornante è semplicemente splendido e mi dispiace non aver portato con me la macchina fotografica, perchè ne sarebbe valsa la pena (dovrò farmi bastare la fotocamera del cellulare).Siamo in piena zona delle Prealpi venete tra cui svetta il Monte Pasubio, teatro come tutta la zona circostante, di aspre battaglie di appostamento nel corso della I° Guerra Mondiale. Cima Grappa, l'Altopiano di Asiago, Lavarone e Folgaria, sono tutti luoghi che hanno visto cadere a migliaia i soldati sia italiani che austriaci. Una vera carneficina. Per parte italiana, a testimonianza di quelle morti in battaglia, si trovano ossari monumentali. Tra questi il più famoso è forse quello del Monte Grappa, ma non solo (importante è anche quello di Asiago). Un tuffo al cuore entrare all'interno della struttura che si erge nei pressi del Pian delle Fugazze e percorrere i cunicoli le cui pareti sono letteralmente tappezzate di lapidi che ricordano i caduti che vi sono sepolti. Nomi e cognomi, età, grado. Niente di più. Ma non per tutti: gli ufficiali e i notabili con titolo onorifico o nobiliare, godono di lapidi più grandi e più belle, adornate anche di epitaffi a memoria delle loro gesta eroiche. Anche di fronte alla morte non siamo tutti uguali, evidentemente.
 
L'Eremo San Colombano, incastonato nella roccia

La strada fiancheggia il percorso del torrente Leno di Vallarsa che si incunea nella vallata creando paesaggi da favola. Tra questi l'incredibile eremo di San Colombano. Passandoci di fronte, sull'altro versante della valle, appare quasi come una visione irreale incastonato com'è nella roccia a strapiombo. La prima cosa che viene da chiedersi è come abbiano fatto i costruttori a realizzarli lì sullo strapiombo. Incredibile. Meriterebbe una sosta, ma essendo dall'altro lato della valle temo che bisognerebbe tornare indietro. Mi riprometto di tornare un'altra volta.

Una volta giù a Thiene, si ritorna alla piattezza della pianura. Per nulla eccitante. Una rapida galoppata verso casa pensando già al prossimo giro con la "poderosa". Mi è venuta più di una mezza idea di andare a trovare il mio amico Ruggero, in bassa Valle Scrivia, alla confluenza delle province di Pavia e Alessandria. Ruggero, sei avvertito....

lunedì 2 maggio 2011

Osama Bin Laden, il peggior nemico dell'Islam


La morte non si festeggia. Mai.
Tuttavia proprio non riesco a dispiacermi dell'uccisione di Osama Bin Laden. Per il male che ha fatto, per le morti che ha deciso, progettato e causato, direttamente e indirettamente. E' morto un assassino, un terrorista della peggior specie, di quelli che mandano gli altri a morire, dopo averli indottrinati e manipolati. Credo che Bin Laden sia il peggior nemico dell'Islam di cui si autoproclamava paladino e difensore e per il quale, in nome di Allah e del suo profeta Maometto, portava morte in tutto il mondo. Trasformando in questo modo agli occhi del mondo, che diceva di voler combattere, la religione islamica in un simbolo di violenza e di distruzione. E' morto un miliardario che usava le sue fortune per compiere attentati terroristici, un sanguinario fanatico che usava la religione solo per creare terrore dietro il paravento della religione e del riscatto delle popolazioni arabe e musulmane vessate dal capitalismo occidentale. Ma a morire erano sempre e comunque i poveri diavoli, musulmani compresi, persone comuni con l'unico torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Morti a centinaia e migliaia a causa di esplosioni di kamikaze umani o di auto-bomba nei mercati, nelle piazze, nei luoghi frequentati da chiunque, non certo dai capi di governo occidentali che considerava nemici giurati dell'Islam. E' riuscito solo a diffondere il terrore e a trasformare qualunque uomo o donna di razza arabo-orientale in un potenziale pericolo agli occhi degli occidentali alimentando l'odio razziale ed etnico. Tutta la storia di Bin Laden è la dimostrazione di come la violenza non sia mai la giusta soluzione di alcun problema, ma generi solo altra violenza.

Il fotomontaggio del volto del cadavere di Bin Laden

Quanti solo coloro che sono incappati in indagini o messi sotto accusa per il solo fatto di professare la religione musulmana o di avere un colore della pelle che ricordasse quello tipicamente arabo? Chi devono ringraziare costoro se non il terrorista Bin Laden? E tutti coloro che sono morti convinti di immolarsi per una giusta causa con la promessa del paradiso di Allah? Se da qualche parte esiste un inferno, spero che ora quell'assassino ci bruci per l'eternità.

Non so se giustizia sia stata fatta, come proclama con soddisfazione il presidente Usa, ma no, proprio non riesco a farmi rattristare dall'uccisione di Bin Laden.