domenica 29 novembre 2009

Film visti. L'uomo che fissa le capre

L'uomo che fissa le capre
regia di Grant Heslov, con Ewan McGregor, George Clooney, Kevin Spacey, Jeff Bridges, Robert Patrick.

[Voto (da 1 a 5): 1 al film - 4 agli attori, compresa la capra]

Un voto anomalo, duplice e differenziato al film e agli interpreti, perchè non c'è omogeneità fra le due componenti. Tanto il film è insulso, inconcludente, sciocco, bizzarro, irridente, ammiccantemente insopportabile..., tanto sono perfetti e bravi gli attori (cast pirotecnico!) chiamati a interpretare i diversi ruoli di svalvolati protagonisti del film. Non esclusa la capra presente anche nella locandina del film che, con una grande interpretazione da Oscar e relativo "red carpet", si esibisce in una morte per "stecchimento psichico"che lascia letteralmente basiti per l'asciutta drammaticità e realismo esibiti.
Ma perchè dico che il film è (simpaticamente) insulso? Perchè ad un certo punto della proiezione viene da chiedersi "ma cosa ci faccio qui", ma senza sognarsi neppure di alzarsi ed uscire dalla sala? Colpa della storia e dei personaggi svitati e (simpaticamente) svalvolati. Faccio un esempio: volete collaudare i vostri poteri paranormali? Facile. Fissate intensamente una nuvola in cielo. Una qualsiasi. Concentratevi fortemente sul volerle far cambiare aspetto, forma e volume fino a smembrarla e disperderla nell'aria. Fatto? La nuvola ha cambiato forma e da una grossa patata si è trasformata in un ippopotamo? Ok, perfetto. Siete dotati di poteri paranormali. Con un po' di buona volontà e di esercizio riuscirete anche a disperderla in tante nuvolette più piccole, galleggianti nell'aere come batuffoli di cotone. Potere-fascino-seduzione delle vostre capacità paranormali....
No, non mi sono fumato niente. E' il film che è fumato. Un abnorme e grottesco paradosso condito da una spruzzata di LSD d'annata, scampolo residuato dell'età dei "figli dei fiori", con un grande magnifico Jeff Bridges che domina la scena in mimetica da tenente colonnello dell'US Army e capelli raccolti in treccia . Non occorre aggiungere altro. Questo è il film. Questo è "l'uomo che fissa le capre". D'altronde, con un titolo così....
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martedì 24 novembre 2009

Film visti. La prima linea

La prima linearegia di Renato De Maria; con Giovanna Mezzogiorno, Riccardo Scamarcio.
[voto: 2,5 su 5]

E finalmente questo film è uscito nelle sale cinematografiche. E finalmente le valutazioni, le analisi, i giudizi si fanno sul film e non sul nulla, supposto o immaginato. Mi riferisco ovviamente alle polemiche sul film che hanno preceduto l'uscita, fondate sull'argomento scottante del terrorismo degli "anni di piombo" italiani, della reazione dei parenti delle vittime, del finanziamento produttivo col contributo dello stato. Ma in Italia ci vuole molto poco per innescare polemiche feroci, figuriamoci se poteva fare eccezione questo film.
Dico subito che il film mi è piaciuto con moderazione (il voto infatti lo premia a metà). Perchè si limita a mostrare lo svolgersi dei fatti, mentre avrebbe potuto e dovuto entrare più a fondo sui personaggi. Che invece si ha la sensazione rimangano lì sullo sfondo, testimoni ma non protagonisti della storia. Non c'è pathos affettivo nel seguire Segio e la Ronconi. Volutamente, credo, perchè sarebbe stato facile da parte dei polemisti accusare il film di voler far amare i terroristi dal pubblico e farne degli eroi. Ma nella sostanza è un film discreto, vedibile seppur non godibile appieno, in cui aleggia sovrana un'atmosfera triste e grigia. Un grigiore che si manifesta anche nel taglio fotografico dato al film, dove i colori forti sono quasi assenti anche nelle scene girate in esterni o sul delta del Po in piena natura, e l'atmosfera in cui si dipana la vicenda è altrettanto fredda, vissuta con diffidenza a mezza voce, senza entusiasmo.
A mio avviso il film fa piazza pulita delle polemiche che paventavano un'apologia del terrorismo e della lotta armata. Sembra quasi che i personaggi non abbiano emozioni, ma siano figli degli dei dell'epoca: la ragione e la dialettica. Segio e la Ronconi sono presentati come due giovani ventenni che si lasciano trasportare da un idealismo esasperato e si distaccano dalla realtà perseguendo sogni salvifici della classe operaia in nome e per conto di un popolo di lavoratori che invece ben presto prende le distanze dal braccio armato del movimento politico dell'epoca. Il film ha il pregio di evidenziare proprio l'isolamento dei terroristi e la mancanza di reali radici della loro azione nel momento in cui viene meno il supporto delle masse dei lavoratori. Un'aberrazione slegata da quelle stesse masse che dicevano di rappresentare destinata dunque a fallire e che si manifesta dal vuoto che si crea intorno al gruppo di fuoco (voluto e/o subito) che incomincia la sua attività dapprima con azioni dimostrative e finisce per uccidere in maniera assurda e senza che sia possibile decifrare un disegno condivisibile e accettabile anche all'interno della sinistra più estrema. Insomma degli idealisti che dal fanatismo di strada dei megafoni e delle molotov passano alle P38 e al bagno di sangue. Quasi senza accorgersene, come se fosse logico e naturale. Un vortice inarrestabile.
Non c'è assoluzione, non c'è indulgenza alcuna nel film. Non c'è ombra di apologia o di giustificazioni. C'è solo una storia raccontata dal protagonista Segio in prima persona su due piani narrativi: il racconto attraverso flash back dei trascorsi del gruppo di Prima linea e l'ultima azione operativa del gruppo ormai allo sbando che consisteva nell'evasione della Ronconi dal carcere di Rovigo. Il protagonista narrante Sergio Segio dichiara da subito in un primo piano freddo e inespressivo che quella è la storia di chi aveva perso la testa "scambiando l'alba col tramonto", "la notte col giorno". E mette così le carte in tavola.
Una critica in particolare, tra le tante, era stata mossa preventivamente al film e agli autori: la scelta di due attori belli e famosi piuttosto che di due volti nuovi e sconosciuti. Per non creare il personaggio-divo nell'immaginario di chi, specie tra i giovani, si lascia troppo facilmente coinvolgere dalle facce note del cinema. Ma quali giovani? Non c'era ombra di pubblico giovane al cinema, di domenica, quando l'ho visto. Un centinaio di spettatori, mezza sala piena, quasi tutti con i capelli grigi. Età media 40-50 anni o più. Altro che giovani sgallettate attratte da Scamarcio!
Annotazione finale. Che strana sensazione sentire pronunciare la parola "compagno". Non si usa più, nemmeno a sinistra. Non è più di moda, è stata bandita dal vocabolario politico. E' bastato uscire dalla sala e fermarsi un attimo davanti al cinema per ritrovarsi subito negli anni 2000, quelli del Grande Fratello e delle veline con la solita massa di pubblico cinematografico, vociante, giovanissimo e con la testa piena di gel... Altro che "compagni" e grandi ideali....

domenica 15 novembre 2009

Film visti. 2012

2012
regia di Roland Emmerich; con Amanda Peet, John Cusack, Thandie Newton, Danny Glover, Oliver Platt, Woody Harrelson
[voto: 1,5]
Se vi piace il genere fantastico-fantascientifico-fantasioso-esoterico; se vi piacciono gli effetti speciali; se vi piacciono le storie semplici semplici con lieto fine... allora questo è il film che fa per voi. Peccato però che di fantastico ci sia ben poco e che il tema portante "2012-fine-del-mondo" sia solo appena sfiorato dandolo per scontato, senza entrare nel merito della leggenda se non di striscio e molto marginalmente. Peccato che nella prima ora del film non succeda praticamente nulla e che i mirabolanti effetti speciali siano già tutti esibiti nei trailers di presentazione non lasciando nulla da vedere di nuovo o da scoprire nel film stesso. Peccato che la storiella che vorrebbe mantenere in piedi la trama del film sia così esile da risultare inesistente o trasparente.
Qualche considerazione a margine.
Gli Stati Uniti sono considerati come il quartier generale del mondo. Il cervello e il cuore di tutto. Tutto si decide, si discute e si affronta a Washington. Gli altri stati (sono citati esplicitamente quelli del G8) sono comparse o satelliti passivi che contano come il due di coppe. L'Italia in particolare è addirittura scambiata per il Vaticano con un Primo Ministro dedito alla preghiera in Piazza San Pietro invece di stare sul ponte di comando con i Grandi della Terra a decidere le sorti del Mondo e dell'Umanità. Alla Cina è riservato il ruolo di gigantesca fornitrice di manovalanza operativa, con tanto di deportazione della popolazione, sacrificabile senza troppe discussioni per perseguire il bene universale. Tanto si sa che da quelle parti le discussioni non sono bene accette e tollerate, tanto vale approfittarne. Chi invece discute, si pone interrogtivi e ragiona è il cittadino medio americano. Dal più bislacco frikkettone semi eremita e profeta della fine del mondo, al tontolone scrittore svitato e farfallone, ma con un-cuore-grande-così, che non esita a mettere a repentaglio la propria vita per il bene comune. Insomma un polpettone di luoghi comuni da far spavento, con una morale finale a dir poco deprimente: i pochi eletti destinati a salvarsi dalla fine del mondo sono solo i ricchi, i potenti e qualche comune essere umano (preso a campione o per caso fortuito); su tutto e su tutti domina la tecnologia, vera unica religione dei tempi moderni. E una elefantiaca dose di cinica dis-umanità, per il prevedibile lieto fine. Nulla di più.
Un'ultima cosa. Se c'è una cosa sicura e certa nella sua ineluttabilità che accomuna tutti gli uomini e li rende uguali è la morte. A rendere questa certezza meno decifrabile e quindi più sopportabile è l'incertezza del "quando" arriverà il momento. Perchè mai ci si debba lanciare in previsioni sul momento in cui questo evento finale debba verificarsi è davvero un mistero. In fin dei conti il miglior modo di esorcizzare l'idea della morte è pensare che arriverà domani o dopodomani, non certo oggi....

sabato 14 novembre 2009

Lo sport più bello del mondo!



















Ovviamente, mi riferisco al rugby. Dopo il test match Italia-All Blacks di oggi la mia venerazione per questo sport è cresciuta ulteriormente. L'Italia ha perso 20-6, ma è un fattore assolutamente di secondo piano all'interno delle avvenimento sportivo e culturale che è andato in scena allo stadio Meazza di Milano (San Siro). A cominciare dal numero di spettatori presenti. Oltre 80.000! Un numero straordinario, specie se rapportato al calcio che è il padrone di casa oltre che lo sport numero 1 in Italia. L'ultimo Milan-Real Madrid di Coppa Campioni ha fatto registrare "solo" 74.000 presenze. I numeri parlano da soli. Fantastico.

GRANDI, GRANDISSIMI, ENTUSIASMANTI AZZURRI. BRAVI RAGAZZI!!!! la sconfitta non conta. Quello che chiunque ricorderà per sempre, che sia stato spettatore dal vivo o telespettatore davanti alla tv (ben due le dirette contemporanee su due emittenti diverse: mai successo prima!), non sarà il risultato ma l'agonismo, la forza di volontà, la passione, il coraggio e la voglia di non mollare mai profusi da entrambe le squadre. Ma se per i maestri del rugby mondiale tutto ciò può essere scontato, la prestazione dei giocatori italiani è veramente da annali dello sport.
I tuttineri neozelandesi si ricorderanno a lungo questa dura lezione ricevuta dalla mischia italiana. Mai visto un finale di partita di questa intensità contro la NZ o contro qualsiasi altra squadra. A mia memoria nemmeno ricordo di aver mai visto i neri neozelandesi subire 15 minuti consecutivi nei propri 5 metri, essere penalizzati con un cartellino giallo e rischiare la meta tecnica per i ripetuti falli commessi e sanzionati nel tentativo di arginare la mischia italiana. Grande mischia, grandissima prima linea. Bravi ragazzi! Mi sono commosso...... ho finito la partita in piedi saltando giù dal divano e senza più voce. E secondo me i due telecronisti di Sky sport, Raimondi e Munari, forse hanno avuto ragione se è vero che hanno detto (non sono sicuro, a casa c'era un casino pazzesco in quei minuti finali...) che l'arbitro australiano non dava la meta tecnica contro i neri per tenere lì i neozelandesi a soffrire l'inverosimile..... Un paradosso probabilmente, conoscendo i due telecronisti..., ma che esplicita bene la tensione agonistica e l'eccezionalità della situazione del momento.
Fantastico.
In nessun altro sport a parte il rugby, una partita già segnata nel risultato dove chi è in vantaggio non può più perdere e chi sta perdendo non può più vincere, può terminare in questo modo e con questa inusitata intensità, pur di non gettare la spugna di fronte all'avversario e uscire a testa alta dal campo. Oggi l'Italia ha perso nel punteggio, perchè gli avversari hanno segnato più punti, ma i neozelandesi non possono dire di averci battuto. A perdere la faccia (sportivamente, s'intende) sono stati loro, nonostante la vittoria.

Viva il rugby!

domenica 8 novembre 2009

Film su Prima linea. Nessuno l'ha visto ma tutti lo criticano

Hanno un senso le critiche a un film prima che questo esca nelle sale e quando ancora nessuno lo ha visto? Posso capire che si decida a priori che non valga la pena di vederlo (mica si può vedere tutto al cinema) basando il pre-giudizio sulle qualità del regista, degli sceneggiatori, degli attori, della trama o altre variabili. Ma criticarlo ferocemente basandosi sulle voci o sui "si dice" è veramente una stupidaggine.

E' quello che succede con un film in uscita nelle prossime settimane (il 20 novembre, interpreti: Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno) che è tratto da un libro di Sergio Segio, leader del gruppo terroristico Prima linea che negli anni '70 insanguinò l'Italia in una specie di competizione criminale con le Brigate Rosse. Ventitrè vittime in sette anni è il curriculum aberrante di Prima linea. Una banda di assassini sanguinari che furono definitivamente fermati e messi in condizione di non nuocere solo all'inizio degli anni '80 con la carcerazione dei due capi, Segio e la sua compagna Susanna Ronconi. Una pagina buia della storia italiana degli ultimi anni.
Vale la pena parlarne e farci un film? Certo, perchè no? Gli anni di piombo sono una realtà storica, non vedo motivi per cui ci debbano essere tabù su argomenti innominabili o non affrontabili dalla cinepresa. Invece pare che questa cosa in Italia non si possa fare. In tutto il mondo, Hollywood in testa, si fanno film sulle vicende storiche nazionali, belle o brutte. Guerre, terrorismo, malavita comune e politica, qualunque argomento è trattabile in una sceneggiatura cinematografica. Il cinema racconta delle storie: di fatti, di situazioni, di persone. Questo è il mestiere di chi fa cinema: raccontare per immagini. Quelle di Segio, della Ronconi e di Prima linea sono storie che per la portata storica che hanno rivestito meritano di essere raccontate. La qualità del risultato sarà vagliata, analizzata e criticata a film fatto e visto. Logico? Pare di no.
Proprio in questi giorni è uscito il bel film di Michael Mann, Nemico pubblico, che narra le vicende e le imprese di John Dillinger, famoso gangster americano, rapinatore di banche degli anni 30. Vedi a tal propsito un altro post del blog. Nel film il personaggio risulta decisamente simpatico e viene trattato con benevolenza accattivante dagli sceneggiatori e dal regista, pur restando un gangster. E' una cosa normalissima e frequente che il cinema porti a proporre quasi con un senso di favore le figure negative e che lo spettatore ad un certo punto parteggi apertamente anche per il malvivente. Ma tutto resta nell'ambito del cinema. Nessuno scandalo se, alla fine, quando Dillinger muore ammazzato da un poliziotto, nel buio della sala cinematografica nasce un brusio di disapprovazione. E' l'eroe del film che viene ammazzato. Buono o cattivo il personaggio storico, resta l'eroe del film. Ma è il cinema, nessuno si scandalizza per questo, perchè c'è la consapevolezza che si tratta comunque di un personaggio cinematografico e che il pubblico alla fin fine parteggia più per Johnny Depp che è l'attore, piuttosto che per Dillinger il rapinatore. Ma ciò che vale per Hollywood vale -a rigor di logica- anche per Cinecittà?
No. Per il film su Prima linea i giudizi sono già stati scritti e la sentenza è che sull'argomento non è possibile discutere con gli strumenti offerti dal cinema. Anzi, il film non lo si doveva neanche fare! Vengono tirati in ballo i parenti delle vittime che sembra dicano di no a tutto quello che riguarda quegli eventi. Non se ne può parlare, non si può affrontare l'argomento altrimenti qualcuno si indigna e si offende, a prescindere di come venga affrontato l'argomento, se con serietà e rigore o con approssimazione. A prescindere anche dalla considerazione che quando un evento diventa storia, esce dal dominio esclusivo dei protagonisti per assumere una valenza diffusa su cui tutti hanno possibilità di esprimersi con i mezzi a propria disposizione. Tra questi, il cinema. Francamente mi sfugge il perchè del boicottaggio anticipato del film. In tutto il mondo si fanno film su vicende analoghe e nessuno ha nulla da ridire salvo, dopo l'uscita del film, criticarlo a ragion veduta, anche ferocemente. La politica, in Italia, riesce a dire la sua e mettere il suo becero marchio anche su un film, prima ancora che sia visto. Lo spunto delle polemiche viene, oltre che dall'argomento trattato, anche dal fatto che parte del budget di spesa per la produzione del film venga dal finanziamento dello Stato. Siccome sono soldi pubblici non è possibile utilizzarli per fare film sull'argomento. Ma che senso ha?
Il regista De Maria (seppur non un maestro del cinema è un onesto professionista che ha firmato tra l'altro anche la serie tv Distretto di polizia), è già stato messo in croce da chi il film non l'ha visto. De Maria ha ritenuto, per correttezza, di chiedere colloqui preventivi con i familiari delle vittime di Prima linea ricevendo risposte negative a raffica a proposito dell'uscita del film. L'unico che ha dato una risposta diversa è stato il figlio del giudice Alessandrini, assassinato da Sergio Segio. Ha detto che pur non essendo, in linea di principio, d'accordo sul film che tratta anche dell'omicidio di suo padre, non si sentiva di chiedere il blocco del film senza averlo visto. Un comportamento esemplare che gli fa onore.
Per inciso il film è stato presentato per la prima volta in pubblico qualche giorno fa ad una rassegna cinematografica a Toronto (Canada) dove ha riscosso un notevole successo. In Italia invece lo si boicotta preventivamente. Mah...
Quando il film uscirà è possibile che vada a vederlo. Per quanto mi riguarda il giudizio è quindi rimandato a dopo la visione. Come è giusto che sia.

sabato 7 novembre 2009

Film visti. Nemico pubblico

Nemico pubblicoRegia di Michael Mann; con Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard (e tanti altri bravi attori caratteristi).
[Voto: 4]

Stati Uniti negli anni '30, quelli della Grande Depressione. Gangster, poliziotti, agenti speciali, mitra, locali fumosi, pupe, jazz. Gli ingredienti ci sono tutti. L'atmosfera che si respira è vivida, reale, credibile. Gli attori sono uno meglio dell'altro, dal protagonista all'ultimo dei caratteristi. Alcune delle loro facce sembrano scolpite nel marmo, esattamente come ci si aspetta che sia. La fotografia è semplicemente splendida, plastica, con grande profondità di campo. Le inquadrature sono curatissime in ogni particolare, ogni dettaglio è studiato, ogni sequenza non è mai banale o improvvisata. La macchina da presa non è mai soltanto descrittiva, ma dentro l'azione, tra gli attori, con gli attori e a noi spettatori ci catapulta dalla poltrona del cinema al centro del set in ogni scena. Il ruggito battente dei mitra Thompson, la musica jazz (splendida l'apparizione di Diana Krall che canta nel night), i macchinoni da otto cilindri con i poliziotti e i gangster susl predellino, i cappelli di feltro in stile Borsalino, Johnny Depp emulo di Clark Gable sprezzante e cinico davanti alla morte.... Splendida l'idea del richiamo nel film ad un altro film, con Dillinger/Depp con baffetto che sorride all'altro baffetto Gable in qualche modo anticipando la brutta fine che avrebbe fatto di lì a poco. Un Michael Mann all'altezza delle sue migliori prestazioni, in pieno cinema polar (Manhunter, Heat, Miami Vice...), per un film assolutamente da non perdere (possibilmente in una copia in versione digitale, per meglio apprezzare tutta la bellezza delle immagini).
Vorrei citare una battuta del film, pronunciata dal direttore dell'FBI al momento di istituire la squadra speciale incaricata di catturare il Nemico Pubblico numero 1, invitandoli esplicitamente a usare qualunque mezzo senza andare per il sottile: come dicono in Italia, è il momento di levarsi i guanti bianchi. Singolare questa citazione così netta e precisa riferita al nostro paese degli anni 30 (l'azione si svolge nel 1933). Da dove nasce questa idea dell'Italia "senza guanti bianchi" attribuita agli americani dell'epoca insolitamente diversa dalla stereotipata icona pizza-mafia-mandolino? Il rimando al ventennio fascista è fin troppo evidente. Singolare che venga ripreso oltre settant'anni dopo dagli sceneggiatori del film (tra i quali lo stesso Mann).
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Povero Cristo. Una risposta ai commenti

Ringrazio Giovanni e Leonardo per i commenti lasciati sul blog. Rispondo qui su un post apposito perchè i loro interventi sono articolati e meritano una risposta più visibile.

Naturalmente rispetto le opinioni diverse dalle mie su questo e sugli altri argomenti, ma dopo aver letto i due commenti citati non posso non osservare che:

- sia un paragone fuori luogo e oltraggioso dire che poichè non si piscia in pubblico nell'androne delle scale allora non si deve esporre in pubblico un crocefisso. Che paragone è? Non posso accettare (nè tantomeno condividere) argomentazioni basate su questi presupposti.
- la coesistenza di diverse religioni (e relativi simboli) non è un'utopia, ma la vera realizzazione della libertà di culto. Perchè escludere a priori che in presenza di fedeli di religioni diverse non possano coesistere anche i simboli appesi ad un muro? Trovo fuori luogo e non calzante l'accostamento della svastica o della falce e martello al crocefisso. Nè il nazismo nè il comunismo sono religioni. Venerare una svastica è semplicemente un'aberrazione. Venerare un crocefisso è un atto di fede in un'entità superiore (a prescindere dall'essere credenti o no). Come poter accostare il nazismo al cristianesimo o all'islamismo (non so se il termine sia corretto, ma non me ne vengono altri) per supportare la tesi di non esporre il crocefisso?
- in che modo la semplice e sola esposizione di un simbolo religioso può essere considerata un'imposizione o una coercizione? Il crocefisso sta lì, se vuoi farci caso ok, altrimenti rimane un oggetto appeso come un calendario o una fotografia. Quando ero bambino all'inizio delle lezioni la mia maestra delle elementari ci faceva alzare tutti in piedi, ci faceva fare il segno della croce e ci faceva recitare una preghiera. Quella sì era una coercizione perchè imponeva d'autorità un comportamento a tutti indistintamente, cristiani o non cristiani, credenti o no. Ma la sola e semplice esposizione di una croce non può essere messa sullo stesso piano. E pretendere di eliminarla per decreto è una imposizione ai milioni di credenti che invece venerano, apprezzano o semplicemente tollerano la sua presenza. Così come non è una croce appesa che fa di me un cristiano è altrettanto vero che la sua sola presenza non impedisce di esercitare il diritto di non essere credenti.

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lunedì 2 novembre 2009

L'idea della Morte. Scalfari e il Cardinal Martini

Il mio amico Orso sul suo blog (vedi link) segnala giustamente l'articolo di Eugenio Scalfari apparso ieri su Repubblica. Scalfari affronta il tema della Morte sull'onda emozionale di un'esternazione in proposito del cardinal Martini, ex arcivescovo di Milano, ora ritirato a vita privata e alle prese con una malattia che lo sta consumando progressivamente. Potrete trovare qui un resoconto: http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_03/martini_libro_0aff19da-9119-11dd-9f28-00144f02aabc.shtml
Merita senz'altro un'attenta lettura l'articolo domenicale di Scalfari per il suo respiro grave e maestoso, per la lucidità delle considerazioni, per la profondità delle riflessioni: http://www.vip.it/scalfari-e-la-preghiera/
Il dialogo tra Scalfari e Martini va avanti da tempo, come due duellanti che si rispettano e si apprezzano ma restano su versanti opposti: l'ateo e il credente. La contrapposizione di sempre, intorno alla quale si sono scritti fiumi d'inchiostro e sulla quale si sono scontrati illustri pensatori in ogni epoca e in ogni luogo. Da qualche parte si vocifera che alla fine la potrebbe spuntare il Cardinal Martini, in quanto alcuni segnali farebbero pensare ad una conversione del suo canuto avversario, fondatore del quotidiano La Repubblica. Ma bisogna che Scalfari si decida al gran passo, il cardinale è gravemente ammalato e lui stesso dichiara di sentire "imminente"la sua morte.
L'articolo è tutto da gustare e da soppesare. Buona lettura.