sabato 30 aprile 2011

Film visti. Quegli ultimi 8 minuti...

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Regia: Duncan Jones. Con Jake Gyllenhaal, Vera Farmiga, Michelle Monaghan.
[Voto: 3 su 5]

Due parole (non di più) sulla trama, chè a rivelare troppi particolari perderebbe interesse. E il film non lo merita perchè è molto ben strutturato con una serie di progressivi colpi di scena che mantengono sempre vivo l'interesse dello spettatore. Il capitano Colter (Jake Gyllenhaal) è un militare Usa che fa parte di un programma governativo sperimentale specializzato nella prevenzione di attacchi terroristici. Si trova quindi, attraverso l'utilizzo di una nuova e avanzatissima tecnologia, a vivere e rivivere nei panni di una delle vittime la tragedia di un treno fatto esplodere da una bomba allo scopo di individuarne gli attentatori. Insomma una specie di ritorno nel passato, ripercorrendo quegli ultimi otto minuti prima dell'esplosione, finalizzato ad evitare a posteriori la tragedia. A posteriori o in anticipo sul tempo? E già qui ci troviamo di fronte ad uno dei nodi proposti dal film di Duncan Jones (figlio d'arte: suo padre è nientemeno che il grande David Bowie). L'antitesi tra passato e presente, l'esplorazione del passato, ormai divenuto storia, per manipolare e migliorare il presente. Ma di conseguenza anche il futuro... Bisogna dire che l'idea di base non è nuova. Hollywood ci ha più volte proposto numerosi soggetti sul tema del passato che, se modificato, influenza il presente e/o il futuro. Ci sono esempi illustri che spaziano dal dramma (Sliding doors) alla commedia fantascientifica (Ritorno al futuro). Ma non solo..., l'elenco sarebbe lungo e articolato.
Insomma di carne al fuoco ce n'è parecchia, per non parlare di non banali riferimenti alla vita e alla morte, siano esse reali o artificiali; dell'invadenza della scienza in ambiti  (per l'appunto: la vita e la morte) che esulano dal naturale perimetro dell'intervento umano. Ma anche dell'amore e dell'individuale prospettiva di determinare il proprio futuro, intesi come gioia di vivere in vista di un futuro progetto di vita possibile e realizzabile. Volendo classificare il film lo si può considerare una via di mezzo tra un giallo, un film di fantascienza, una commedia ed un film sentimentale. E nessuno esce insoddisfatto dal cinema...

Michelle Monaghan
Ho già detto della buona regia di Jones, in passato autore di "Moon", un criptico e fantascientifico film poco noto e poco distribuito nelle sale italiane (l'ho visto abbastanza casualmente in tv su Sky cinema qualche tempo fa). Ma va sottolineata anche la buona prova del protagonista Jake Gyllenhaal che con quella faccia da belloccio sempre attonito e stupito si cala perfettamente nella parte di eroe buono e positivo della vicenda. Deliziosa  Michelle Monaghan (già vista in ruoli minori in Unfaithful - L'amore infedele, Mission: Impossible III, Somewhere) nei panni della fidanzatina-dagli-occhi-che-sorridono, per la quale lo spettatore fa il tifo fin dalle prime inquadrature. Merita un cenno di merito anche l'ottima Vera Farmiga (The Departed – Il bene e il male, Tra le nuvole) nel ruolo di freddo e professionale ufficiale di collegamento dell'esercito che al momento buiono tira fuori tutta la sua umanità repressa che si intuisce nei suoi più che espressivi occhi azzurri.
Nota particolare. Una volta tanto, parlando di terrorismo e di terroristi, non siamo di fronte al solito arabo fanatico e kamikaze di cui Hollywood fa ormai un uso smodato, ma al maschio bianco biondo e americano fino alla radice dei capelli. Ma non per questo meno idiota e fanatico. E non è poco.

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi...

Mai come in questo episodio di cronaca il proverbio del titolo risulta azzeccato e pienamente calzante. Leggere per credere. Da Repubblica.it:



Evasore vince 1 milione al Gratta e vinci

La Finanza lo scopre e gli sequestra tutto. Il "fortunato" è un uomo di Arzignano (Vicenza) indagato per evasione, frode fiscale e corruzione. Ha tentato di occultare il "bottino", tentando di accreditarlo sul conto della madre, ma le voci di paese lo hanno tradito.

VICENZA - Vince un milione di euro al "Gratta e vinci", ma la somma gli viene sequestrata dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria. E' successo a un uomo di Arzignano (Vicenza) che si è visto sequestrare il conto su cui la vincita era stata accreditata perché indagato per frode e evasione fiscale.
La vincita risale al marzo scorso. Subito dopo - riferisce la Gdf in una nota - l'uomo ha commesso qualche imprudenza alimentando delle voci di paese. La notizia è così giunta alle Fiamme Gialle che hanno avviato immediatamente gli accertamenti del caso. L'uomo è risultato coinvolto in importanti indagini condotte dall'autorità giudiziaria di Vicenza, tuttora in corso, per fatti di evasione, frode fiscale e corruzione.
Proprio in relazione a tali inchieste, il gip del tribunale di Vicenza, su richiesta del pubblico ministero, aveva emesso alcuni mesi prima un decreto di sequestro preventivo di beni e depositi bancari nella disponibilità dell'indagato, per un importo di 1,8 milioni di euro, pari all'ammontare delle imposte evase, quantificate in via minimale. Il provvedimento cautelare tuttavia era rimasto, in gran parte, ineseguito in quanto i finanzieri erano riusciti a individuare e sequestrare beni per un valore di 250mila euro.
Una volta apprese le voci sulla possibile vincita, la Gdf ha raccolto informazioni e avviato immediati riscontri presso la società che gestisce il gioco, presso la ricevitoria che ha venduto il biglietto vincente e presso l'istituto di credito dove era stata accreditata la somma. E' così emerso che il vincitore aveva cercato di occultare la vincita facendola accreditare sul conto corrente della madre. Gli accertamenti dei finanzieri hanno, tuttavia, messo in luce che il denaro era certamente riconducibile all'indagato: questi infatti nei giorni immediatamente successivi all'accredito aveva attinto dal conto corrente oltre 16 mila euro, quasi tutti in denaro contante. Il sequestro del denaro vinto alla lotteria è stato possibile in virtù di una particolare disposizione normativa, operante in caso di reati tributari e frodi fiscali, secondo la quale il giudice deve sempre disporre la confisca del profitto del reato (e quindi delle imposte evase) ovvero, nel caso tale profitto non sia più individuabile, di altri beni e disponibilità finanziarie, anche di origine pienamente regolare, per un valore equivalente a tale illecito profitto.

venerdì 29 aprile 2011

Royal wedding, oppio dei popoli

William e Kate, il gran giorno è arrivato. Tutto pronto a Londra per le nozze tra il principe William e Kate Middleton. Migliaia di persone hanno passato la notte lungo il percorso tra l'abbazia di Westminster e Buckingham Palace. William ha trascorso l'ultima serata da scapolo con il padre Carlo, Camilla e il fratello Harry e si è concesso un bagno di folla a sorpresa. La sposa e la sua famiglia si sono riuniti al Goring Hotel, a Belgravia. Per il grande evento mediatico sono attese nelle vie della capitale britannica circa 600.000 persone, della cui sicurezza si prenderanno cura 5.000 agenti di polizia.
Questa la cronaca, questi i fatti che inondano i giornali e le tv di tutto il mondo. Oggi ci saranno dirette televisive che coinvolgeranno -si dice- due miliardi di persone in tutto il mondo.

Ma la domanda è: ha ancora un senso ai giorni d'oggi una famiglia reale che regna e governa quasi come fossimo ancora nel XIX secolo? Ma anche: ha un senso il concetto stesso di monarchia e di diritto ereditario? Ha ancora un senso impazzire per i pettegolezzi e le beghe di corte, amanti e cornificazioni compresi, consumare fiumi d'inchiostro sul favoloso anello di fidanzamento di Kate o sui gadget-ricordo sfornati dall'industria turistica? E pensare che in Italia c'è anche qualcuno che, nostalgicamente, ricorda che un tempo il cuore della nobiltà europea si dava appuntamento in Italia, con Roma crocevia delle famiglie blasonate di tutto il mondo. Fasti e vestigia ormai perse nel tempo e nei ricordi che sono stati rispolverati per l'occasione e oggi riempiono i giornali e alimentano il gossip delle riviste specializzate che vivono sui VIP o presunti tali. Già ora si è scatenata la caccia al cappellino più originale (=obbrobrioso) sfoggiato dalle nobildonne inglesi invitate al royal wedding.... Nota a margine, ma per nulla marginale:  tra i 1900 VIP invitati dal sangue blu o con qualche speciale benemerenza, non figura nessun membro di Casa Savoia che, per quanto spodestata, è pur sempre la dinastia più antica d’Europa. Il che la dice lunga sul ruolo sempre più marginale dell'Italia sulla scena internazionale. Che si tratti di politici della repubblica o di membri della ex famiglia reale, se sono italiani non contano nulla. E dunque il loro posto è a casa a guardare la cerimonia in televisione.
Ovviamente si dirà che con tutto quello che di tragico succede nel mondo sia un'oscenità dedicarsi così spasmodicamente alle reali altezze che convolano a nozze in pompa magna. Basti solo pensare alla guerra di Libia che si combatte proprio dietro l'angolo, alle porte d'Europa.
Pienamente d'accordo, per quanto mi riguarda. Ma il culto per le famiglie reali, specialmente quella inglese, è una religione, o la si abbraccia o la si rifiuta in toto. E la religione, si sa, è l'oppio dei popoli.

martedì 26 aprile 2011

Bombe italiane sulla Libia

Guerra di Libia, giorno 37, Lunedi di Pasqua. Di fronte a una missione sempre più impegnativa e dalla durata incerta, le pressioni di Francia e Gran Bretagna insieme agli Usa hanno alla fine sortito il loro effetto sul governo italiano, recalcitrante fin dall'inizio a un coinvolgimento diretto (il ministro degli esteri Frattini aveva motivato con il passato coloniale dell'Italia queste resistenze appena pochi giorni fa). "Diamo il benvenuto all'annuncio che l'Italia ha deciso di fare un passo in più", ha detto il responsabile dell'Alleanza atlantica (NATO) Anders Fogh Rasmussen, commentando la svolta.
Il passo in più cui si fa riferimento sono i bombardamenti che i jet italiani faranno sulla Libia. E' questa la novità sostanziale, al di là dei giri di parole e ai contorsionismi diplomatici. "Flessibilità nell'intervento militare" nell'espressione usata dal ministro La Russa significa che invece di sole azioni di pattugliamento e copertura i caccia italiani spareranno e bombarderanno al pari di quelli francesi, inglesi e americani. Insomma la Nato ha deciso che l'Italia non poteva defilarsi più ed era ora che si sporcasse le mani di sangue al pari di tutti gli altri. E se la Nato decide, l'Italia obbedisce.
Ma un conto è alzarsi in volo per pattugliare un'area assegnata e fornire copertura, ben altro conto è premere il grilletto dopo aver inquadrato un obiettivo e assistere allo scoppio delle bombe. Al rientro alla base quel pilota italiano saprà di aver ammazzato delle persone, siano essi militari o civili. Come dire che al mattino ci si sveglia, ci si sbarba, si fa colazione, si saluta la moglie o si portano a scuola i figli e poi, imbarcati sul proprio jet, si va al lavoro. Un lavoro che da ora in poi prevede e mette in conto anche di ammazzare gente libica. E' la guerra, bellezza!
Ma perchè siamo arrivati a questo punto? Sbaglio o la nostra Costituzione rinnega la guerra come strumento per la risoluzione di controversie tra stati? Ricordo male? Non saprei citare a memoria l'articolo, ma mi pare che la sostanza sia questa. E andare a sganciare bombe o lanciare missili da un cacciabombardiere non è un atto di guerra, ancor più, radicalmente e tragicamente di più, che pattugliare il cielo sopra Tripoli o Bengasi?
E che non si venga a cianciare della solita missione umanitaria per salvare vite umane dalla barbarie del dittatore di turno. Perchè altrimenti qualcuno dovrebbe spiegarmi come mai in Siria, dove l'esercito sta facendo morti a decine e centinaia fra i dimostranti che chiedono libertà e riforme sociali, nessuno si sogna di intervenire e tutti si limitano a dichiarazioni formali di disapprovazione e di biasimo. Dove sta la differenza tra Libia e Siria? Nel petrolio, ovviamente. In Libia c'è da mettere le mani sui giacimenti petroliferi, in Siria c'è solo sabbia e deserto. Le bombe le riserviamo ai libici che, loro sì, meritano di essere difesi dalla Nato. Che i siriani si fottano.

"Per l'Italia non cambia niente". Come se tra sganciare una bomba o no, non passasse nessuna differenza. Nel leggere questa dichiarazione del ministro La Russa, non so se ridere o piangere.

Film visti. Una moderna lampada di Aladino

Limitless

Regia: Neil Burger. Con: Bradley Cooper, Robert De Niro, Abbie Cornish, Anna Friel
[Voto: 1 su 5]

Un amico vi offre una pillolina che consente di moltiplicare le vostre facoltà intellettive. La vostra intelligenza (fate voi: arguzia, acume, persipacia, brillantezza, logica, intraprendenza, apprendimento, lungimiranza, analisi...) si decuplica e vi si schiudono orizzonti prima di allora impensabili. Come uno zoom fotografico che passa dal teleobiettivo al grandangolo dandovi una visione non più ristretta e circoscritta, ma globale e complessiva dei problemi e della realtà. Voi che fareste?
Il protagonista del film, manco a dirlo, impiega un nanosecondo a decidere di arricchirsi a dismisura lanciandosi nel mondo dell'alta finanza, non senza prima abbandonarsi a qualche dissolutezza inevitabile a base di sesso, di alcol e bella vita. Mi fermo qui per non svelare quel poco che resta del film.

Il quadro che emerge è quello di un'America ossessionata dal mito del successo, del denaro a palate, della popolarità, dello sperpero fine a se stesso. Vivere sopra le righe, senza limiti (...limitless) a qualunque costo. Essere speciali e fuori dal comune è la regola primaria, essenziale. Vitale per emergere e sentirsi realizzati. Tutto il resto è spazzatura. Costi quel che costi. Anche a rischiare di rimetterci la pelle e diventare dipendenti da quella pillolina magica senza la quale si torna ad essere delle nullità assolute. E qui sta il punto. Niente successo, niente soldi a palate = nullità. Non esistono vie di mezzo. Non esiste vivere godendo di quello che si ha, non è da prendere iun considerazione valori come l'amicizia e la famiglia, non esiste costruisi un'esistenza con altri valori che non siano il denaro o un'esistenza fuori dall'ordinario. Esiste buttar giù alcol e impasticcarsi a violiontà per sopperire alla mancanza del successo.
Il protagonista prima di trovare la pillolina magica conduce un'esistenza allo sbando senza dignità e amor proprio, senza autostima, vagabondando da un bar all'altro e facendo niente dalla mattina alla sera. Un lavoro qualsiasi come chiunque altro? Non contemplato, roba da falliti. Coltivare amicizie e interessi che aiutino a stare bene e vivere meglio? Non contemplato. L'unica cosa che fa è quella di autocompiangersi della propria nullità.
Ma poi la pillolina magica risolve tutto...

Insomma un bel quadretto molto edificante e istruttivo della società americana, che poi non è molto diversa dal resto dell'occidente che segue pedissequamente a ruota, quello che ci viene raccontato in questo mediocre film senza qualità particolari. Nel vederlo, fin dal primo dipanarsi della vicenda, il pensiero mi è andato alla mitica Lampada di Aladino. Quella che, sfregata e lucidata, fa risvegliare il Genio imprigionato all'interno che mette a disposizione del suo salvatore i tre-desideri-tre da esaudire. Ma nella civiltà contemporanea non c'è spazio per le lampade e il moderno Aladino ha la droga a propria disposizione per soddisfare i propri desideri e le proprie voglie.
Una società chiusa su se stessa e preoccupata solo di salire la scala sociale. E così lo spostato scrittorucolo da strapazzo, una volta impasticcato a dovere diventa un genio della finanza. Mica sfrutta la propria inytelligenza per fare qualcosa che riesca a produrre dei benefici per altre persone. Chessò, inventa un farmaco o mette a punto qualche ritrovato scientifico, o crea ricchezza da condividere. No. Il bisogno primario è quello del proprio successo individuale, senza limiti. E che gli altri si fottano.

L'epilogo della vicenda è talmente insulso e banale da risultare irritante.

venerdì 22 aprile 2011

Film visti. Anche Sua Santità è un Uomo

HABEMUS PAPAM
Regia di Nanni Moretti, con Michel Piccoli, Margherita Buy, Nanni Moretti.
[Voto 3,5 su 5]

Un urlo risuona per le sacre stanze di San Pietro. E' il neo Papa appena eletto ad urlare, pochi istanti prima della proclamazione ufficiale ai fedeli festanti riuniti nella sottostante piazza e davanti alla stampa e ai media di tutto il mondo. E' un urlo di ribellione, ma anche di denuncia della propria debolezza. E' un urlo di umanità di un uomo chiamato a rivestire il ruolo molto meno "umano" di vicario di Cristo in terra. Questo è l'assunto del film di Nanni Moretti.

A toccare certi argomenti c'è sempre da rimanere scottati. Specie nella nostra Italia bigotta e puritana. Già mi immagino le polemiche che susciterà in certi ambienti questo nuovo film di Nanni Moretti. Che per fortuna sua (e nostra) ha un respiro ben più ampio delle sagrestie italiche e si propone laicamente anche a livello internazionale, tant'è che sarà presente al prossimo Festival di Cannes. Dico subito che è un bel film che vale la pena di vedere per la quantità di temi e di riflessioni che solleva. Chi si aspettava una commedia irriverente resterà deluso perchè il tono di commedia si diluisce nell'affrontare tematiche drammatiche e inquietanti, mantenendo comunque un approccio non irriverente all'istituzione. Il che significa che Moretti offre una visione non confessionale della vicenda, bensì laica e sobria, sia pure con i toni della commedia.

In breve la vicenda. Dal Conclave per l'elezione del nuovo Papa esce un outsider non previsto quale candidato al soglio pontificio, tale cardinale Melville (uno splendido Michel Piccoli). Il quale al momento della proclamazione dal balcone di San Pietro (la formula di rito che da il titolo al film è quella arcinota "Nunzio vobis gaudium magnum... Habemus Papam...!) viene sopraffatto dalla responsabilità dell'incarico a cui è stato chiamato sentendosi in cuor suo "di non essere tra quelli che possono condurre, ma che devono essere condotti". Un'ammissione con un contenuto di umiltà sconvolgente che rivela e sancisce in poche sciabolanti parole una condizione personale di sofferenza dolorosa, comprensibile e soprattutto umanissima. Anche Sua Santità, sotto gli orpelli del suo ruolo e della sua carica oltre che della sua missione di capo della Chiesa di Cristo, è e resta un uomo. Come tutti, come chiunque altro. E scappa. Il neo Papa fugge alla stretta sorveglianza cui è sottoposto e comincia a girovagare per Roma, cercando in qualche modo e in qualche luogo delle risposte ai suoi dubbi amletici. Tanti anni fa, troppi per ricordarmene il titolo, ricordo di aver visto un vecchio film in bianco e nero in cui un Papa in crisi di identità impersonato da Anthony Quinn si allontanava dal Vaticano in preda ai dubbi negli anonimi panni di un prete qualunque. Quindi lo spunto tutto sommato non è nuovo, ma certamemnte originale è il taglio di "commedia grottesca" che Moretti da al suo film.
Il Vaticano, l'ufficialità pontificia di facciata, l'etichetta secolare, emergono come l'apparato che non concepisce il dubbio, che sacrifica l'Uomo per esaltare il Papa nella sua veste ufficiale, non riuscendo a gestire l'aspetto umano della situazione. Infatti non ci sono contromisure previste dai canoni e dalle consuetudini per fronteggiare il dubbio personale del nuovo Papa. Quindi tutto si blocca in attesa degli eventi. Viene chiamato un luminare della psicanalisi per tentare di sbloccare la situazione (Nanni Moretti, sornione e ironico come non mai). Il che rappresenta l'antitesi assoluta tra fede e ragione. Tra anima e inconscio. Con risvolti da commedia che servono a Moretti per alleggerire l'atmosfera, invero angosciante se si pensa al dramma del neo Papa che sente di essere stato chiamato ad un compito troppo grande per lui. Infatti il film è di per sè angosciante sotto questo aspetto. E' l'aggettivo giusto. A me ha lasciato dentro un'inquietudine profonda pensando alle lacerazioni di un uomo di fronte a responsabilità così grandi che esorbitano dalla sua umanità per esondare nel divino (o quasi). E in questo sta la misura del film di Moretti che riesce a far pensare e a far riflettere lo spettatore su tematiche così impegnative.

Sono tanti i temi affrontati e proposti. Basti pensare alla stessa figura dello psicanalista "più bravo di tutti"; al deficit di accudimento nell’età infantile che è destinato a diventare un must assoluto... Altro tema affrontatato è quello delle maschere. Il neo Papa dice che avrebbe voluto fare l'attore e nel suo periodo di dubbio errante per Roma finisce per accodarsi sotto mentite spoglie proprio ad una compagnia di teatranti che mettono in scena una pièce di Cechov. Il cardinale Melville è magneticamente attratto da quel mondo di attori in cui è permesso recitare a soggetto, essere e impersonare qualcuno pur mantenendo una propria identità. A lui invece viene chiesto di fare un passo senza ritorno, che non ammette deroghe o pause. Troppo per un uomo che si accorge ad un certo punto della sua vita di aver vissuto senza veri affetti, senza aver davvero condiviso con alcuno gioie e dolori, di non potere/sapere dire di se stesso chi è realmente o che cosa fa.
Una discreta fetta del film è incentrata sullo psicanalista Moretti che per ingannare il tempo organizza un torneo di pallavolo tra i cardinali ancora obbligati in Vaticano per il Conclave in attesa degli sviluppi della situazione. I quali cardinali, loro sì ancora liberi di essere e sentirsi normalmente umani, non si lasciano sfuggire l'opportunità prendendosi qualche giorno sabbatico, quasi regredendo ad un'età infantile, gioiosa e spensierata, sollevati dall'incombente ruolo di di grandi elettori papali. Anche qui le metafore abbondano e Moretti ci gioca a piene mani. E buon per loro che non ci fosse a portata di mano una piscina, sennò i cardinali sarebbero finiti sicuramente in acqua a giocare a pallanuoto...

« Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto. »
[Dante Alighieri, Inferno, Canto III]
No, non si tratta di viltà come quella che Dante attribuisce a Celestino V, marchiandolo indelebilmente per la storia. Secondo Moretti quello del neo eletto Papa Melville è di un atto di umiltà e di profonda umanità che non merita giudizi sommari. Ma di profondo rispetto.

P.S.: il voto non raggiunge il 4 per una certa "pesantezza" della parte centrale che mi sarebbe piaciuta più snella. Quella della pallavolo, per intenderci.
P.P.S.: l'età media degli spettatori al cinema nello spettacolo infrasettimanale era terrificante. Ero nettamente il più giovane in sala....

mercoledì 20 aprile 2011

Libri. Accadde a Bellano

Il meccanico Landru
di Andrea Vitali

Siamo nel 1930, primi anni del periodo fascista nell'Italia che rinasce dopo la tragedia della Grande Guerra. Un'Italia di cambiamenti epocali destinati, nel bene e nel male, a lasciare un segno nella storia dei decenni a venire. Bellano è un piccolo paesino sulle sponde del lago di Como. Profonda provincia lombarda, dove giunge solo l'eco lontana di ciò che accade nel resto d'Italia. Una piccola comunità con i suoi classici punti di riferimento: il maresciallo dei Regi Carabinieri, il segretario della locale sezione del Partito Fascista, il parroco, il medico condotto, il direttore della fabbrica manifatturiera che da lavoro a buona parte dei paesani e tutta una serie di personaggi di contorno, dal capostazione al messo comunale, ma non per questo meno importanti e vitali nell'economia sociale del minuscolo centro. Una sorta di castello di carte che vive di un suo equilibrio sufficientemente stabile tra il lago e le montagne che lo sovrastano. La vita scorre prevedibile e anche noiosa, ma certamente anche tranquillizzante, filtrando ciò che di importante avviene al di fuori. La trasformazione politica di un'Italia che va a capofitto verso la dittatura fascista, la trasformazione industriale che si apre sempre più al progresso tecnologico, la trasformazione sociale degli italiani stessi alle prese con queste novità. In questo quadro di sonnacchiosa provincia si innesta un elemento nuovo, il meccanico Landru che con altri cinque suoi colleghi arriva in paese per avviare una linea di nuovi telai nel locale cotonificio. Una sorta di mini rivoluzione industriale che come conseguenza porterà ad una riduzione del personale. Ma, come se non bastasse, Landru e i suoi sono gente che viene da fuori, estranea all'ambiente chiuso e ovattato di Bellano. Facile immaginare che portino qualche sconquasso. Come infatti, puntualmente, accade...

Ho letto il libro nei giorni scorsi, nella mia ultima permanenza in ospedale per l'ennesimo ricovero e relativo intervento. Ed è stata una buona lettura, soddisfacente e appagante. Di quelle che alla fine dispiace di essere arrivati all'ultima pagina, tanto ci si affeziona ai personaggi raccontati. Di Andrea Vitali avevo letto altre due opere, Come  le olive e Dopo lunga e penosa malattia. Il primo, come buona parte di tutta la sua produzione letteraria, serialmente ambientato a Bellano; il secondo invece più atipico e intimistico, ma comunque rientrante nel filone di un Italia provinciale e marginale. Ma su Bellano e i suoi paesani esiste una vera e propria epopea con una molteplicità di romanzi, tutti ambientati negli stessi anni '30. Il che fa di Vitali una specie di "campione" dei narratori dotati del talento e della capacità di raccontare delle storie. Storie di uomini, di donne, e di fatti che hanno la caratteristica di essere straordinariamente ordinari. Caratteristiche non comuni in una letteratura contemporanea sempre più orientata a cercare di sbalordire e meravigliare il lettore. Invece Vitali riesce nell'intentio di calamitare l'attenzione senza effetti speciali o storie sbalorditive, bensì con la naturalezza, la semplicità e verosimiglianza di storie "normali" e di personaggi "normali". Tanto normali da diventare veri fenomeni.

lunedì 11 aprile 2011

Ufo, la svolta tanto attesa?

Oggi parliamo di Ufo. No, non sono impazzito improvvisamente. Dischi volanti, omini verdi, navigatori delle stelle, marziani... C'è di che sbizzarrirsi, la letteratura in materia è sterminata e spazia (è il caso di dirlo...) dalla fantascienza classica ai testi para-scientifici, dai ciarlatani ai contattisti convinti. Comunque la si pensi sull'argomento la notizia di oggi pubblicata sul sito del Corriere della Sera è di quelle che lasciano pensare: "Nelle carte Fbi nuova luce sugli Ufo. Corpi umanoidi in New Mexico nel 1950 e un avvistamento nello Utah nel 1949".
Si tratterebbe di rapporti ufficiali in cui si ammette senza reticenze l'esistenza di macchine volanti contenenti corpi di umanoidi non terrestri. Rapporti dell'FBI, non dei soliti mitomani cacciatori di Ufo.
Se la notizia fosse vera si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione. Sarebbe la prova che non siamo soli nell'universo e che il contatto c'è già stato in passato. La visione narcisistica ed egocentristica dell'uomo come unico essere intelligente del creato cadrebbe di punto in bianco. Esiste qualcuno là fuori che ci ha fatto visita e forse continua a farlo tuttora. Non è una possibilità terribilmente affascinante?
Certo, se il disco volante fosse atterrato in Central park in diretta tv come classicamente si vede nei film di fantascienza tutto sarebbe stato più eclatante e incontestabile. Ma la realtà non è mai come la si immagina. E in questo caso la realtà sarebbe un incidente di volo di uno o più ufo negli anni 50 sui cui rottami hanno messo le mani gli uomini dell'FBI americano. Tutto messo a tacere per innominabili motivi di sicurezza nazionale e chi s'è visto s'è visto.
Ma, torno a ripetere, se fosse davvero andata così? Niente sarebbe più come prima. E comincerebbero ad assumere una dioversa fisionomia tanti episodi del passato, tanti resoconti di contatti ufologici presi per allucinazioni paranoiche, tante tracce disseminate qua e là nella storia dell'uomo. Un esempio? Facciamo un salto temporale e andiamo a ritroso nel Rinascimento italiano, ad un dipinto di Filippo Lippi con un particolare che a lungo ha fatto discutere sulla sua natura e sulla sua interpretazione.
Il quadro in questione è esposto nel Palazzo Vecchio a Firenze, all'interno della "Sala di Saturno": si tratta de "La Madonna e San Giovannino", una natività attribuita alla scuola di Filippo Lippi, pittore fiorentino del Quindicesimo secolo.
Osservando il quadro nella parte superiore destra, si rileva chiaramente la presenza di un oggetto aereo, color grigio piombo, inclinato sulla sinistra e dotato di una "cupola" o "torretta", apparentemente identificabile come un mezzo volante di forma ovoidale in movimento. L'oggetto "misterioso" è caratterizzato dalla presenza di raggi luminosi (di colore giallo oro) che sembrano dipartire dallo scafo, sino a quasi suggerirne la direzione, vale a dire un volo dal basso verso l'alto. L'oggetto si staglia a poca distanza sulla destra del capo di una figura femminile in preghiera, la Madonna, la cui staticità, unitamente a quella delle figure e del paesaggio sullo sfondo, sono in netto contrasto con il dinamismo dell'oggetto volante. Ma c'è un altro particolare di grande rilievo: la presenza, un po' più in basso sulla destra della Vergine, di una piccola figura, probabilmente un pastore, che osserva l'oggetto, coprendosi gli occhi con la mano destra per vedere meglio. Non solo, anche il suo cane, al passare dell'oggetto, sembra raffigurato dal pittore nell'atto di abbaiare, proprio come è accaduto in moltissimi casi di avvistamenti ufologici attuali.
Un caso unico? No. Quasi ovunque nel mondo vi sono decine e decine di siti archeologici preistorici con raffigurazioni di figure rupestri stilizzate che lasciano pensare proprio a Ufo e astronauti umanoidi con tanto di scafandri e tute spaziali. La materia è sterminata e parlarne ci porterebbe lontano. La clamorosa notizia di oggi è che tutto potrebbe acquistare una nuova luce interpretativa se la notizia di quei rapporti fosse vera. L'ho già detto: nulla sarebbe più come prima. Con implicazioni difficilmente ipotizzabili.

domenica 10 aprile 2011

Film visti. The next three days

The next three days

Regia: Paul Haggis, con: Russell Crowe, Elizabeth Banks, Olivia Wilde.
[voto2,5 su 5]

Il film è scandito da passaggi temporali, tre anni prima, tre mesi prima, tre giorni prima... Il titolo invece fa riferimento ai tre giorni successivi alla vicenda narrata da Paul Haggis e interpretata da Russel Crowe nel ruolo di protagonista. Ma cosa succede prima e dopo? Succede che un tranquillo insegnante di college della conservatrice e austera Pennsilvanya bianca e cattolica decide di trasformarsi in un criminale per amore della moglie ingiustamente (forse) condannata per un omicidio mai commesso. E' talmente convinto dell'innocenza della sua amata che non esita a stravolgere la propria vita e quella dei suoi cari (il figlioletto, i genitori anziani). Non esita neppure a diventare lui un assassino pur di arrivare al suo obiettivo: far evadere la moglie e sottrarla al carcere a vita.
Ci riuscirà? Come ci riuscirà? Non dico nulla perchè l'interrogativo è ciò su cui si regge il film, specie nella seconda parte dopo un inizio a dir poco noioso e inconcludente fatto da stucchevoli stereotipi di bella-famiglia-americana-dove-tutti-si-amano-e-si-vogliono-bene. I colpi di scena non mancano come anche qualche situazione tanto clamorosa quanto poco credibile. Ma, tant'è, il film complessivamente funziona e regge l'interesse dello spettatore. Merito soprattutto di quel gigione stropicciato e sovrappeso di Russel Crowe che ormai recita soprattutto se stesso, agganciato ad un clichè che si è costruito a pennello. Russel da sempre l'impressione di essere un gladiatore stanco e disgustato dal mondo, ma pronto a incavolarsi di brutto se toccato nel vivo. Un clichè vincente perchè il personaggio sta in scena dal primo minuto senza cedimenti e offrendo una caratterizzazione credibile di uomo-comune-che-reagisce-all'ingiustizia. Molti limiti invece denuncia la belloccia Elizabeth Banks nei panni di moglie assassina e vittima di un errore giudiziario (forse). Una presenza da bionda patinata e mielosa all'inizio, poi incolore e inespressiva per il resto del film nei panni della carcerata infelice. Tra i caratteristi di contorno belle prestazioni attoriali dei poliziotti che una volta tanto non fanno la figura dei tontoloni dimostrando invece un buon fiuto investigativo. Bravi attori di buon mestiere.

Una considerazione su Paul Haggis che non riesce a ripetersi ai livelli del suo splendido lavoro precedente, Nella valle di Elah. Il mestiere c'è tutto, il grande interprete e la storia intrigante anche, ma su tutto, a fare da coagulante dei vari elementi, manca il tocco da maestro che da il la al film.

mercoledì 6 aprile 2011

Le bugie hanno le gambe corte...

Insomma, tocca vederne di tutti i colori sulla vicenda Ruby. Oggi cominciava il processo a Milano, ma è durato una manciata di minuti. Naturalmente l'imputato era assente, come ampiamente prevedibile. Ieri c'era stato il voto della Camera che rimandava tutto alla Corte Costituzionale assumendo come presupposto di verità il fatto che Berlusconi credesse davvero che Ruby fosse nipote di Mubarak (sic), ponendo di fatto le basi per un decisivo rallentamento dell'iter processuale in vista della prescrizione a favore dell'imputato Berlusconi Silvio.
Sempre ieri, sul Corriere, viene pubblicato il testo di una intercettazione telefonica, anzi tre per la precisione, che non potevano essere rese pubbliche, poichè uno degli intercettati era proprio il Berlusconi Silvio di cui sopra. Ma la fuga di notizie c'è e i giornali pubblicano. Si scatena l'inferno della stampa berlusconiana che accusa apertamente i magistrati di averlo fatto deliberatamente per gettare discredito sull'imputato, in barba alla legge che non lo consente senza autorizzazione della Camera. Apriti cielo! La PM Bocassini viene additata come la responsabile dello scandalo e il Giornale chiede in prima pagina a caratteri cubitali che la PM vada sotto processo. Berlusconi viene dipinto ancora una volta come vittima e perseguitato dai magistrati comunisti. Anzi brigatisti.

Ma le bugie hanno le gambe corte.... come quelle del nanerottolo a capo del governo. Già, perchè il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, precisando che la trascrizione delle tre telefonate del premier poi finite sui giornali era "un atto dovuto a garanzia del diritto di difesa perché erano state utilizzate per chiedere le proroghe" di indagine (strumento processuale utilizzato dalla difesa per prendere ulteriore tempo), ha aggiunto che le trascrizioni delle tre telefonate incriminate erano in possesso soltanto degli avvocati del premier. Dichiarazione pubblica del Procuratore della Repubblica, degna di fede fino a prova contraria! E allora se due più due fa quattro....
Dunque, se sono arrivate ai giornali e se, come dice il Procuratore capo, le avevano soltanto gli avvocati della difesa di Berlusconi chi le ha messe in giro e rese pubbliche? Qual è la fonte vera della fuga di notizie?
Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi....