lunedì 29 novembre 2010

Film visti. The killer inside me

THE KILLER INSIDE ME
Regia di Michael Winterbottom, con Casey Affleck, Kate Hudson, Jessica Alba.

Voto: 2,5 su 5

Una carogna, una vera carogna. Ecco chi è il vice sceriffo Ford. Una mezza calzetta di vice sceriffo in una cittadina qualsiasi nel profondo sud degli Stati Uniti degli anni 50. Una cittadina storicamente insignificante, salvo poi crescere economicamente con il boom industriale del dopoguerra. Casey Affleck (il protagonista) interpreta il ruolo principale con un piglio sardonico che da solo basta a rendere visceralmente antipatico il personaggio. Una mezza calzetta con le mani in pasta dappertutto, che dispensa favori più per cogliere la benevolenza dei concittadini che per sua bontà d'animo, che non esita ad approfittare di una giovane e bella prostituta (una splendida Jessica Alba) e contemporaneamente mantenere la sua relazione  con la fidanzata ufficiale (una sciapa Kate Hudson). Relazioni coltivate con una quantità non propriamente modica di deviazione sadomaso, realizzata a suon di pugni e sculaccioni. Sotto la scorza del bravo ragazzo e del tutore della legge si nasconde in realtà uno spietato assassino, disposto a tutto pur di soddisfare la sua indole sadica. Perchè tutto quello che succede nel film non avviene secondo cliché sulla spinta della sete di denaro o sete di successo o altri forti stimoli, ma solo per dare sfogo alla proria indole omicida (da cui il titolo). Ecco che allora, oltre ad una girandola di sesso estremo, emerge imperiosa e inarrestabile una sete di vendetta (inconsciamente?) covata e pianificata da tempo. Una ciliegia tira l'altra...

Un noir di genere? Un pulp alla Tarantino? Nè l'uno nè l'altro. The killer inside me non ha lo stile nè l'eleganza di un classico noir, non ha la simpatica truculenza sanguinolenta di un pulp. E' solo un film violento. Nasce e rimane una storia di violenza piuttosto gratuita in quanto non spiegata, se non superficialmente, da motivazioni psicologiche appena abbozzate qua e là nel film. E il vice sceriffo Ford rimane agli occhi dello spettaore solo una mezza calzetta di provincia senza fascino e fondamentalmente sgradevole nonostante il faccino da bravo ragazzo. Niente a che fare con quei criminali d'antan, dalla mascella di pietra e lo sguardo di ghiaccio che riuscivano a far innamorare il pubblico con un solo sguardo... Prendete uno come Robert Mitchum e mettetelo a confronto con Casey Affleck e il gioco è fatto.
Michael Winterbottom è un regista britannico con un passato di cinema civile e sociale anche a tinte molto forti e drammatiche (9 songs....), che alla sua prima uscita americana sforna questo film ambiguo e non del tutto convincente la cui visione lascia alla fine un vago sapore di opera incompiuta....
Bella, però, la colonna sonora.

lunedì 22 novembre 2010

Il rugby "pane e frittata" esiste ancora?

Gira una storiellina sul rugby e i rugbysti. Lo spunto è quello solito: mettere a confronto il mondo del rugby semplice e ruspante con quello del calcio superprofessionistico e modaiolo. Ma in fondo il confronto può valere anche in senso allargato. Va doverosamente premesso che nessuno vuole demonizzare lo sport del calcio, bensì il mondo che gli sta intorno, che con lo sport vero non ha nulla a che fare.

C'è da dire che il rugby di oggi di alto-altissimo livello è sempre più lanciato verso l'olimpo calcistico (olimpo?). I soldi che girano nel rugby sono solo un'infima parte di quelli del calcio e inoltre tutto il movimento di base resta semiprofessionsitico o del tutto dilettantistico. Insomma soldi pochi e pane&frittata tantissimo.... La storiellina fa leva proprio sulla genuinità del pane&frittata e sui valori altrettanto genuini del rugby come sport che avvicina e non divide.
Buona lettura:


Un rugbysta ed un calciatore si trovavano al bar, discutendo dei rispettivi sport....

Il rugbysta ovviamente faceva notare che il suo stipendio era basso, che non aveva Veline o modelle che gli facessero la corte,
che doveva sudare per stare attaccato al proprio compagno, perdendo a volte anche per colpa sua......
ma di tutto ciò non si lamentava....
Il calciatore, dopo un po', chiese al rugbysta "ma allora perchè fai tutto questo,
prendi un sacco di botte, ti fai male spessissimo, i tuoi avversari non vedono l'ora di tirarti giù,
non hai un grosso conto in banca, una bella ragazza al tuo fianco te la devi cercare,
per colpa dei tuoi compagni perdi tu, che magari sei senza colpe.....ma allora sei proprio uno scemo...."
A tali parole, il rugbysta prese per il bavero il calciatore sollevandolo di un metro dal pavimento e lo scaraventò a terra.....
Adesso ti spiego: primo motivo: un intervento come questo è più che regolare....."
poi, porgendogli la mano "il secondo è questo: non disprezzo gli avversari...."
infine, porgendogli una birra"questo è il terzo: il rugby è la guerra con l'armistizio più bello che c'è".


sabato 20 novembre 2010

Margherita e il tabaccaio. Un bacio tira l'altro

Ieri giornata interessante. Di baci di vario tipo. Mo' vi spiego.

In pausa pranzo sono andato in uno dei soliti bar dove consumo un pasto veloce, visti i tempi ristretti. Un locale con un sacco di gente e due cameriere che girano come trottole tra i tavoli affollati di gente, spesso nervosa e comunque di fretta. Mi fanno un po' pena sballottate come sono tra un insalata e un panino allo speck. Una di loro si chiama Margherita, la più simpatica delle due. Magrissima, carina, uno scricciolo che ispira tenerezza. Ma anche efficiente, rapida e attenta al cliente. In fin dei conti, col mestiere che faccio (sono un "commerciale"), dovrei avere l'occhio allenato. Non occorre neppure ordinare, sa bene a memoria cosa prendono i clienti abituali e va via spedita. Tuttavia il precedente gestore, noto cafone maleducato e inviso a tutti, trattava Margherita e la sua collega in maniera indegna. Modi bruschi e autoritari, del tutto inutili vista la lena con cui le due ragazze sgambettano senza sosta. Se non ricordo male qualche volta il padrone si è preso le lagnanze di qualche avventore per come venivano trattate le ragazze. Acqua passata, la nuova gestione è tutt'altra cosa. Gente educata e con il sorriso sulle labbra. Con tutti.
Succede che oggi Margherita accompagna un cliente al tavolo davanti al mio, lo fa accomodare, poi gli si avvicina e gli da un bacetto sulla guancia. Ohibò. Osservo divertito la scena e quando mi passa accanto dico a Margherita con una strizzatina d'occhio: Beh, cosa sono questi trattamenti speciali? A lui un bacio e a me solo l'acqua minerale?. Ma no, -risponde Margherita- lui è un mio amico da tanti anni. Un cliente speciale.
Ah, ho capito, -dico io-  favoritismi. Ecco la verità.  Margherita sorride divertita dimostrando di stare al gioco. E poi aggiunge: Però per un cliente come lei, posso anche fare uno strappo alla regola! Si avvicina e da un bacetto sulla guancia anche a me. Accidenti, non me l'aspettavo. Sono diventato rosso come un peperone in un nanosecondo. Per fortuna che la barba ha coperto la reazione imbarazzata. Grande Margherita, hai acquistato un sacco di punti nella scala di gradimento. Oltre che simpatica ed efficiente, anche spiritosa... e in grado di far arrossire un orso come me. Tralascio i risolini divertiti di quelle jene dei miei colleghi... Peccato che Margherita abbia più o meno l'età di mia figlia. Se avessi 30 anni di meno penso che le farei la corte.
Pomeriggio. Finisco di lavorare e faccio un giretto per il centro, visto che il mio ufficio è proprio in zona centralissima; per chi non conosce Padova, a due passi dall'isola pedonale, dal Caffè Pedrocchi, il palazzo del Bo e le Piazze. Una "vasca", come si usa dire. Di venerdi dopo una settimana di lavoro, è particolarmente gradita e rilassante. Guardo un po' di vetrine, adocchio un paio di orologi che mi piacerebbe avere (sono un patito di orologi). Insomma bighellono in pieno relax. Passo in tabaccheria, in vero non la mia solita, ma una qualsiasi che trovo girovagando a caso. Faccio la solita scorta settimanale di sigari, compro un paio di gratta&vinci (non si mai, la fortuna bisogna stimolarla...). Totale 40 euro. Pago con un biglietto da 50 e il tabaccaio mi consegna il resto e il sacchettino con i toscani. Metto tutto in tasca ed esco. Poi mi fermo in un bar delle Piazze per uno spritz. Faccio per pagare e mi trovo in tasca due biglietti da 10 euro. Strano. Faccio un po' di mente locale e ricostruisco che il tabaccaio mi ha dato 10 euro in più di resto. Due biglietti da dieci invece che uno soltanto. Lì per lì me ne compiaccio, una specie di piccolo regalo inaspettato. Ma poi penso che non sarebbe giusto tenerseli. Mi tornano in mente gli anni di quando lavoravo in cassa e a fine giornata anche la differenza di cinque o diecimila lire nella contabilità (era ancora l'epoca delle vecchie lire) dovevano essere ripianate e questo mi dava un fastidio terribile. Il più delle volte degli errori nei resti non ci si accorge e non c'è malafede, salvo quando non si tratta di pagamenti più importanti per i quali il cliente non sia arrivato con i conti già fatti e il denaro già contato. Significa che sa quanto deve pagare e che resto gli spetta. Ma in tutti gli altri casi di pagamenti più banali e frettolosi, non c'è mai o quasi malafede. Epperò chi ci rimette i soldi, alla fine, è il cassiere. In questo caso, il tabaccaio. No, non sarebbe giusto, dal momento che me ne sono accorto. Faccio dietrofront e ritorno in tabaccheria. Entro e dico al titolare che si deve essere sbagliato nel darmi il resto. Questi fa una faccia sorpresa e infastidita. Evidentemente pensa d'istinto che sia io a reclamare qualcosa. Invece gli spiego che l'errore è a suo danno e gli restituisco i 10 euro.
Mi guarda ancora più sorpreso e fondamentalmente incredulo. Mi dice: E' raro trovare persone oneste come lei. Vorrei quasi spiegargli che anni addietro lavoravo in cassa ed ho una certa esperienza in materia. Ma lascio stare.
Mi limito semplicemente a dire che era mio dovere. E allora per riconoscenza il tabaccaio, con un inquietante paio di baffi dall'aspetto infido, mi da un bacio. Ohibò. Stavolta ad essere sorpreso sono io. Ma allora è questa è proprio la giornata dei baci.
Per fortuna che questo era un bacio perugina. Meglio Margherita...!!

lunedì 15 novembre 2010

Violenza gratuita. Ma c'è un perchè.

Violenza sempre. Gratuita e immotivata. La legge del più forte come regola di vita, come strumento per imporsi con tutti e su tutti. Agli angoli delle strade, con sfacciataggine e anche sotto gli occhi delle forze dell'ordine. Cosa che forse è l'aspetto più grave e inquietante della vicenda. Perchè ci si aspetta che Polizia e Carabinieri siano un punto di riferimento al di sopra delle parti.

Ma la vicenda accaduta a Roma di cui oggi si legge sui giornali dimostra che non è sempre così.

Roma, tarda serata, auto in sosta vietata che sta per essere rimossa dal carro attrezzi. Il propritario si oppone e si offre di spostarla immediatamente per non pagare i costi della rimozione. Per forzare la situazione fa salire in auto la moglie e il figlioletto per impedire che sia portata via. Invoca il sequestro di persona. Fin qui niente di eccezionale, purtroppo scene del genere si vedono molto spesso sulle strade delle nostre città. Sul posto ci sono i Carabinieri a controllare la situazione e vigilare sulla rimozione dell'auto. Una garanzia per tutti? Una sicurezza per entrambi i contendenti (con moglie e figlioletto)? Macchè. Niente di tutto questo. Anzi... l'uomo del carro attrezzi è talmente intimorito e messo in riga dalla presenza dei Carabinieri che si sente autorizzato a colpire con un terrbile pugno diretto al viso il proprietario dell'auto (fratture multiple e 35 giorni di prognosi). I Carabinieri a questo punto intervengono con decisione e bloccano l'aggressore? Niente affatto: si indirizzano al figlio dell'aggredito e gli intimano di esibire i documenti e di cessare di riprendere la scena con il telefonino. Che cosa succede per giustificare questo capovolgimento di ruoli e di azioni in cui si vede la vittima a terra curato da un soccorritore dell'ambulanza e un carabiniere fermare il figlio della vittima col telefonino, mentre l'aggressore continua indisturbato a fare ciò che stava facendo, ossia rimuovere l'auto in divieto di sosta col carro attrezzi invece di essere portato in caserma con l'accusa di lesioni e aggressioni? Il mondo è capovolto? Va al contrario? Qualcuno è forse impazzito?

No. La spiegazione è semplice: l'auto da rimuovere è di uno straniero, un rumeno. L'uomo del carro attrezzi -italiano- evidentemente per questo motivo si sente autorizzato ad alzare le mani e spaccargli la faccia (in presenza di moglie e figli), il carabiniere a sua volta con la scusa di esibire i documenti entro tre secondi pena l'arresto immediato si sente autorizzato a bloccare il figlio del rumeno impedendogli di fare le riprese video.
E' rumeno, adesso si capisce tutto. Persona "speciale", di serie B. Tutto si spiega.
Bastava dirlo subito, perdio.

L'articolo: http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/11/14/news/romeno-9110738/
Il video: http://tv.repubblica.it/cronaca/l-aggressione-al-cittadino-romeno/56567?video=&pagefrom=1

venerdì 12 novembre 2010

La scomparsa di Patò

Vigàta, 21 marzo 1890: il ragioniere Antonio Patò, direttore della locale sede della "Banca di Trinacria", funzionario irreprensibile, marito integerrimo e padre amoroso, scomparve nel nulla durante la sacra rappresentazione del Mortorio il giorno di Venerdì Santo, nella quale egli stesso medesimo interpretava il ruolo di Giuda. Che fine fece, meschino? Morì? Si nascose? E soprattutto, perché scomparve? Il mistero è fitto a Vigata e la gente in paese non parla d'altro.

Formidabile. Geniale. Diavolo di un Camilleri, questo suo libro-racconto scritto in forma di dossier, a metà tra la commedia di costume e il giallo è qualcosa di memorabile. Invece che la solita classica narrazione Camilleri sceglie di proporre ai suoi lettori una sorta di raccolta di articoli di stampa, di rapporti di polizia, di resoconti di cronaca ed epistolari attraverso cui i personaggi prendono vita come se si trattasse di un racconto in forma classica. Una sorta di mosaico le cui tessere vanno a comporre un po' alla volta il disegno complessivo della vicenda. Con grande sollucchero finale da parte del lettore... Il tutto con il linguaggio ampolloso e ridondante dell'epoca tardo ottocentesca, in siculo-italiano macheronico e con un senso dell'humour stentatamente tenuto a freno dal taglio di cronaca quotidiana e di burocratese, ma che in realtà colpisce profondamente nel segno riuscendo spesso a far sbellicare dalle risate il lettore. Certi rapporti di polizia sono da antologia nella loro pedanteria apparentemente inutile e stupida. La coppia di inquirenti costituita dal maresciallo dei Regi Carabinieri e dal delegato di Pubblica Sicurezza assomigliano a Gianni e Pinotto per la loro goffaggine e inadeguatezza. Ma attenzione a non farsi ingannare dalle apparenze, perchè come dice il proverbio "scarpe grosse e cervello fino...".

La scomparsa di Patò è purtuttavia di una modernità assoluta. Sebbene la vicenda si svolga come detto alla fine dell'ottocento, i caratteri dell'attualità ci sono tutti: politici ammanicati con il potere finanziario e mafioso, funzionari statali preoccupati di compiacere i politici piuttosto che fare fino in fondo il proprio dovere, media borghesia agiata e popolino ignorante cibato a forza di storie popolari e dicerie di paese, religione e fanatismo da sagrestia che vanno a braccetto con disinvoltura. Ma su tutto regna l'ironia e il sarcasmo di Camilleri nel descrivere questa sua personalissima Sicilia tra le immaginarie Vigata e Montelusa che poi si ritrova tal quale ai giorni d'oggi nei romanzi del Commissario Montalbano. Un piccolo esempio: durante la rappresentazione del Mortorio, ossia la Passione di Cristo, la gente del paese si appassiona così tanto che finisce con l'intervenire direttamente sostenendo o contestando taluni personaggi. E' il caso di Giuda il traditore per antonomasia. Ad un certo punto qualcuno gli tira un coltello che lo manca di poco e si conficca sulle tavole del palcoscenico. Il rapporto di polizia chiarisce le circostanze stabilendo senza ombra di dubbio alcuno che non trattasi di attentato vero e proprio ma di un gesto simbolico di un pio e fedele spettatore che intendeva punire per le vie brevi il tradimento di Giuda che vende Gesù per i famosi trenta denari. Nulla di cui preoccuparsi.  Parola di Andrea Camilleri.

P.S.: all'erta! Del libro è stato tratto un film di prossima uscita con Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè. Personalmente non me lo perderò.

mercoledì 10 novembre 2010

Film visti. Last night

LAST NIGHT


Regia di Massy Tadjedin
con Keira Knightley, Eva Mendes, Sam Worthington, Guillaume Canet.

Voto: 2 su 5

Dare un due come voto a questo film è forse fin troppo generoso, perchè per tutta la sua visione l'ho trovato semplicemente irritante. A cominciare dalla confezione patinata, che trasuda ricchezza e successo alquanto stridenti in periodi di crisi planetaria come quelli attuali. E' l'America-bene bianca e debordante di dollari quella che troviamo in questo film della sconosciuta regista di origini iraniane Massy Tadjedin presentato la settimana scorsa al Festival del cinema di Roma. Un'America della middle class che non sembra avere altri problemi esistenziali se non quella di riempirsi il bicchiere ogni cinque minuti e pensare a come passare la notte. E soprattutto con chi.
Tutta la vicenda si svolge nell'arco di circa 24 ore e vede l'intrecciarsi delle vite di una coppia sposata con due "esterni" che in qualche modo entrano in rotta di collisione con loro. Un giro a quattro con Lui (Sam Worthington, belloccio quanto spento) che lavora seriosamente nel campo immobiliare, mentre Lei (Keira Knightley, brava e caruccia) scribacchia di moda come freelance, ma la sua attività ci appare più come un hobby che un vero mestiere. Niente figli, ma molte frequentazioni sociali "giuste". Su tutto e su tutti regna sovrana una noia palpabile. Succede che lui incappa in una collega di una bellezza vistosa (Eva Mendes, uno schianto di muchacha ispanica) che attira la gelosia immotivata della moglie. Ma guai a svegliare il can che dorme.
Accade tutto dopo una scenata di lei per la troppa disinvoltura con cui lui sembra rapportarsi con l'appariscente collega di lavoro. Una gelosia piuttosto gratuita oppure fin troppo previdente, dipende dai punti di vista dello spettatore. Il caso vuole che Lui e la collega debbano assentarsi per lavoro lasciando sola Lei. Ma ecco che improvvisamente salta fuori una vecchia fiamma di Lei che risveglia vecchie passioni mai sopite....  Da qui in poi il film si sdoppia narrando in contemporanea le due vicende (Lui con la collega in trasferta e Lei con il suo ex in città). Un intreccio di sguardi, di passioni e di dialoghi del genere "intelligente e brillante che fa tanto figo", con una sequenza interminabile di approcci più o meno diretti e dichiarati in un tentennamento estenuante e per nulla appassionante. E anche con risvolti francamente ridicoli oltre che improbabili. Mi riferisco per esempio ad un galeotto bagno in piscina di Lui con la collega belloccia, col favore delle ombre fedifraghe della notte. Ma pudicamente vestiti... per non eccedere reciprocamente nelle tentazioni della carne. Comico e sguaiatamente puritano. Perchè è questo il limite maggiore del film: dopo aver portato lo spettatore nel pieno dell'intreccio di potenziali infedeltà e torbidi tradimenti, tutta la matassa si srotola in maniera piatta e priva di interesse. Come leggere un libro noioso che, pagina dopo pagina, non decolla mai. Il film è infarcito di una quantità di situazioni molto cerebrali giocate sul filo del dialogo da sofisticated comedy, ma senza averne il brio e l'interesse, rivelando in realtà di avere poco o nulla dire oltre a manifestare un'esistenza annoiata e agiata tale da togliere stimoli e spinte emozionali che non siano una bottiglia da scolare dopo l'altra. E questa è una caratteristica insopportabile del film, ma anche di un certo cinema patinato americano. Da quando negli Usa il fumo è stato criminalizzato e bandito da tutti i luoghi pubblici in virtù delle crociate salutiste tipicamente americane, l'esercito di sceneggiatori cinematografici si è trovato col problema di cosa far fare in scena agli interpreti tra una dialogo e l'altro. Finchè si tratta di un film d'azione o comunque di una trama movimentata, il problema non si pone, ma se si tratta di altro genere più "dialogato" e statico i protagonisti tengono sistematicamente un bicchiere in mano che riempiono e svuotano in continuazione. Un bere continuo e con grande varietà di gusti: vino bianco, rosso, alcoolici di tutti i tipi, caffè e risciacquature varie. Qualunque cosa pur di avere un bicchiere in mano. Stomachevole e diseducativo. Ma agli occhi dei perbenisti stelle e strisce è evidentemente molto più disdicevole fumare che svuotare a raffica bottiglie di alcoolici...
Dalla padella nella brace. SPQA (Sono Pazzi Questi Americani).
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giovedì 4 novembre 2010

Libri. La bolla solipsistica

Grande Ammaniti. Grazie Ammaniti. Il nuovo romanzo torna alle vette alle quali Niccolò ci aveva abituati con i suoi precedenti lavori, ad eccezione del deludente e francamente eccessivo e grottesco Che la festa cominci, pubblicato l'anno scorso. Parlo di Ti prendo e ti porto via, di Come Dio comanda. Veri capolavori. Che sollievo ritrovare intatta quella sua capacità di descrivere situazioni e personaggi con eleganza e una immediatezza quasi fotografica. Il fluire sciolto e magnetico del suo narrare. Una volta iniziato a leggere Io e te è difficile fermarsi. La costruzione del libro di Ammaniti è scarna e ridotta all'essenziale. Pochi i personaggi, poche le vicende che si susseguono dall'inizio alla fine. Ma splendidamente descritti. Cosa chiedere di più?

L'unico neo, del tutto marginale, è il layout del libro. Sulla disadorna copertina, uno scarabocchio (scarno come il romanzo...?), pomposamente spacciato per disegno (dello stesso Ammaniti). Ho visto di meglio. Mai come in questo caso, però, la sostanza sopravvanza la forma.

Faccio un passo indietro e torno al titolo del post. Che vuol dire "bolla solipsistica"? Boh, francamente me lo sono inventato, ma a dire il vero un significato ce l'ha. Mi è venuto in mente dopo aver letto il libro quasi tutto d'un fiato (è un romanzetto tanto breve quanto bello, circa 100 pagine) perchè tra le altre, mi hanno colpito due cose. Nel risvolto di copertina si parla di sogno solipsistico di felicità del giovanissimo protagonista. Il termine e il concetto mi hanno inizialmente "incagliato" non poco, non capendo che volesse dire. Una breve ricerca e il mistero è svelato: solipsismo, dal latino solus (solo) e ipse (stesso), ossia "solo se stesso". Infatti Lorenzo, il ragazzino, va alla ricerca di una propria dimensione e di una identità tutta sua isolandosi e chiudendosi in cantina, facendo credere a tutti (riuscendoci) di essere andato in settimana bianca a Cortina, ospite di compagni di scuola. E la bolla che c'azzecca? Lì in quella cantina, un piccolo mondo chiuso ma confortevole all'interno del quale Lorenzo decide di installarsi in segreto ma in maniera accogliente, succederanno delle cose e verrà in contatto con una persona che lo segneranno indelebilmente per sempre. Il riferimento in sè alla bolla lo si trova in un passaggio del libro appena accennato marginalmente e in modo quasi insignificante, allorquando ci si imbatte in una descrizione brevissima sullo stato d'animo di Lorenzo che si trova imbottigliato in auto con sua mamma nel traffico di Roma. Un paio di righe, non di più. Ma illuminanti. Beh, qui siamo di fronte ad una di quelle situazioni che assomigliano molto a una rivelazione. Come quando si gira intorno ad una idea o ad un concetto che sono più o meno abbozzati, ma che poi si appalesano e si svelano completamente in un attimo. Spesso per merito di fattori esterni. Una lettura, un discorso, una chiacchiera. Che bella l'immagine della bolla, accogliente e confortevole, che ci circonda e ci protegge. Fragile, incosistente, fatta di nulla se non di sensazioni. Ma comunque protettiva. Quante possono essere le bolle che ci fanno sentire bene con noi stessi e spesso non dipendenti da nessuno? Ognuna ha la sua, di bolla. Ognuno se la può inventare o costruire. Per esempio una delle mie bolle preferite ha una dimensione e un collocamento ben preciso: di sera nella mia camera, un buon libro che attende solo di essere letto, la penombra della stanza rotta solo dalla abat-jour sul comodino e la radio che diffonde musica jazz di sottofondo, discreta e calda. Il piacere di poter fare tardi senza di preoccupazioni di risvegli odiosi per andare al lavoro. Ecco cos'è una bolla, una delle mie bolle. Geometricamente, una sfera. Ovvero una delle figure geometriche perfette. Tridimensionale, perfetta nella forma, perfetta nell'equilibrio che la governa, perfetta da qualunque punto la si osservi. Mi ricordo ancora la formula del volume, memorizzata in forma quasi di cantilena, come si usava a scuola (ai miei tempi). Sono passati circa trentacinque anni, ma mi sembra praticamente l'altro giorno....quattroterzipigrecoerretrè. Olè.
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martedì 2 novembre 2010

La spettinatura



Non condivido la tua idea, ma darei la vita perchè tu possa esprimerla.

Francois-Marie Arouet (Voltaire)

Se fosse ancora vivo e putacaso si trovasse qui in Italia al giorno d'oggi, Voltaire non si farebbe nemmeno spettinare per difendere certi miserevoli personaggi che governano il nostro paese.
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lunedì 1 novembre 2010

Film visti. Angelina, bella e terribile

SALT


Regia di Phillip Noyce, con Angelina Jolie, Liev Schreiber, Chiwetel Ejiofor.
[Voto: 2.5 su 5]

Giornataccia di pioggia, una noiosa domenica pomeriggio senza grossi avvenimenti sportivi da seguire, nè dal vivo, nè in tv. Cosa c'è di meglio di un pomeriggio al cinema? Peccato che la stessa idea l'abbiano avuta migliaia di persone, tutte insieme contemporaneamente, col risultato di un casino incredibile al solito cinema e mangiatori di pop corn inarrestabili nelle poltroncine di fianco e intorno alla mia. Vabbè, cerchiamo un lato positivo: almeno chi rumina pop corn non parla e non disturba con chiacchiere inopportune e fastidiose.
Prima di tutto dico che ho scelto Salt non perchè fossi particolarmente interessato al film sollecitato da qualche nota di pregio letta sulle recensioni. Bensì solo perchè tra gli interpreti c'è Angelina Jolie, una delle donne più belle e affascinanti che sia dato di vedere in circolazione attualmente. E anche discreta come attrice. Dopo questo outing doveroso sulla mitica Angelina, c'è da dire che la regia è di Phillip Noyce, un solido ed affidabile mestierante dietro la macchina da presa, specializzato in film polizieschi di buona fattura (Collezionista di ossa, Giochi di potere...). Dunque le premesse per un film appassionante, ben girato e da ammirare esteticamente (...Angelina) ci sono tutte e tutte sono rispettate. Quindi il film è raccomandabile per gli amanti del genere. Inoltre si torna a parlare (e vedere) di lotte spionistiche tra Est e Ovest, Americani e Russi, insomma un po' di sano revival di Guerra fredda, dopo un sacco di terroristi islamici sempre più o meno incazzati neri. Ed anche la giusta dose di inverosimiglianza della trama rientra nelle regole del gioco. L'agente Cia Eve Salt (proprio lei, Angelina) sembra una copia al femminile dell'Uomo ragno per come salta da un tir all'altro senza sfracellarsi minimamente. Ha una determminazione e spietatezza sovrumane nel compiere la sua missione, in puro stile KGB. La trama riserva una serie di colpi di scena che fanno sì che lo spettatore non allenti mai l'attenzione, anche se un occhio "allenato" riesce a prevederli e anticiparli in buona parte. Ma questo è un altro discorso.
Insomma un buon film, che appassiona e piace. Alla fine si esce soddisfatti e ...ancor più innamorati di Angelina, dopo averla sentita languidamente mormorare più volte "voglio unirmi a te, voglio stare con te", come se la richiesta/offerta, invece che ad un killer bieco e spietato e con lo scopo di ammazzare qualche milione di persone, fosse rivolta con ben altri fini proprio a noi spettatori maschietti, tutti allineati in platea con la bocca spalancata e gli occhi sognanti.
Vabbè, mi fermo qui. Non occorre aggiungere altro, se non che oggi piove ancora a dirotto, è festa e quindi anche oggi pomeriggio si va al cinema...! Sacrifici piacevoli che si fanno sempre volentieri.